Allora non potevo sapere che i mostri vengono allontanati o tenuti nascosti. A nessuno piace trovarseli davanti agli occhi – non sia mai che ci si riconosca e venga fuori che siamo tutti dei mostri, chi più, chi meno. E che prima di diventare così eravamo buoni, ma poi non ce l’abbiamo più fatta. Io non ho mai dimenticato quanto ci si possa sentire vivi a maneggiare la morte. (p. 49)
L’esordio in narrativa di Barbara Guazzini per 8tto edizioni è un romanzo di formazione che si fonda sulle assenze. Assente è infatti il padre del protagonista Dante, sebbene suo malgrado: accusato di omicidio, trascorre in carcere tutta l’infanzia e l’adolescenza lontano dal figlio. Quando poi le strade dei due sembrano ricongiungersi nel giorno della liberazione, una tragedia improvvisa li allontana definitivamente. Assente è anche la madre di Dante, che nel frattempo si è rifatta una vita e non sembra intenzionata a guardarsi indietro. Dante cresce così senza una guida precisa, divorato dai sensi di colpa per non aver vissuto maggiormente l’uomo che l’ha messo al mondo e incapace di raccordare passato e presente.
Il rapporto
fra Dante e suo padre Leonardo percorre tutto il romanzo proprio sfruttando
questa assenza. Nei pensieri del protagonista rinveniamo un’unità familiare
precedente alla carcerazione, un’unità che ricorda un’isola felice ferma nel
tempo, avvolta da una patina fumosa che rende il tutto quasi onirico e, a tratti, falsato. È la
malinconia a dominare queste pagine, macchiata a propria volta da quel senso di
colpa di cui sopra dovuto alla consapevolezza delle occasioni sprecate.
Il presente è invece un luogo complesso. Gli anni di attesa in vista della liberazione del padre terminano in un nulla, in un senso di vuoto che deve essere riempito. Tutti i progetti, tutte le speranze riposte nel giorno della liberazione devono essere direzionati altrove. È così che Dante – un ragazzo sensibile, si sarà capito – rivolge il proprio amore altrove, verso Elisabetta, una ragazza dal passato indefinito e che si scoprirà direttamente coinvolta nell’evento che ha portato Leonardo in prigione. Nella seconda parte del libro, prima del colpo di scena finale, si percepisce quasi un senso di normalità nella vita di Dante. In queste pagine "normali" è bravissima l'autrice a descrivere una quotidianità comune, da vicini di casa. Poi però le cose precipitano e ancora una volta Dante è costretto a fare i conti con quella vita che sembra voler annientare qualsiasi piano. È interessante notare come Guazzini conduca il lettore verso il finale senza forzature e senza la necessità di ricorrere a deus ex machina o a trucchi di qualsiasi voglia tipo. Il percorso del suo protagonista è lineare, preciso, decisamente umano.
Un elemento che invece un poco stona è proprio ciò che fornisce il titolo al libro: da bambino infatti a Dante viene diagnosticata una rara condizione per la quale i suoi organi interni sono invertiti. Su questa sensazione di diversità si giocano le prime pagine ma, nonostante venga a tratti ripresa successivamente – quasi l'inversione degli organi fosse il presagio di una vita sventurata – di fatto questo tratto, che pure avrebbe potuto fornire forti spunti di trama e di riflessione, non trova mai veramente spazio, finendo per venire quasi relegato a ruolo di MacGuffin (di qualcosa, cioè, che sembra essere rilevante ai fini della trama ma che si scopre infine privo di reale significato).
Barbara Guazzini scrive un romanzo delicato e affronta i temi del carcere, della separazione e della morte senza abbandonarsi a pietismi e senza giustificare il male. È un esordio, il suo, che ha il sapore di una maturità appena sporcata da qualche momento di ingenuità.
David
Valentini
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