PROPOSTE
DI LETTURA PER UNA SCUOLA INTERCULTURALE
Storie
di migrazione e integrazione: il viaggio,
metafora della vita.
Nella scuola della “società complessa”, in continua evoluzione e ormai da tempo caratterizzata da bisogni speciali, fra le nuove sfide educative si segnalano, in maniera sempre più urgente, le dinamiche interculturali. Come confermato dai dati ISTAT 2022/23, infatti, la percentuale di alunni stranieri nel sistema scolastico italiano è di 11,3%, con una maggiore distribuzione nelle regioni del centro nord, ma una ormai consistente presenza anche nel Meridione. Educare al multiculturalismo e, soprattutto, all’intercultura diventa, dunque, una meta fondamentale per la comunità scolastica e, se è vero che “leggere apre la mente”, la lettura di un romanzo coinvolgente che lasci il segno può, a volte, rappresentare quello strumento in più a disposizione dell’educatore per avvicinare gli adolescenti ad una così delicata tematica. In questo contributo si esamineranno, dunque, due valide proposte per sensibilizzare, sull’argomento, i giovani - e non solo -: I ragazzi hanno grandi sogni di A. Hesani e F. Casolo (Edizioni Feltrinelli) e Storia di Ismael che ha attraversato il mare di F. D’Adamo (Edizioni DeA Best).
In entrambi i romanzi,
riconducibili alla narrativa di formazione, il protagonista è un giovane
migrante, Alì nel primo ed Ismael nel secondo, che con una coraggiosa e
coinvolgente narrazione auto-diegetica, diventano testimoni di quel viaggio che
più di ogni altro è da considerarsi metafora di vita: il “viaggio della
speranza”. Ma i viaggi di Ismael e Alì rappresentano, simbolicamente, i viaggi
di tutti quei migranti costretti a fuggire dalla guerra o dalla povertà verso i
paesi occidentali, alla ricerca di una nuova opportunità di vita e di un
riscatto sociale; attraverso le peripezie dei protagonisti, la lettura dei due
romanzi ci consente, dunque, di comprendere le paure, le emozioni, la
sopportazione e la resilienza che si celano dietro la storia di ogni migrante. Due
letture che, per le storie narrate e per la scrittura schietta e diretta,
arrivano immediatamente al cuore del lettore che, sin dalle prime pagine, è
coinvolto emotivamente e portato a immedesimarsi empaticamente nella
situazione.
In I ragazzi hanno grandi sogni la vicenda di Alì, che a otto anni, persi i genitori, fugge dall’Afghanistan con il fratello per raggiungere l’Europa, è in parte autobiografica poiché riflette, a grandi linee, la storia di uno dei due autori Alì Ehsani, originario di Kabul. La matrice autobiografica conferisce quel carattere di autenticità al profilo del protagonista, alle sue paure, emozioni e ai ricordi sfumati dell’infanzia che affiorano, di tanto in tanto, nella sua memoria: la sua terra, il volto “sbiadito” della madre, il protettivo fratello Mohammed e un amorevole padre di cui Alì, non ricorda più neanche il nome («lo chiamavo sempre e solo papà», p. 141), ma del quale non potrebbe mai dimenticare gli insegnamenti:
«se non mantieni la parola una volta, poi non vale più. E nessuno ti vorrà più aiutare» (p. 79); «Usciva sempre alla stessa ora in tutte le stagioni, con il freddo e con il caldo, senza mai un lamento e non credo abbia mai pensato che vendere la sua mercanzia fosse cosa da poco o non fosse abbastanza per lui: quello, in quel preciso istante della sua vita, era il suo lavoro e voleva svolgerlo nel modo migliore» (pp. 195-196).
Insegnamenti fondamentali, che hanno reso Alì quel bambino coraggioso e resiliente che è riuscito a raggiungere Roma, dopo ben cinque anni di disavventure durante i quali, per inseguire i suoi “grandi sogni” - e un po’ anche quelli del fratello, prematuramente morto fra le onde- ha viaggiato persino nascosto sotto un tir. Ma il suo percorso è soltanto a metà perché, in Italia, Alì «afghano di merda» (p. 38) dovrà combattere contro i pregiudizi e rimboccarsi le maniche per iniziare il suo nuovo viaggio verso un futuro migliore, alla ricerca del riscatto sociale: «Sono un bambino, un bambino pronto a tutto» (p. 41). E il suo riscatto inizierà attraverso l’integrazione, fortemente ricercata e faticosamente costruita, inizialmente al centro di accoglienza e poi a scuola, grazie all’impegno nello studio, in primis per l’acquisizione della lingua; e poi attraverso l’amicizia, l’amore, un comportamento sempre retto e onesto – anche di fronte alle tentazioni di un guadagno facile – il teatro, il calcio e persino la religione («È diverso dagli altri sacerdoti: don Peppino è allegro e fresco e io gli vado subito dietro», p. 178). Una storia convincente che, oltre ad offrire infiniti spunti di riflessione, emoziona, pagina dopo pagina, il lettore che si ritrova inevitabilmente “dentro” la narrazione.
Non meno coinvolgente la storia di Ismael, originario del Nord Africa e figlio di un pescatore, che, dopo la morte del padre durante una tempesta, appena quindicenne, si ritrova costretto ad attraversare il mare per provare a raggiugere «la Talia», spinto dalla necessità di supportare economicamente la sua famiglia. Fino a quel momento, per lui, il mare era sempre stato fonte di vita e sostentamento:
«Al compimento del mio terzo compleanno, mio padre mi portò fuori a conoscere il mare: ero figlio di un pescatore e pescatore sarei diventato» (p. 9).
Ma dalla morte del padre, Ismael comincia a guardare le onde con inquietudine, la stessa inquietudine con cui dovrà affrontare il suo “viaggio della speranza”, in bilico fra la vita e la morte:
«Chiusi gli occhi. Aspettavo. Sarà la prossima onda. Cominciai a pensare: Lasciati andare. Molla la presa. Adesso o tra un istante, che differenza vuoi che faccia? L’hai sempre saputo che il tuo destino era dentro il mare. Lasciati andare, Ismael» (p. 67); «Aprii un attimo gli occhi, li rinchiusi. Sarà la prossima.» (p. 68).
Con una scrittura commovente ed una tecnica narrativa
efficace, Francesco D’Adamo riesce a parlare agli adolescenti di migrazioni,
morte e vita, filtrando la realtà attraverso gli occhi di un bambino, costretto
a diventare adulto prematuramente.
Perché “leggere apre la mente”. Ma anche il cuore.
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