Caro genitore,stammi vicino in questa ricerca di senso perché ho disperatamente bisogno che tu creda che in me esista un punto accessibile al bene. Dichiara la tua impotenza. Non illuderti di potermi guarire, accompagnami, invece, in questo viaggio nella sofferenza. Aiutami a vedere l’angoscia della solitudine, il timore del rifiuto, il senso di colpa per non essere stata all’altezza delle aspettative che negli anni hai riversato su di me. Fammi fare a pugni con la rabbia. Fammi fare a botte col dolore. (p. 168)
Questa è una lettera autentica, scritta da una figlia “fragile” ai genitori: il professor Leonardo Mendolicchio, medico psichiatra psicanalista, la inserisce insieme ad altre, altrettanto emblematiche, nell’Appendice, alla fine del suo interessantissimo libro Fragili. I nostri figli, generazione tradita. Ho voluto cominciare la mia recensione citando un messaggio che potrebbe essere quello che tanti giovani in situazione di grande sofferenza e disagio scriverebbero ai propri genitori. Infatti, quanti adolescenti oggi nell’era della tecnologia e dei social network, si trovano ad affrontare malesseri, disagi e sofferenze più grandi di loro, a cui non sanno dare un nome? Viviamo un momento storico in cui le ragazze e i ragazzi assorbono più delle generazioni passate tutto ciò che sta non solo dentro le mura domestiche, ma anche quello che sta al di fuori di esse. Gli educatori, la famiglia in primis, ma anche la scuola, non sembrano in grado di aiutare questi giovani che hanno vissuto sulla propria pelle il lockdown della pandemia da Covid 19.
La tempesta perfetta che relega la loro vita in quattro mura domestiche in compagnia di una elevata dose di ansia e di depressione, con accanto una famiglia in preda al caos organizzativo esistenziale e con un mondo che non sa in quale direzione andare. (p. 14)
Partendo dal concetto imprenscindibile che «la ricetta che ci consentirà di fare il genitore al meglio non esiste» (p. 30), il professor Mendolicchio con questo libro invita i genitori ad accettare anche le proprie fragilità, perché i figli sono il nostro specchio, e a cercare di coltivare una connessione profonda e autentica con loro. L’opera è scritta con un linguaggio accessibile, diretto, schietto: l’autore nella trattazione riporta non solo la sua preparazione, ma anche l’esperienza come medico e come genitore di un bambino undicenne, le sue perplessità e difficoltà nel mettersi sulla stessa lunghezza d’onda del ragazzino che sta per intraprendere il suo percorso di trasformazione, fisica, emotiva, affettiva.
Proprio come scrive la ragazzina anonima della lettera che ho inserito all’inizio della recensione, i nostri giovani vogliono che i genitori continuino ad amarli, facendo sentire la loro presenza, ma non vogliono essere giudicati da loro. Anoressia, bulimia, autolesionismo - è questo l’ambito in cui opera con maggior impegno il nostro professore - sono sintomi di una sofferenza interiore, dell’anima. I genitori devono accettare una vera sfida pedagogica senza vacillare di fronte al muro che spesso il loro figlio o la loro figlia pone dinanzi:
Ma la vera scommessa in campo è capire come essere adulti garantendo ai nostri figli di evolvere, crescere ed essere soggetti indipendenti senza sacrificare il legame: è questo il punto su quale iniziare a ripensare una nuova genitorialità, che non giudica e non sentenzia, svalutando una scelta o sminuendo un’ispirazione, ma che si esprime con pacatezza e al contempo fermezza, che mostra con l’esempio quotidiano che tipo di adulti siamo. (p. 29)
Mendolicchio sottolinea in più occasioni nel libro il valore dell’esempio che come adulti dobbiamo dare ai giovani: non bisogna temere di esternare le nostre convinzioni, le nostre idee (anche politiche), i nostri valori e di farlo con molta chiarezza. In questa realtà fatta di pressioni, eccesso di stimoli e informazioni, dove tutto è il contrario di tutto, mostrare inequivocabilmente chi siamo è fondamentale per i nostri ragazzi e le nostre ragazze, perché «diventerà un perno intorno al quale far ruotare una possibilità a esistere […]». (p. 54)
Il saggio si articola in una Introduzione, otto capitoli in cui si parla in maniera accessibile e agile del senso di colpa e di responsabilità, del concetto dell’“essere fragili” - condizione che tocca anche gli adulti - , del difficile percorso di guarigione dove il confronto con gli altri che condividono lo stesso problema è fondamentale, dell’impatto dei social sui giovani, in particolare delle pericolosissime challenge. Completano l’opera un’Appendice che contiene le lettere autentiche di una ragazza, di una madre e di un padre, e le Conclusioni finali, in cui Mendolicchio tira le somme di quanto affrontato nel libro.
Ho trovato molto appassionante il capitolo Sintomo, malattia, guarigione, in cui il professore fa chiarezza una volta per tutte che anoressia, bulimia, gli altri disturbi alimentari e manifestazioni di disagio e malessere non siano malattie, ma sintomi psichici:
[…] un segnale o un indizio di qualcosa che sta accadendo nell’abito della mente o dell’esperienza interiore di una persona. […] I disturbi alimentari, come gli altri disturbi che affliggono i nostri fragili giovani, sono un sintomo. Sono la forma esteriore di un disagio intimo, profondo, sommerso che cerca una via verso l’esterno per farsi forma e uscire allo scoperto. Il sintomo non è una malattia che si diagnostica, si cura e si supera; sta lì perché deve svolgere una funzione di rappresentanza, una funzione simbolica. (pp. 98-99)
Questi disturbi alimentari e le tendenze all’autolesionismo sono il modo, l’unico che riescono ad avere i nostri giovani, per esprimere al di fuori il dolore che li fa marcire dentro. È un modo che permette loro di avere su di sé le attenzioni degli altri e quindi non vi rinunciano con facilità. Il sintomo è allora «domanda d’amore» (p. 100) e qui Mendolicchio lascia spiazzati i genitori affermando che spesso l’amore che potrà aiutare i loro figli non è per forza quello genitoriale, incondizionato sì, ma pur sempre passivo e “verticale”, ma quello di qualcun altro, di un coetaneo o di una coetanea. Ho trovato molto interessante questa parte dedicata all’amore, all’eros come desiderio di vivere la vita appieno e cancellare i propri fantasmi.
Fragili. I nostri figli, generazione tradita è un libro che consiglio ai genitori di adolescenti, preadolescenti, ma anche a tutti i docenti della secondaria sia di primo che di secondo grado, perché è una vera bussola per capire le giovani generazioni, figli e figlie di un’epoca caotica, iperconnessa, piena di incertezze, che mostra corpi perfetti e falsi, vite appaganti. In questo magma di informazioni gli adulti devono fare la differenza e avere la disposizione all’ascolto non giudicante, perché possiamo imparare anche dai più giovani.
[…] il cammino della genitorialità è un percorso di scoperta, apprendimento e amore senza fine. (p. 185)
Marianna Inserra