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Riaprire un cold case per fare chiarezza anche dentro di sé: "Ho qualche domanda da farti" di Rebecca Makkai

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Ho qualche domanda da farti
di Rebecca Makkai
Bollati Boringhieri, marzo 2024

pp. 480
€ 19 (cartaceo)
€ 2,99 (ebook)

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Immaginate di tornare nel college dove avete trascorso anni fondamentali, e di farlo come insegnante a contratto: quali sensazioni provereste? Per Bodie Kane, oggi un'insegnante di storia del cinema e una podcaster di successo, molto nota per le sue battaglie contro la discriminazione di genere, c'è di certo la sensazione di un cerchio che si chiude, una soddisfazione inattesa e anche un po' di rivalsa. Sì, perché lei in quel college non era tra le ragazze più popolari, né tra le più corteggiate o le più brillanti: ha puntato per quattro anni a nascondersi, «a disagio e senza radici» (p. 200), incapace di amare il proprio corpo lei per prima. 

Adesso, adulta e madre, Bodie può mettere in pausa una situazione di stallo sentimentale (è separata in casa col marito, suo punto di riferimento a prescindere da tutto, e ama un uomo già sposato, che la raggiunge solo di tanto in tanto per un weekend di passione) e prendersi un po' di tempo per sé e per gli amici di un tempo che ancora gravitano attorno a Granby. Soprattutto però tornare là porta con sé l'ansia di rivedere i luoghi dove nel 1995 è stata uccisa Thalia Keith, la sua compagna di stanza.

Non erano propriamente amiche Bodie e Thalia: la prima era a Granby con una borsa di studio, mentre la seconda poteva vantare una certa ricchezza, e tanto bastava in quegli anni a tracciare solchi piuttosto netti tra gli studenti. In più, Thalia era idolatrata dagli uomini, benché lei fosse soprattutto cordiale e amichevole, più che una maliziosa seduttrice. Bodie semmai la guardava da lontano, invidiandone bonariamente la popolarità, per quanto essere compagna di stanza le permettesse di scoprire anche le sofferenze e le insicurezze di Thalia. 

Il suo corpo, ritrovato nella piscina della scuola dopo una nottata brava in cui i ragazzi hanno festeggiato lo spettacolo di fine anno, riportava segni di violenza, eppure c'è chi ha avuto la faccia tosta di ipotizzare che Thalia fosse annegata per un malore. Le indagini hanno poi incastrato molto velocemente - fin troppo, velocemente - Omar Evans, l'allenatore della scuola, perché l'imperativo era chiudere tutto al più presto per non intaccare il buon nome della scuola. E da allora Omar è in carcere, ma sono tanti a credere nella sua innocenza, al punto che online investigatori improvvisati e fan dei cold case hanno guardato più e più volte i video dello spettacolo di quella sera, risalente a poche ore prima della morte di Thalia, e le ipotesi alternative fioccano, perché effettivamente tante cose non tornano.

Solo di recente anche Bodie ha letto qualcosa di più sulla sua compagna, ma sono passati più di vent'anni, e nel rivedere e leggere il materiale online dominano due sentimenti: una cupa curiosità e timore. Sì, perché nel 1995 Bodie forse non ha detto tutto alla polizia, e adesso i dubbi sull'indagine riaffiorano, soprattutto perché una delle sue studentesse propone di occuparsi proprio del caso di Thalia Keith per il suo podcast da portare all'esame. E questa è sì un'occasione per provare almeno a fare chiarezza dentro di sé, ma è anche un modo per rimettersi in gioco e confrontarsi con questa nuova generazione, socialmente e politicamente più schierata. 

E così i capitoli che alternano il presente di Bodie-adulta agli anni di Bodie-studentessa a Granby sono una cartina di tornasole di quanto la società sia cambiata: i giovani che si trova davanti Bodie hanno tutt'altra sensibilità, sono portati a denunciare abusi di potere e sono cresciuti influenzati dal movimento #metoo. Al contrario, quanti esempi di discriminazione di genere, bullismo a sfondo sessuale e mobbing hanno subito Bodie e le sue compagne, tacendo ogni volta perché erano portate a minimizzare, a pensare che ci fossero "regole" non scritte da sopportare? Persino la presunta tresca tra Thalia e un professore giovane ma già sposato e in un'innegabile posizione di potere era rimasta un mero pettegolezzo: 

Se credevamo almeno un po' che tu ricambiassi i suoi sentimenti, perché non l'abbiamo detto a qualche adulto? [...] Perché ci sembrava solo uno dei tanti segreti del mondo di cui eravamo venuti a conoscenza, segreti di cui eravamo convinti non ci fosse motivo di preoccuparsi. (p. 85)

È così, rivedendo singoli episodi del passato, che Bodie capisce quanti strascichi di quell'educazione e di quel passato le pesino ancora addosso. Diventare adulti, d'altra parte, non vuole nemmeno dire fare chiarezza o poter offrire una verità più salda ai propri studenti («Era ora di andare in classe, di parlare a quei ragazzi come se avessi la minima idea di come funzionava il mondo», p. 151).

Confronto generazionale, denuncia delle violenze e delle discriminazioni verso le donne, riflessioni sull'influenza - positiva o negativa - che hanno gli anni del college sulla vita di ognuno di noi sono solo alcuni dei grandi temi che vengono trattati in questo thriller di denuncia. Accanto a tali tematiche, troviamo poi un'ulteriore riflessione che attraversa tutta l'opera: l'impatto dei media. In particolare la rete e i podcast sono al centro del presente di Bodie (e di ognuno di noi): quanto potere ha il passaparola online? Come muoversi tra i pettegolezzi alla ricerca della verità? Quanto la comunicazione può essere manipolatoria? 

Lettura che va ben oltre le indagini, Ho qualche domanda da farti interroga anche noi lettori sui meccanismi che muovono il nostro presente e su una ricerca di verità che deve essere inesausta, per quanto il frastuono e la velocità delle informazioni possano essere nemici all'approfondimento.

GMGhioni