di Maylis Besserie
Voland, 2023
Traduzione di Daniele Petruccioli
pp. 176
€ 18,00 (cartaceo)
€ 7,49 (ebook)
Francia, estate 2015. Una notizia passa alla radio:
«Da ormai sessantasette anni si credeva che il poeta William Butler Yeats - premio Nobel per la letteratura - fosse sepolto a Sligo, a casa sua, in Irlanda. Invece il corpo sembrerebbe non essere mai uscito dalla Francia. È quanto emerge dai documenti scoperti da Daniel Paris, figlio di un diplomatico francese. Nel 1939 Yeats venne inumato nel vecchio cimitero di Roquebrune-Cap-Martin, in attesa di essere rimpatriato. Lo scoppio della Seconda guerra mondiale, ahimè, rese impossibile il trasferimento. Alla fine, nel 1948 l’Irlanda chiese che la salma del poeta fosse finalmente restituita. Piccolo problema, era stato gettato in una fossa comune. Impossibile a quel punto identificare le sue spoglie mortali da quelle degli altri defunti lì presenti» (p. 13).
Il mélange di corpi (che siano francesi e irlandesi?) proprio non piace a Madeleine - protagonista assoluta de I dispersi amori di Maylis Besserie - figurarsi se questi, i morti di nessuno, sono stati trasferiti per sbaglio in Irlanda e poi ammucchiati nella tomba di un altro, famoso. Dopotutto è comprensibile essere assaliti da una vertigine di furore se hai una schiera di morti imparentati - oltre allo stress di un divorzio alle spalle -, alcuni dei quali forse buttati proprio in quella fossa. Dunque perché non chiamare a raccolta, tramite un post sui social, un gruppo di altri furenti a cui è toccata la fossa comune per i loro cari defunti, e organizzare un vero e proprio pellegrinaggio verso the Emerald Isle con lo scopo di far analizzare le spoglie mortali del grande poeta? Si sa, sui social media risponde chiunque, e Madeleine trova subito altre cinque persone pronte a condividere la loro dolorosa storia familiare a cui non è stata data degna sepoltura, né nel ricordo né nel marmo.
Attorno a un tavolo sbiadito in plastica e su sedie pieghevoli, sistemati in un posticino tranquillo in fondo al cimitero di Roquebrune-Cap-Martin sotto i grandi pini, l’esiguo gruppetto di pellegrini - ufficialmente l’Associazione dei dispersi - concorda sul bisogno di ristabilire la verità. Ma «come avrebbero potuto ricostruire con certezza il cadavere giusto? Avranno preso ossa a casaccio, le prime capitate sottomano? Un cranio qui, una tibia là? Pezzi di morti convivevano forse nella cassa a formare un’unica creatura composta di corpi a decine?» (p. 33). Un cadavre exquis boira le vin nouveau, verrebbe da esclamare dinanzi a tali interrogativi.
I sei personaggi in cerca della verità di Maylis Besserie hanno tutti i requisiti per essere una setta in piena regola. Essi sono i vivi che si affannano per i morti. Nulla di nuovo, certo, tuttavia, in fondo all’occhio dei sei, puro e crudele, eran segrete fascinazioni* funeree di cui solo palpebre intatte e viventi ne possono godere: la tafofilia, lo studio delle tombe famose, dell’arte funeraria e degli epitaffi, la tanatoprassi, il trattamento post-mortem di cura igienica e di conservazione del corpo dopo la morte, e l’imbalsamazione. Insomma, non c’è tempo per l’anima, figurarsi per tutte quelle questioni religiose che complicano ancor di più le migliori intenzioni. Madeleine «è convinta che il corpo dei morti vada lasciato intatto, attribuendogli la stessa dignità del corpo in vita. Il caso della fossa comune ha sollevato in lei una vera ribellione. La religione non c’entra, piuttosto il contrario, meno si crede all’anima e più si crede al corpo [...]» (p. 39).
Povera Madeleine, che spinta dalla passione folle di ritrovare i corpi delle sue antenate defunte, e forse il suo stesso corpo, perde di vista il momento storico in cui «il poeta con le orecchie abitate dai sussurri» (p. 37) viene presumibilmente gettato insieme ad altri miserabili in quella fossa comune! A tal proposito, il lettore è alquanto disorientato poiché sin dal principio risulta incompiuto e fumoso il motivo della sua ribellione nei confronti della sola morte pia, forse vi è un misterioso rompicapo? È davvero alla ricerca di una zia perduta? L’elemento della fossa comune sarebbe un rebus interessante per una credibile cornice narrativa, dopotutto offre tutti gli elementi per creare un giallo di tutto rispetto: «La difficoltà di mettere mano nei resti giusti. A volte si trovava un pezzo di vestito, un gioiello, grazie al quale reperire qualche indizio sul morto, se la fortuna aiutava» (p. 62). Inoltre, «la fossa comune serviva pure a custodire i segreti. Sia dei morti che dei vivi. Mi riferisco ai falliti alle morti indegne. Si lasciava scivolare tutto nella calce e via, giù nella fossa» (p. 62). Tuttavia, Madeleine sembra solo accennare a quest’abisso senza lasciarsi davvero precipitare.
A ogni modo, fra le ferventi nuove funeree passioni e la ritrovata armonia con le immagini e i suoni che il cimitero riserva alla protagonista, aleggia, in stile tipografico differente per l’intero romanzo, lo spirito tormentato senza corpo del letterato e drammaturgo, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1923 e Senatore dello Stato libero d'Irlanda dal 1922 al 1928, William Butler Yeats.
Così, mentre i sei pellegrini tribolano per dissigillare la verità, in cammino (si fa per dire, in realtà viaggiano in treno verso Dublino) sulla via gaelica, bella «come l'inferno, questa foresta blu di alberi magri spuntati dritti come fusi, tra i quali si avverte uno spintonarsi d'anime brade, evaporate» (p. 97), il poeta che «costruisce regni di cartone, innalza imperi in versi» (p. 50) canta del suo amore mancato, quello desiderato con ardore eppure mai corrisposto: Maud Gonne, «amazzone dal seno ricoperto di trifogli [...] era la mia Maud, al di sopra di tutto, era la fata seduta in cima a Ben Bulben, monte della mia infanzia, adorna delle stoffe dei miei sogni, indislocabile» (pp. 55-56).
Yeats lo guarda l’abisso, non ha paura di precipitarsi poiché, a differenza dei sei in cerca della prova del DNA, egli crede nell’indislocabile del cuore e dello spirito. Perché, dunque, rimestare nella polvere?
Il pellegrinaggio dei sei personaggi si fa sfuggente. Essi provano ad afferrare l'inafferrabile. Inseguono le orme dei morti per riportarli nel cerchio della vita.
I veri dispersi sono loro, una squadra pronta a giocare, ma i loro avversari sono solo un mucchio di ossa.
Maylis Besserie è senz’altro una scrittrice di grande talento e conoscenza, a tal proposito consiglio la lettura de L’ultimo atto del signor Beckett (Voland, 2022), un ritratto intimo e toccante di uno dei più grandi drammaturghi del Novecento. Con I dispersi amori, la scrittrice riconferma la maestria nel creare un mélange di corpi letterari pieni di anima, ricco di echi poetici, di metafore e di simboli. La scelta di far narrare la storia in prima persona da Yeats permette all'autrice di catturare la voce unica del poeta, con le sue cadenze ritmiche e le sue immagini evocative. Il romanzo gioca con il tempo, alternando presente e passato, realtà e sogno. La memoria è un personaggio a sé stante, che plasma e rimodella la realtà. Seppur, in alcuni momenti la scrittura risulti ridondante e a tratti disarmonica, la prosa di Besserie è sempre elegante e raffinata.
Lo scorso 17 agosto 2023, Maylis Besserie ha dato alle stampe l’ultimo romanzo che si inserisce nel filone delle biografie romanzate, La nourrice di Francis Bacon (Editions Gallimard, 2023), un viaggio nell'infanzia del celebre pittore, attraverso la voce della sua nutrice. Non ci resta che aspettare la versione in italiano.
«Insomma chi turba le mie ceneri? Le mie spoglie di poeta mal sepolto, la mia polvere? Cercano quanto io stesso ho tanto cercato prima di trovarlo? Il mondo intessuto di sogni, le stoffe ricamate dei cieli in cui si riflettevano le mie carte?» (p. 35)
Olga Brandonisio
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