di Graziano Gala
Minimum Fax, 2024
Certe azioni sono strane finaqquando non le compi. (p. 25)
Popoff inizia di notte: c'è un bambino che bussa a una porta. Nasconde le paure sotto giacca e cappello, non sappiamo come si chiama ma solo che sta cercando. Perché nelle storie di Graziano Gala c'è sempre qualcuno che cerca. L'andatura di Giudariello (Sangue di Giuda, Minimum Fax, 2021) era zoppicante, sgraziata, solitaria, e si nota già una prima differenza in Popoff, che invece trasforma la ricerca del singolo in missione universale, corale, quella di un paese che accoglie un bambino che fatica farsi comprendere, e sostiene e accompagna come stampella sbilenca, spingendolo verso la luce che sta cercando: suo padre.
Mi scu-ci, ci-niò-re, à visto pe-ccaso mio pa-ttre? (p. 14)
Di padre fantasma di tratta, la cui assenza è presenza fortissima, paralizzante, inaccettabile. Si cerca ovunque papà, rincorre come si può, rievoca in certi vestiti dimenticati negli armadi, allo specchio, sottopelle, tra le ossa. Un padre inseguito come una luce, elemento ricorrente del libro, simbolo più alto di speranza, in un riferimento a un altro bambino, che assieme al padre sopravviveva in un mondo allo sbando, in La strada di McCarthy, e anche lui sembrava non avere nome: non è necessario quando si è emblema di una missione.
La ricerca in Popoff si dirama in più direzioni, è imprecisa, disordinata, e permette di conoscere qualcosa sia del bambino che del paese. Renderla collettiva è una scelta metaforicamente significativa. Cercare insieme significa blandire la solitudine, trasformarla in equivoco. Il paese in questione sembra appartenere a un mondo al di là del tempo, senza una sua storia precisa e un futuro di cui si intravede solo l'epilogo, è un paese isolato, solo, appunto, un presepe più moribondo che vivente, di disgraziati, derelitti, esclusi, inaffidabili, di ultimi, ultimissimi - un cuore malato di vecchi e tensioni, screzi e dispetti, rancori, imbarazzi, ma anche di solidarietà e compassione, di dignità e meraviglie. Chiunque nasconde umanità. E chi la trattiene più di altri, lo fa solo per conseguenza. Si potrebbe sostenere che ognuno è solo una reazione a ciò che ha subito. "Fu quella sera che scoprii che quasi tutte le creature che consideriamo malvagie o cattive, sono semplicemente sole", viene utile ricordare Big Fish (Tim Burton, 2003) e l'unione tra paese e bambino avviene nel bisogno di affetto, di speranza d'amore. Tutto, in Popoff, tende a sanare un vuoto, e Popoff diventa un racconto di mutuo soccorso e umana compassione.
Torna a casa quel bambino, molto pieno di speranza: la sua pancia è cassa rotta ma nel cuore ha le comete. (p. 71)
Parlavano i grandi, il bimbo mangiava: quel pane era gioia di pancia e di gola. Un mastico in bocca: era stato capito. Domani, sicuro, qualcuno a pigghiarlo. Il corpo sfebbrava, sudava di caldo, ma togliere cose non era educato. Soltanto il cappello slanato di fianco, seduto lui a terra e poggiato sul muro: il padre che cerca l'avrebbe sognato, come già fatto in cento e più notti. (p. 17)
L'autore Graziano Gala torna bambino. Ne riscopre i pensieri e adotta le parole, rimodulando le atmosfere tragicomiche che avevano esaltato non solo la già citata opera prima ma anche il racconto lungo Ciabatteria Maffei (Tetra, 2023), che tracciava le speranze di un bambino e ne rappresentava una versione anticipatoria. Ad accomunare Ciabatteria Maffei e Popoff non è solo la tematica, ma anche la lingua. Popoff è un romanzo fortemente determinato dalla lingua che lo racconta, una lingua fanciullesca, dell'incanto e della meraviglia, di dialetto e neologismi, dal ritmo della filastrocca e gli apici del letterario, che definisce una storia rocambolesca e struggente, dolce e crudele, tra Gianni Rodari e Giovanni Arpino.
Estendendo il discorso all'intera produzione dell'autore, si ha l'importante sensazione che Gala obbedisca a ciò che i suoi personaggi sembrano esigere, liberando una scrittura personalissima e assecondando una letteratura che si potrebbe definire in controtendenza, una narrativa che poco s'allinea a certe esigenze editoriali e che, per coraggio e specificità, dona a Graziano Gala un suo personale spazio nelle letteratura stessa.
Daniele Scalese