Sull'isola si parlava spesso di evacuazione. A volte arrivavano dei consiglieri dalla terraferma e ci facevano domande sulla porta di casa. Sapevamo quali erano gli stipendi del continente? Avevamo bisogno di aiuto per trovare un lavoro laggiù? Il tempo era cambiato? Parlavano una lingua che già conoscevamo: condizioni atmosferiche, innalzamento dell'acqua, disagi inutili. Altrove sentivamo storie diverse, di famiglie stipate in una sola stanza in casa a schiera, di smog e coscrizione. (p. 87)
Sono le stagioni e le leggi della natura a ritmare la vita sull'isola gallese dove la diciottenne Manod vive insieme al padre Tad e alla sorellina Llinos, dopo la morte della madre. Attorno a loro, altre dodici famiglie che hanno deciso di non abbandonare le loro abitazioni in vista di una vita più comoda, di un lavoro più remunerativo o di chissà quali altre possibilità offerte dal continente. L'isola, «lunga quattro chilometri e larga uno e mezzo, con un faro a segnalare la punta orientale e una grotta scura all'estremità occidentale» (p. 13), negli anni Trenta ha più case sfitte che abitate; tanti vivono di pesca (è pregiata quella delle aragoste), sfidando le onde, mentre a casa si cucina quel che si ha - tanto cibo in scatola in inverno -, si ricama e si bada ai bambini, alle faccende quotidiane e a qualche animale.
Soprattutto, si pensa a sposarsi e a creare una nuova famiglia con qualcuno del posto, che resista all'isolamento. Lo sa bene Manod, a cui non interessano più di tanto i sogni del fidanzatino Llew, anche se le viene continuamente ricordato dagli adulti che «il tempo passa in fretta» (p. 18). Lei ricama meravigliosamente, ha una voce come poche e padroneggia l'inglese più degli altri abitanti, eppure non osa ammettere il desiderio di un futuro diverso, meno preordinato.
Per innescare in Manod l'ipotesi di lasciare tutto e ricominciare, a dispetto delle grandi responsabilità che sente verso sua sorella minore e verso il padre, ci vuole l'arrivo di due stranieri, Joan ed Edward poco dopo il ritrovamento di un'enorme balena spiaggiata e ormai morta. I due giovani sconosciuti sono ricercatori, arrivati sull'isola per scoprire tradizioni, registrare stralci di storie e leggende, fotografare come vive la gente del posto. E assistono allo scompiglio portato da quella che pare quasi un'apparizione della balena. Fin da subito, la giovane Manod è l'interprete perfetta e gli sconosciuti restano sorpresi dal talento della ragazza: «Voglio essere sincera [...]. Vedo tanto di me stessa in te. Sei molto brillante, ma essere una donna brillante... non è sempre facile» (p. 102), commenta Joan. Ed è sempre lei, in una conversazione con Manod, a rivelarle che anche una donna può studiare all'università, coltivando i propri interessi:
“Non pensavo si potesse evitare”.“Evitare cosa?”“Be'... il matrimonio”. (p. 83)
Stupisce quella commistione di ingenuità sul mondo e, al tempo stesso, di maturità nella gestione del quotidiano: Manod ha l'innocenza di chi ha sempre vissuto lì, lontana dall'individualismo o dalle ambizioni della terraferma, abituata invece all'aiuto reciproco che in una piccola comunità ci si deve dare per forza, vivendo in un luogo impervio. Dunque, il suo approccio ai due sconosciuti è fatto di slanci di autentica generosità: condivide il suo sapere, lascia che la fotografino e registrino la sua bella voce, mostra i suoi ricami,... Per avere cosa in cambio? Manod non ragiona in quest'ottica, né comprende fino in fondo le perplessità di suo padre riguardo alla collaborazione che sta dando ai due stranieri.
Ai suoi occhi, Joan ed Edward rappresentano ciò che lei potrebbe diventare, se solo trovasse la forza per ripartire con loro. Come fare, però, con Llinos, la cui massima aspirazione per il futuro è invece quella di «prendere i pesci e mangiarli» (p. 28)?
Romanzo d'esordio delicato, profumato di contrasti tra dovere e desideri, L'odore freddo del mare propone più modalità di narrazione: alle pagine narrate da Manod in prima persona si alternano trascrizioni di leggende, nonché corsivi di Joan, col suo sguardo da straniera sull'isola. Così si realizza una visione pluriprospettica della realtà raccontata, che appare ora contemplata in quiete descrizioni di chi ci vive (Manod), ora osservata dall'esterno (Joan ed Edward), cogliendo tutte le sue asperità, ora registrata con apparente oggettività da taccuini o registratori.
Osservare gli anni Trenta immediatamente precedenti alla Seconda guerra mondiale da un posto al tempo stesso così vicino alla Gran Bretagna e tuttavia remoto, ha il pregio innegabile di offrirci una prospettiva insolita sulla vita e in particolare sulle aspirazioni di una giovane donna in un contesto simile. E il risultato è un ricamo, coerente e fulgido come quelli che crea Manod, talvolta pieno di dettagli contemplativi, talaltra essenziale nel tratteggiare figure, pensieri, intenzioni.
GMGhioni