L'appassionante vita di Rosa Genoni in "La donna che odiava i corsetti", di Eleonora D'Errico


La donna che odiava i corsetti
di Eleonora D'Errico
Rizzoli, aprile 2024

pp. 544
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (cartaceo)

Aveva finalmente smesso di piovere e quando uscii, nel tepore della primavera milanese, pensai che ero proprio come la mia città: pronta a spiccare il volo e a guadagnarmi il mio meritato posto nel mondo. (p. 244)

Parlare di Rosa Genoni significa parlare di una donna che ha lasciato una traccia, non solo nella moda, ma anche nella società e nella storia delle rivendicazioni femminili. Nata a Tirano, un paesino della provincia di Sondrio tra le montagne della Valtellina, a circa dieci anni, nel 1877, è costretta a lasciare la sua famiglia, di modestissime condizioni economiche, per andare a lavorare nella sartoria Maderna, di proprietà della zia, a Milano, e così poter contribuire al bilancio familiare. Non è una novità che bambine così piccole venissero mandate a lavorare: erano le cosiddette piscinine, chiamate così nel dialetto lombardo, che si occupavano, nel caso delle sartorie, di fare piccole lavorazioni, consegnare pacchi in giro per la città e così via. In tal modo Rosa entra nel mondo dell'arte sartoriale, imparando a imbastire, usare il filo, separare i tessuti ecc., e scoprendo subito di possedere un grande talento:

Cucire al suo posto mi aveva lasciato scoprire anzitempo di essere naturalmente portata: muovevo ago e forbici come fossero estensioni delle mie braccia, e quando per la prima volta avevo appoggiato il piede sul pedale della macchina mi era sembrato di non aver fatto nient'altro per tutta la vita. (p. 66)

Tuttavia, la nostra protagonista non impara solo a cucire e ricamare, ma anche a crescere in un ambiente lontano da casa e a confrontarsi con le dure prove della crescita. In tal senso, Ludovico e Ada, due fratelli conosciuti a Milano, costituiranno per Rosa due importanti tasselli per la sua crescita: il primo sarà per la ragazza una sorta di prima apertura al mondo relazionale, poiché Ludovico le dimostrerà tutta la dolcezza di un tenero amore, mentre la seconda, con la sua storia, darà a Rosa una prima parziale visione sulla condizione femminile dell'epoca. Se infatti Rosa passerà da una esperienza lavorativa all'altra, in un crescendo di incarichi prestigiosi, accumulando esperienze e facendosi pian piano un nome nella moda del tempo, contemporaneamente sia le disavventure che vivrà in prima persona, sia alcune personalità che avrà modo di conoscere dal vivo e con cui instaurerà un profondo rapporto (tra cui Anna Kuliscioff e Anna Maria Mozzoni, note tra le prime pioniere della causa femminista) la condurranno a una consapevolezza riguardo la questione femminile. Quello che salta all'occhio, infatti, è la grande determinazione di Rosa che in ogni momento sceglie di dare ascolto solo a sé stessa e di affrontare la vita e le sue prove sempre con estremo coraggio, anche andando contro le aspettative genitoriali, non solo quelle sociali.

La scelta di restare a Parigi, città in cui era arrivata conseguentemente a un brutto episodio avvenuto a Milano, a seguito del cugino Peppino andato lì per un congresso anarchico, è facilitata dalla sua conoscenza del francese, che le permetterà di farsi assumere dal prestigioso Atelier Maison Rouff, nonché di entrare in relazione con Jeanne Marie Beckers, ovvero la futura Jeanne Paquin, colei che diventerà un'icona della moda francese. Le diverse esperienze che fa, infatti, da Parigi a Londra, da Nizza a Milano (con il suo ritorno e l'assunzione presso l'atelier Belotti, specializzato nella realizzazione dei costumi per il teatro La Scala di Milano), fino all'apertura di un proprio atelier, saranno tutte contraddistinte e supportate da questo aspetto: l'estrema indipendenza, la forte determinazione e la consapevolezza che lo studio e la conoscenza possano fare la differenza per una donna. E così, forte di ciò ha appreso nelle varie esperienze all'estero, Rosa inizia a concepire l'idea di una moda italiana, libera dai vincoli di quella francese: via il corsetto, che impone alle donne una postura innaturale e notevoli difficoltà di respirazione; via i tagli che imitano i modelli di oltralpe e sì invece all'elaborazione di forme nuove e originali. Tale ricerca la porterà all'elaborazione del suo abito simbolo, il celeberrimo Tanagra, e ad esporre - individualmente - all'Esposizione Universale di Milano, nel 1906.

Sarebbe bello se un giorno, finalmente, anche noi italiane diventassimo non solo sarte ma artefici di moda, e imparassimo a realizzare figurini che rispecchino" auspicai. "Forse, se le sarte verranno da subito abituate a guardare al bello dell'arte e alla nostra natura, se verranno educate al disegno e all'immaginazione... forse arriverà qualcuno che potrà idealmente immaginare le linee di una moda che sia la vera espressione del nostro tempo e del nostro Paese. (p. 266)

Una moda italiana, quindi, e creata da donne per altre donne.

Anche la sua vita relazionale e amorosa non conobbe paletti dettati dalla società e la sua libertà di amare verrà sempre rivendicata con forza e determinazione. Come precedentemente accennato, però, la sua carriera subirà un cambio di rotta, o per meglio dire, un rallentamento, in corrispondenza di un maggiore impegno sociale e femminista. Testimone della Storia, dall'accensione delle luci nella Galleria Vittorio Emanuele a Bava Beccaris, Rosa diventa in breve tempo un'icona, un punto di riferimento per la moda intesa come ambito in cui dare alle donne libertà di movimento significasse anche dare loro maggiore libertà di azione. La nota, anche di interesse storico, in fondo al volume, a firma dell'autrice, e la Postfazione, scritta dalla nipote di Rosa, Raffaella Podreider, rendono conto della realtà del tempo e della vita di Rosa Genoni e delle sue battaglie, fino alla storica partecipazione al Congresso delle donne per la pace, nel 1915. Ed è proprio questo evento che ha messo Eleonora D'Errico sulle tracce di Rosa Genoni. Da lì, la scrittrice ha approfondito la figura di questa donna, anche attraverso volumi e monografie a lei dedicate (di cui riporta i titoli), fino a giungere alla nipote di Rosa, Raffaella, fondatrice dell'Associazione Amici di Rosa Genoni. Così, tra documenti, foto d'archivio, ricostruzioni più o meno romanzate (ma sempre verosimili), D'Errico ci consegna un potente romanzo dedicato a questa figura purtroppo ancora non abbastanza conosciuta.

La precisione che ha contraddistinto la ricerca storica la si vede anche nella stessa scrittura del romanzo e, ad esempio, nella descrizione degli abiti che sono talmente puntuali da dare l'impressione di vederli coi propri occhi:

Quando entrammo, ci fu un coro di "Oooh". Sulla lunga gonna di satin écru che indossavo, i merletti in pizzo erano posizionati in maniera perfettamente simmetrica e giravano tutto attorno creando una punta sul davanti. Lo stesso pizzo disegnava un gilet sul corpino, da cui uscivano maniche gigot, ampie ma morbide, la cui parte stretta sull'avanbraccio era fatta solo di pizzo trasparente. Sul retro la gonna era pomposa e si arricciava, mentre il corpino era ben tirato grazie al bustier. (p. 214)

La donna che odiava i corsetti, infatti, non è una biografia piatta e monotona, in cui i fatti semplicemente si susseguono su una linea temporale continua, ma un romanzo appassionante, in cui la vita di Rosa e le grandi imprese di cui si è resa protagonista non sono disgiunte dal racconto della crescita - anche amorosa - di una ragazza che diventa donna.

Il suo imbarazzo e la sua timidezza sparirono come di colpo quando, audace, mi travolse con le sue parole: "Vorrei rivederla". Il mio cuore fece un tuffo e non riuscii a rispondere, perché quell'onda nello stomaco faceva un movimento strano, che mi impediva il respiro. (p. 301)

In particolare, le pagine in cui Rosa ci racconta i propri amori o ancora quelle in cui vengono riportate le sue passioni e gli ideali politici, costituiscono una narrazione profonda, accorata, in cui ci sembra di scorgere limpidamente la sua natura appassionata. Un libro interessante, quindi, che coinvolge e fa conoscere le vicende di una donna che è passata alla Storia.

Valentina Zinnà