Nella collana Père Lachaise delle Edizioni Clichy, che prende il nome dal celebre cimitero proprio perché - al pari di quello - vuole essere un luogo di memoria culturale e monumentale della letteratura mondiale, trovano spazio due scritti poco noti di Honoré de Balzac, introdotti da un lungo e illuminante saggio di Alessandra Ginzburg. Il racconto Pierre Grassou viene accompagnato in questa edizione da un saggio del 1830 dal titolo Gli artisti, proprio perché la pittura diviene in entrambi gli scritti una metafora della scrittura.
Pierre Grassou de Fougères è un pittore mediocre, che vive nella Parigi di inizio Ottocento. Sicuramente è un pittore, ma è un artista? Lui si guadagna da vivere dipingendo quadri, copiando lo stile di Tiziano e Rembrandt. La sua bravura verrà utilizzata dal mercante d'arte Elias Magus, che spaccerà per autentiche le opere di Grassou, ricavando enormi profitti a discapito di una borghesia incompetente d'arte, ma con la velleità di dare sfoggio di opere importanti nel proprio salotto. In tal modo, dismesse le vocazioni artistiche e la vita bohémien, Pierre Grassou sceglie di vivere in maniera agiata con questa attività di imitatore, piuttosto che consumarsi per un'arte che, nel migliore dei casi, verrà riconosciuta postuma.
In ogni cosa, inventare significa voler morire a fuoco lento; copiare è vivere. Una volta scoperta questa vena piena d'oro, Fougères iniziò a mettere in pratica questa massima crudele. È il principio a cui la società deve le infami mediocrità oggi incaricate di scegliere gli uomini superiori di tutte le classi sociali; mediocrità che naturalmente si scelgono tra loro, e muovono una guerra accanita ai veri talenti. (p. 112)
Rappresentanti di questa mediocrità sono i coniugi Vervelle, commercianti facoltosi ossessionati dall'arte che cadono nella rete di Magus e considerano Grassou un tale genio, da desiderarlo come sposo della loro figlia Virginie.
Fu accolto dai Vervelle con un entusiasmo, una gioia, una bonarietà, una franca stupidità borghese che lo confusero. Fu un giorno di trionfo. Il futuro sposo fu portato a spasso nei viali tutti gialli che erano stati rastrellati come si deve in onore di un grand'uomo. Perfino gli alberi parevano ben pettinati, l'erba era stata falciata. (p. 127)
L'ordine esteriore del giardino (gli alberi pettinati) è una metafora dell'addomesticamento dell'arte, quando la si intinge nel fiume della borghesia. L'addomesticamento è opera dell'intelletto, come dichiara nelle battute iniziali il saggio Gli artisti: «In Francia l'intelligenza soffoca il sentimento» (p. 59). L'artista descritto nel saggio è ancora un artista romantico, contrassegnato dalla genialità e dal ruolo di "guida" dell'umanità:
L'uomo che dispone del pensiero è un sovrano. I re sono alla guida delle nazioni per un tempo limitato, l'artista è alla guida di secoli interi: cambia la faccia delle cose, versa nello stampo la statua di una rivoluzione; pesa sul globo, gli dà forma. (p. 61)
In questo ruolo di guida, l'artista è spesso postumo, proprio perché il suo pensiero appare follia ai suoi contemporanei, che rifiutano la sua arte perché non la comprendono. Pierre Grassou non è quindi un artista perché non accetta di essere un uomo "postumo", vuole la gloria, vuole il guadagno. Come nota Alessandra Ginzburg nel saggio introduttivo, l'invettiva di Balzac contro la borghesia e il suo misconoscimento del valore artistico, assume un carattere decisamente autobiografico. Le prime prove artistiche di Balzac, infatti, non erano state apprezzate dalla critica, tanto che lui aveva deciso di dedicarsi ad altre attività. Pierre Grassou quindi si rivela la contrapposizione all'ideale artistico perseguito da Honoré de Balzac, la sua mediocrità è continuo oggetto di ironia nel racconto.
Troviamo già all'opera il catalogo di "tipi umani", che sarà l'ossatura della Commedia umana, e nello stesso tempo costituisce una via d'accesso snella alle tematiche e allo stile di quell'opera monumentale (composta, ricordiamo, da ben 137 opere).
Se, come scrive Balzac, «la bellezza passa, ma la bruttezza resta», resta però anche eterna la rappresentazione riuscita della bruttezza, la caricatura dei vizi e delle meschinità; arte in cui Balzac è un indubitabile maestro.
Deborah Donato