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Ventuno vite straordinarie di donne lesbiche che hanno fatto la storia. Domenech le ricorda in un saggio divertente

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Signore che amavano altre signore tanto tempo fa
di Cristina Domenech
Blackie Edizioni, luglio 2024

Traduzione di Chiara Mancini

pp. 216
€ 21 (cartaceo)


Dove sono andate a finire tutte le lesbiche della storia? Parte da questa domanda Cristina Domenech, autrice e accademica spagnola. Sappiamo a grandi linee che la storia la fanno sempre i vincitori, e forse è per questo che alcune delle vite di donne più straordinarie di sempre hanno fatto fatica ad arrivare fino a noi, salvo poche eccezioni. L'autrice, con metodo da ricercatrice, ha scavato a lungo negli archivi e in libri polverosi, confrontandosi con colleghi ed esperti, e ha tirato fuori un saggio biografico nel quale ci racconta ventuno vite di donne lesbiche che, chi per un motivo chi per un altro, avrebbero dovuto avere oggi un posto speciale nelle nostre considerazioni femministe. E non solo perché erano nate donne, ma perché hanno sfidato i tempi, la società, le regole, sia in termini di orientamento sessuale, sia in termini di emancipazione personale, in anni in cui l'uno e l'altra non erano contemplati.

In un'altra occasione passarono un paio di notti in cella, non perché avessero fatto niente di illegale, ma perché il capo della compagnia di attori in cui lavoravano doveva aver combinato qualcosa. O almeno, Charlotte dice che loro non avevano fatto niente di male e che era stata tutta colpa del capo, ma di nuovo: «Era già così quando sono arrivata, è stato un errore, non è morto nessuno...». (p. 65)

Donne ribelli, sconsiderate, eccentriche, coraggiose: hanno avuto in comune la voglia di vivere la propria vita senza dar conto a nessuno, amando chi volevano (spoiler: le donne), emancipandosi da condizioni di povertà o mettendo a frutto eredità familiari per aiutare gli altri. Leggendo mi sono spesso meravigliata che i loro nomi siano pressoché sconosciuti, ed è un vero peccato. 
Alcune storie le conoscevo già: Julie d'Aubigny, la spadaccina che tanto mi ricorda Lady Oscar, la cui storia è stata meravigliosamente romanzata da Ida Amlesù (trovate qui la mia recensione); Elisa e Marcela, scoperte grazie al film omonimo del 2019, una coppia di donne originarie della Spagna rurale che per stare insieme mettono in atto un inganno tra i più rocamboleschi di sempre. 
Di tutte le restanti non avevo mai sentito parlare. 
Come dice la prefazione di Sara Poma, non deve ingannare il tono divertente e frizzante di Domenech (è davvero spassoso): l'autrice ha affrontato un lunghissimo lavoro di ricerca, ma ha preferito, probabilmente per raggiungere un maggior numero di lettori, non usare un tono accademico ma uno più colloquiale. E credo sia la scelta giusta perché alcune vite di «signore che amavano altre signore» sono davvero esilaranti.

Prendiamo, ad esempio, la vita di Rosa Bonheur, la più grande pittrice specializzata in animali (lo sapevate? Io no). Cresce con un padre che asseconda le sue passioni, non scontato nel 1822, si rende conto di essere lesbica molto presto, corteggia le donne, resta con alcune di queste per decenni, diventa ricca e famosa, viene persino decorata da una medaglia dalla Regina Vittoria e viaggia tantissimo per lavoro. Ah, uno dei suoi migliori amici era Buffalo Bill.
E che dire delle signore di Llangollen? Spiegandoci la definizione di "amicizia romantica" così in voga nel XVIII e nel XIX secolo, ovvero quelle amicizie tra due ragazze adolescenti che potevano anche sfociare nell'erotismo (l'importante è che non si facesse sesso, ma spesso succedeva eccome), l'autrice di parla di Eleanor Butler e Sarah Ponsonby. Dopo varie divertenti peripezie, decidono di andare a vivere insieme in campagna e ci restano per più di cinquant'anni.
E poi la storia di Anne Lister, la donna che conosciamo come la prima lesbica moderna; quella di Nathalie Clifford Barney, ricchissima ereditiera che fece il bello e il cattivo tempo a Parigi col suo salotto aperto agli artisti e (soprattutto) alle artiste lesbiche; Charlotte Cushman, grandissima attrice del suo tempo, specializzata in breeches roles (ruoli maschili interpretati da donne); e così via per tutte e ventuno le storie del libro.

Da allora, la fama di Charlotte fu inarrestabile, tanto che decise di andarsene a Londra (che poi sarebbe la versione vittoriana dell'andarsene a Hollywood) per costruirsi una carriera grandiosa che le permettesse di mantenere famiglia e fidanzata. Rosalie e Charlotte si dissero addio tra fiumi di lacrime, promettendosi di rivedersi entro sei mesi. Nonostante la fitta corrispondenza, Charlotte se la passò molto male a Londra. Era un po come andare in Erasmus lasciando la fidanzata a casa, ma peggio, perché non c'era ancora WhatsApp e gli amori di oggi se la sognano l'intensità di quelli vittoriani. Nei primi mesi, Charlotte addirittura parlava con Rosalie a voce alta, immaginando di baciarla, stringerla, dormire accanto a lei; un giorno rimase terribilmente sconvolta dalla voce di una donna sul treno che, secondo lei, era identica a quella della sua Rosalie. (pp. 127-128)

Testi come questo, di matrice accademica ma scritti in modo spiritoso, aiutano a scoprire cose che non conosciamo: se Domenech non l'avesse scritto mi sarei persa molte storie di donne che hanno lasciato un segno e questo segno però, per qualche motivo, si è perso. Allora fare ricerca e ricordare appare ancora più importante. 
Lo consiglio alle persone curiose, a chi vuole scoprire di più chi sono state le prime femministe, le prime donne che hanno abbracciato il loro orientamento sessuale senza vergognarsene.

Deborah D'Addetta