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Fra sogni di amore e incubi di morte: «Il ballo e l’incendio» di Daniel Saldaña París

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Il ballo e l’incendio
di Daniel Saldaña París
traduzione di Giulia Zavagna
Alessandro Polidoro Editore, giugno 2024 

pp. 250

€ 17,00 (cartaceo) 
€ 8,99 (ebook)

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Erre e Natalia e io stesso siamo davvero negati a metter su famiglia, perché essere figli che non vogliono esserlo è il nostro unico modo di stare al mondo, e quando i nostri genitori moriranno e con loro morirà la nostra identità spezzata, saremo nane bianche, stelle spente e silenziose che vagano per il cosmo senza luce né sistema. (p. 233)

Tre amici di lunga data, Natalia, Erre e Coniglio, tutti e tre nati e cresciuti nella città messicana di Cuernavaca, tutti e tre portatori di grandi aspettative e destini brillanti. Le premesse per un futuro radioso ci sono tutte. Oggi, invece, una di loro vive una relazione fallimentare con un uomo molto più grande di lei, un altro soffre di un dolore cronico che non riesce a curare e il terzo cerca di rimettersi in piedi dopo un matrimonio sfociato in un divorzio. Cuernavaca stessa, conosciuta anche come la “città dell’eterna primavera” per la temperatura mite sempre intorno ai 27 gradi, è un luogo infernale, preda di incendi che la devastano e le cui polveri sono foriere di una strana malattia.

Il romanzo si presenta diviso in tre parti, delle quali la prima è forse la più interessante per due motivi principali. Il primo è legato alla sottotrama di Natalia e ai risvolti psicologici della sua relazione disfunzionale con Argoitia, un artista e mecenate che ha passato da tempo il proprio periodo d’oro e ora sembra voler risplendere grazie alla luce della propria compagna. Fra i due non c’è amore, forse c’è stato ma oggi il loro rapporto si trascina con estrema pesantezza, fra atteggiamenti passivo-aggressivi, noia e silenzi. Saldaña París è bravo a scandagliare le emozioni umane, cosa che fa anche nelle altre due parti della storia ma che qui gli riesce particolarmente bene, come se il nucleo principale del libro fosse nato con Natalia.

Che le cose potrebbero stare così lo si può intendere anche dal secondo motivo, ossia dal fatto che nella storia di Natalia – che di fatto avrebbe potuto essere un racconto a sé – viene già presentata Cuernavaca, vengono presentati gli incendi e l’incapacità di trovare una via d’uscita. Gli incendi – con i loro fumi, i loro odori aspri, le loro nebbie – rappresentano una sorta di limbo, di luogo di mezzo prima e dopo il quale la vita avviene mentre qui, nella città idealmente perfetta, tutto muore. La cortina di fumo impedisce di vedere al di là del proprio ristretto orizzonte, così come Natalia, Erre e Coniglio sembrano paralizzati in un eterno presente dal cui non pare esserci scappatoia: non si può uscire da una relazione finita, non si può abbandonare il dolore, non si può ricominciare a vivere dopo la fine di un matrimonio.

Sebbene la prima parte sia più interessante e meglio costruita rispetto alle altre due, tuttavia, anche le storie di Erre e soprattutto di Coniglio hanno un loro perché. La storia di Erre è forse la meno forte, sembra quasi trascinarsi in alcuni punti ma ha il grande pregio di fare da raccordo fra le altre due e di svelare alcuni retroscena sentimentali fra i tre amici. Nel racconto di Coniglio invece troviamo la giusta conclusione del libro, soprattutto legata alle premesse – anche esoteriche – disseminate nelle prime pagine. Quando il romanzo “scomposto” si avvia verso la fine e la situazione esplode, vediamo tutti i tasselli infilarsi nei posti giusti a ricomporre quell’immagine che inizialmente abbiamo visto frantumata.

La scrittura di Daniel Saldaña París, ammaliante e mai fuori posto, riesce a tenere insieme il tutto anche nei momenti di stanca – quelli centrali, s’è detto – e a condurre il lettore per mano proprio là dove vuole lui. L’attaccamento alla terra si sposa bene con gli elementi più elevati e quasi soprannaturali, lasciando il lettore in una sorta di tranche mistica e con il gravoso compito di decidere se ciò che accade nel finale sia frutto di una follia collettiva o di stati di alterazione di altro tipo.

Il ballo e l’incendio è dunque una bella lettura, uno spaccato di società messicana misto a tre racconti lunghi di formazione con tratti che però esulano da questo genere specifico. Altamente consigliato.

David Valentini