Pennellate ammalianti di una biografia non convenzionale: “ Tre donne nella vita di Vincent Van Gogh” di Mika Biermann



Tre donne nella vita di Vincent Van Gogh
di Mika Biermann
L’Orma editore, 12 luglio 2024

Traduzione di Chiara Licata

pp. 96 
€ 13,00 (cartaceo)

Se desiderate leggere una biografia sui generis del grande pittore olandese, che sia un racconto coinvolgente e non convenzionale,  Tre donne nella vita di Vincent Van Gogh fa al caso vostro. Si tratta del primo libro di una trilogia che la casa editrice L’Orma sta pubblicando in Italia, dedicata alla vita di alcuni dei più grandi artisti della storia dell’arte contemporanea vissuti a cavallo tra Ottocento e Novecento. Tale progetto è stato realizzato dallo scrittore francese di origine tedesca Mika Biermann, attualmente conferenziere del Museo di Belle Arti di Marsiglia. L’autore non ha voluto scrivere l’ennesima biografia, più o meno dettagliata, di Vincent Van Gogh, ma “fotografare con la penna” tre momenti cruciali della vita di lui attraverso lo sguardo di tre donne che hanno incontrato il pittore olandese.

La prima figura femminile è Saskia, la guardiana delle oche, una ragazzina dai modi sbrigativi che avrà avuto circa dodici o tredici anni quando viene sorpresa nuda a fare il bagno da Vincent, allora di dieci anni. Lo scrittore lo immagina inoltrarsi tra la natura verso lo stagno, immerso nei suoi pensieri, con un cappello esoso in testa che suo padre, pastore intransigente, sicuramente avrebbe trovato ridicolo:

Quando esce di casa Vincent lo nasconde sotto la giacca, se lo mette soltanto una volta al sicuro nel sottobosco, superato il canale. Il suo amico Henner gliel’ha venduto per un dubbeltje, dicendo che era stato indossato dai mo­schettieri del re. Vincent si è ammirato nell’acqua dello stagno, il cappello gli conferisce un portamento fiero. Chissà come ci starebbe bene una bella piuma come or­namento... Gli dispiace aver venduto l’anima ai francesi, ma uno statolder Guglielmo non vale neanche la metà di un d’Artagnan. L’ha letto, De drie musketiers. A suo padre mentiva. Diceva che stava studiando la storia della Francia. L’unica cosa che gli manca adesso è una spada per colpire i terribili pappi dei denti di leone. (p. 15)

Van Gogh viene qui dipinto come un bambino che sogna di combattere come d’Artagnan e tiene nascosto questo sogno, così come il celebre romanzo di Dumas e lo stravagante cappello, dai rimproveri del padre. Proprio quando Saskia sta facendo il bagno nello stagno insieme alle oche e sta esaminando meglio le trasformazioni del suo corpo ormai di donna in boccio, il ragazzino inciampa in un cespuglio di rovi, rotola rovinosamente giù per un pendio e le cade davanti. Ed è il primo dei tre momenti cruciali della vita di Van Gogh. 

I due si guardano. 
Le oche, non un fiato. (p. 18)

È in quel momento che a Vincent vengono rivelati i colori del corpo della donna, tavolozza naturale che l’educazione restrittiva e bigotta del padre considerava via che conduce dritti alla perdizione. Ormai la natura gli si è mostrata, l’innocenza finita e con essa il suo d’Artagnan: niente sarà più come prima. Suo padre

sostiene che Dio ha creato il mondo in bianco e nero ed è stato il diavolo a mettere il rosso sulle guance delle donne. Saskia aveva le gote e la punta del seno rosa... Vincent pensa al fiume. Vincent pensa alla luce. (p. 28)

Credo sia importante sottolineare la delicatezza e la vividezza della penna di Biermann: ci sono un’attenzione particolare per i dettagli della natura, un modo suggestivo di paragonare gli animali all’uomo, di umanizzarli, vi sono primi piani naturalistici che si alternano a  dissolvenze in piena luce, a macchie di colore. Gli stessi personaggi sono velocemente tratteggiati con pochi tratti essenziali che però funzionano nell’economia di questa breve biografia, in un misto tra la realtà e qualche concessione alla fantasia dello scrittore.

Le altre due donne in cui si imbatte il pittore sono Agostina Segatori, modella che ha posato per diversi artisti e Gabrielle: l’una rappresenta il periodo della maturità di van Gogh e l’altra gli ultimi istanti di vita di lui. Quando cogliamo il nostro artista a fumare la pipa nel cafè du Tambourin, gestito da Agostina, siamo nel febbraio 1887 e  «gli restano poco più di tre anni da vivere e cinquecentodiciannove quadri da dipingere. Un quadro ogni due giorni e mezzo. Come bere un bicchier d’acqua» (p. 30). Biermann a un certo punto di questo secondo capitoletto indugia nella fantasia, immaginando che la coppia, anziché separarsi a Parigi come avvenne nella realtà, partisse per l’Italia in viaggio di nozze, portandosi anche il figlio che Agostina aveva avuto dal pittore Dantan. Agostina a Bergamo apre un ristorante e

Vincent, che adesso mastica un po’ d’italiano, ha un filo di pancia. Si è rasato la barba per sembrare più giovane; è sempre pallido, con quella carnagione non si abbronzerà mai. Agostina ha messo su qualche chilo e un bel caratterino, i lavapiatti rigano dritto quando la padrona li sgrida. (p. 58)

Un altro momento cruciale è quello segnato dalla presenza della giovane Gabrielle Berlatier, figlia di un contadino, forse la stessa alla quale, si dice, il celebre pittore consegnò l’orecchio che si era tagliato via con un rasoio. La ragazza trova un uomo seduto su un pendio della collina e lo riconosce: 

Avvicinandosi, Gabrielle riconosce il pittore, rosso come lei, come lei pallido. È ancora senza cappello, i capelli induriti di polvere. Le arcate sopraccigliari fanno ombra agli oc­chietti spenti. Ha una bocca femminea, il mento sfug­gente mal nascosto dalla barba color carota. Le iridi sono azzurre o verdi, a seconda dell’inclinazione con cui le si guarda. Al posto dell’orecchio sinistro corre una cicatrice orribile che gli dà l’aspetto di una bilancia difettosa. Porta una giacca da operaio, pantaloni di co­tone grezzo macchiati, scarpe improbabili, gigantesche e talmente bucate che gli si vede la pelle. Ai suoi piedi giace una lettera strappata.(p. 86)

Biermann sceglie le parole («occhietti», per esempio), la punteggiatura per le pause che desidera imporre, la costruzione della frase che possano riprodurre la profonda compassione che la diciottenne Gabrielle prova nel vedere il grande pittore solo, dimenticato da tutti e agonizzante. Qui come il altri passi del breve libro, l’autore cerca la mimesi della parola con la natura, con i sentimenti:
Sopra questa scena i noccioli dispiegano un soffitto verde da cui cadono gocce di luce. Tutto è all’ombra. Tutto è al sole.
L’acqua ingoia un riflesso che le va di traverso, poi gorgoglia e tace. (p. 22)
Ho apprezzato Tre donne nella vita di Vincent Van Gogh per l’idea originale di tratteggiare una biografia per momenti cruciali attraverso lo sguardo di tre donne: Saskia che lo avvicina al mondo dei colori al di fuori del bianco e nero del bigottismo che il pittore da bambino viveva in casa; Agostina che lo accompagna nelle grandi opere della maturità; e Gabrielle, l’ultima persona che Van Gogh vede prima di chiudere gli occhi per sempre. Si avvisa il lettore che non troverà riferimenti alle opere del pittore, ma solo presenze, presenze di oggetti, di fiori con i loro colori e la loro essenza, “premonizioni” di ciò che poi Van Gogh produrrà con i suoi pennelli e la sua ispirazione.
L’originalità del focus del libro si accompagna al pregio di una scrittura poetica, delicata, mimetica, fatta di gocce di luce e di ombra, come il dipinto di un grande artista.

Marianna Inserra