Una corte dei miracoli sul litorale laziale, ferma nel tempo e nello spazio, piena di personaggi sui generis: "Paradiso" di Michele Masneri


 

Paradiso
di Michele Masneri
Adelphi, giugno 2024

pp. 187
€ 18 (cartaceo)
€ 10,99 (e-book)


«Non è bellissimo essere invidiati?» osserva lei lisciandosi i capelli con entrambe le mani, come se si fosse appena sfilata un casco. «È una sensazione così inebriante». E si mette a muovere la mano destra issata a mezz'aria, nel saluto da reali inglesi, quello della lampadina immaginaria. Federico si chiede se quegli altri, là fuori, provino davvero invidia o non li guardino piuttosto come animali di uno strano zoo. (pp. 68-69)

Una corte dei miracoli sul litorale laziale, poco fuori Roma, e un ragazzo che vi si ritrova in mezzo. Federico Desideri, giornalista senza talento e poche ambizioni, perlopiù bravissimo a lasciarsi trasportare dagli eventi e a non imporre mai il suo punto di vista, deve fare un'intervista a un famoso regista che tanto pare Sorrentino. Un Sorrentino antipatico però, per così dire, snob. Lo insegue su richiesta del suo responsabile, un romano imborghesito che fa finta di essere milanese, fino al Paradiso, una specie di oasi dall'atmosfera quasi californiana, ma di quella California rotten, rovinata, in decadenza.
Lo scopo della sua missione è acciuffare Mario Maresca, novello premio Oscar, e strappargli un'intervista. Al suo posto però, Federico trova Barry Volpicelli, un personaggio a metà tra Tony Pagoda e Jep Gambardella. Elegante, composto, paziente, poliedrico - scrittore, attore, pioniere - accoglierà Federico al Paradiso, introducendolo a tutta una serie di personaggi sui generis.

Allora, ci dica un po', come ci trova? » attacca invece

Mavie, rompendo il silenzio di quella scena.

«In che senso? » chiede Federico, per prendere tempo.

«Ci racconti chi siamo. Noi non lo sappiamo più».

«Da mo» chiosa Barry. (p. 97)

Nobili decaduti, ricche ereditiere appassionate di cucina e giardinaggio, ragazzine lolitesche, ginecologi, ambasciatori, gemelle tedesche ex funzionarie del papa, insomma, al Paradiso c'è davvero una piccola corte dei miracoli, e tutti sembrano imparentanti con tutti, o almeno, legati da qualcosa di profondo, che sia il sangue o la riconoscenza o l'approfittarsi vita natural durante di un luogo che dà ospitalità senza chiedere niente in cambio. Anche Federico, suo malgrado, non riuscendo a incontrare Maresca, viene intrappolato nel compound: all'inizio cerca di scappare, di trovare un modo per svincolarsi (nemmeno troppo convintamente però); poi capisce che da quel luogo non andrà mai più via.

La tavola è il set preferito, come dice l'autore: cene, pranzi, apertivi, partite a carte, tutto si decide a tavola. Federico svilupperà una vera e propria venerazione per Barry, che è davvero un personaggio carismatico, e per Mavie, la sua seconda moglie (sì, nel testo compare anche la prima, Rita), una ricca ereditiera americana fissata con il trovare metodi per salvare il Paradiso dal fallimento.
Troverà la soluzione in Federico, che la introdurrà a una influencer.

C'è qui, a parte una sorta di feticcio dell'autore per i personaggi filippini al servizio di questa o di quella casa, uno sfottò al mondo medio-borghese, se non a quello aristocratico della decadente e ormai agonizzante Roma bene: l'influencer, la Finazzer, come si chiama nel testo, è una Ferragni dei poveri; Rita, Mavie, Ursula, Gelasio (primo marito di Mavie) sono tutti personaggi che esprimono l'anacronismo: essere nobili in un tempo in cui quel lignaggio non ha più senso. Per questo l'autore li prende in giro, come prende in giro il mondo delle influencer e quello del giornalismo, come prende in giro Roma stessa. 

La stringe a sé, con l'aria di chi sa che anche questa volta tutto si sistemerà, che tutto si aggiusta sempre, e Federico ha l'impressione che si sforzi di non ridere, perché l'importante è reggere la parte e, appunto, non farle vedere che tutto è così ridicolo.

Da un pezzo Federico continua a fissare il telefono di Barry, che è rimasto silente per tutta la sera. Lazzari guarda le tedesche: « Ma quanto siete brutte? ».

Loro alzano le spalle. Olga gli mostra il dito medio.

Mavie se ne va in cucina. Forse piangerà, pensa Federico, e senza nemmeno la scusa delle cipolle. (p. 91)

Il tono è divertente, irriverente, ma si avverte un fondo di malessere, di maleuforia: cose che vorrebbero ma non si riescono a ottenere, la sospensione, la nostalgia, il non sapere bene cosa fare della propria vita, il lasciarsi trasportare dagli eventi. Se è vero che il testo è una specie di celebrazione della resistenza, è vero anche che tutti i personaggi si abbandonano agli eventi. 
Dalla scrittura mi aspettavo qualcosa di più: non mi ha conquistata come avrei sperato. Ne consiglio comunque la lettura a chi ama le atmosfere sospese, quasi esotiche (pur trovandoci praticamente in periferia di Roma), e testi che presentano dialoghi cinematografici.

Deborah D'Addetta