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"Avvocati di guerra" di Gennaro Grimolizzi: il libro-intervista che varca le trincee

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Avvocati di guerra. Storie e testimonianze da Ucraina e Russia
di Gennaro Grimolizzi
Guerini e Associati, gennaio 2024
 
Prefazione di Daniele Varì
Postfazione di Francesco Caia

pp. 184

€ 18,50 (cartaceo)

€ 12,99 (ebook)


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Avvocati di guerra raccoglie le storie e le testimonianze degli avvocati ucraini e russi, raccontando lo spaccato di quella che in origine non veniva definita guerra, ma “operazione militare speciale”, e che poi, di fatto, una guerra è stata. Un libro-intervista che varca idealmente le trincee della guerra, per mettere in contatto due Paesi attraverso un’unica voce: quella dell’avvocatura

 

Gennaro Grimolizzi, avvocato e giornalista, (in collaborazione con la testata «Il Dubbio») raccoglie infatti le interviste dal febbraio 2022 a oggi, raccontando le storie degli avvocati e dei giuristi ucraini e russi, impegnati nella difesa dei diritti umani. Nel libro si fanno parlare direttamene i testimoni, si entra nelle loro case, nei loro città, nei loro studi professionali e si ascoltano le storie di chi ha cambiato incredibilmente le proprie esistenze. 

Ed ecco che da un lato ci sono le avvocate e gli avvocati ucraini, che si trovano sul versante del Paese aggredito, le testimonianze dei vertici dell’avvocatura ucraina, ma anche quelle dei legali che hanno visto distrutto il loro studio dai russi (come Anna Kuharchuk); dall’altro lato, c’è la Russia: il Paese aggressore, dove è marcato l’impegno degli avvocati che assistono gli oppositori politici e sono impegnati nella difesa dei diritti umani. Vengono raccontate le storie di tanti avvocati aggrediti o perseguitati per aver espresso le loro opinioni sulla guerra o per aver difeso i dissidenti politici. Il famigerato, articolo 207.3 del Codice penale russo ha provocato una forte limitazione della libertà di pensiero e la guerra ha provocato una vera e propria distorsione della tutela e affermazione dei diritti, in un Paese, la Russia, in cui è proibito parlare di guerra. 

 

Gennaro Grimolizzi pone l’attenzione sui diritti degli avvocati ucraini e russi e, al tempo stesso, sulla loro condizione di uomini e donne che vivono, nel Ventunesimo secolo, la guerra nel cuore dell’Europa, rimarcando i valori europei e il concetto di democrazia. 

Quel che emerge è che gli intervistati sono tutti giuristi per vocazione e avvocati sempre, di giorno di notte, anche fuori dai tribunali, anche quando il proprio studio legale viene distrutto da un missile. Una passione che colpisce e fa riflettere, nella tragedia e nella paura, “difendere” diventa la parola d’ordine. Difendere i principi della democrazia europea e combattere la volontà di potenza. Fedele a questa linea, Gennaro Grimolizzi racconta i sentimenti e l’impegno mostrando gli eventi senza filtri, seppure da una prospettiva ben precisa.



 Presentazione del 20 giugno 2024 nella sala "Caduti di Nassiriya" del Senato a Roma

 

1.  Gennaro Grimolizzi, su «Il Dubbio» sei autore di circa cinquecento articoli. Dallo scoppio della guerra in Ucraina hai seguito, secondo un preciso angolo visuale, l’aggressione militare della Russia, dedicandosi alle condizioni degli avvocati ucraini e russi. Da giornalista e da avvocato ti sei impegnato nel diffondere il lavoro dei tuoi colleghi. Da dove nasce questo interesse? E perché hai deciso di raccontare la guerra dal punto di vista degli avvocati?


Il libro nasce dall'elaborazione di una grande mole di materiale raccolto all’indomani dell’aggressione militare della Russia ai danni dell’Ucraina, il 24 febbraio 2022. Materiale consistente in una serie di approfondimenti sulla condizione, prima di tutto, degli avvocati del Paese aggredito, l’Ucraina, e pubblicato sul quotidiano dell’avvocatura italiana, «Il Dubbio». Con il direttore del giornale, Davide Varì, mi sono subito confrontato per iniziare a dare voce a quei professionisti che hanno visto stravolte le proprie esistenze: avvocate e avvocati che non sono stati più in grado di lavorare serenamente nei propri studi, recarsi in tribunale, assistere i propri clienti. Infatti, grazie anche al prezioso supporto di una importante organizzazione di giuristi ucraini, la Ukrainian Bar Association, della quale fanno parte soprattutto avvocati, ho iniziato ad intervistare molti “avvocati di guerra”. Proprio da qui è nato il mio libro. La prima parte del volume è dedicata alle avvocate e agli avvocati ucraini che si sono dovuti adeguare anche professionalmente alle mutate condizioni di vita, dopo l’invasione delle forze armate russe.

 

2. Nel marzo 2022 hai intervistato la giornalista russa Marina Ovsyannikova, protagonista di una clamorosa protesta, sul principale canale televisivo russo, Channel One, contro la guerra in Ucraina. Hai intervistato avvocate e avvocati ucraini, che hanno dismesso la toga e deciso di difendere il loro Paese. Hai intervistato, tra gli altri, l’ex avvocato del dissidente Alexei Navalny e l’avvocata Tatiana Glushkova dell’associazione Memorial. L’organizzazione russa ha ricevuto il Premio Nobel la Pace 2022 (la cerimonia si è tenuta ad Oslo il 10 dicembre 2022). 

Dopo esserti confrontato con questi uomini e donne, quanto pensi che le brutture della guerra possano stimolare l’impegno civile?


La seconda parte del mio libro è dedicata alla Russia. Parlo, come hai accennato, di alcuni cittadini che si sono distinti per il loro coraggio nell’opporsi alla guerra voluta dal boss del Cremlino, Vladimir Putin. Ricordiamo che la parola guerra in Russia è vietata e chi la pronuncia rischia di andare in carcere. La storia della reporter Marina Ovsyannikova, ora residente in Francia, è emblematica. Pochi in Italia hanno parlato della ex giornalista di Channel One. Come vede, i reati di opinione sono duri a morire in certe realtà. Anzi, vengono irrobustiti per mantenere il controllo sociale e intimorire i cittadini. Le persone che si battono, soprattutto all’estero, per la tutela dei diritti civili in Russia, per la libertà di espressione, sono un confortante esempio in merito al futuro di quel Paese. Un futuro che in tanti, anche se è difficile esprimere il proprio pensiero, vogliono che sia di pace e prosperità. Pace con gli ucraini, che hanno subito un’invasione militare e subiscono il sopruso di un tentativo di annessione. Fatti che pensavamo relegati ai libri di storia che vanno sempre tenuti aperti e letti. 

 

3. Cosa unisce gli avvocati ucraini a quelli russi? Hai ritrovato dei sentimenti comuni? E cosa vuol dire essere “avvocati di guerra”?


L’espressione “avvocati di guerra” va intesa diversamente se si prendono in considerazioni le condizioni in cui vivono gli avvocati ucraini e quelli russi. I primi vivono in un Paese invaso e aggredito militarmente. A partire dai primi giorni successivi al 24 febbraio 2022, molti hanno dovuto rivedere l’impostazione della professione legale. Tanti hanno lavorato per favorire la fuga dei cittadini in pericolo nelle zone di guerra, altri hanno offerto assistenza alle famiglie di giovani chiamati al fronte. In Russia gli avvocati dei dissidenti politici sono impegnati nella difesa della libertà di opinione e hanno anche una missione: dimostrare che l’assimilazione tra avvocato e assistito è una vera e propria aberrazione giuridica. Succede questo in Russia. Gli avvocati dei dissidenti devono guardarsi bene dallo svolgere con zelo, onestà intellettuale e professionalità il loro lavoro. Rischiano grosso anche loro. E io nel mio libro parlo di questo. Insomma, la guerra provoca solo disastri e gli avvocati di guerra sono ancora un baluardo di libertà. Un esempio per gli avvocati dei Paesi in cui i valori democratici sono una realtà consolidata. 

 

4.  In questo vero e proprio reportage giornalistico e in qualche modo narrativo, ti sei sentito più avvocato o più giornalista?


Tutte e due le cose, devo essere sincero. Avvocato per la sensibilità verso colleghi che non vivono più come prima, che hanno visto infranti tanti sogni, ma che continuano a battersi per vivere in Paesi in pace e con un futuro e che vogliono essere protagonisti della ricostruzione. Giornalista per il lavoro che mi ha riguardato sin dal primo momento in cui ho avuto l’idea di raccontare sul «Dubbio» le storie dei legali ucraini e russi, che, successivamente hanno rappresentato i pilastri del libro. Giornalista pure per il metodo di lavoro applicato, fatto di ricerche, contatti con le persone, studio di documenti. In quest’ultimo caso, il metodo e la disciplina che la professione forense ti danno devo dire che sono state preziose. Credo che la forma mentis giuridica sia sempre molto utile anche nel lavoro giornalistico. Coltivare il dubbio, non farsi sopraffare da esso, non accontentarsi di quanto sembra troppo semplice e scontato. Ma alla fine, a pensarci bene, si tratta di “caratteristiche” che deve avere pure ogni buon giornalista. Con un unico obiettivo: offrire le notizie con imparzialità. Raccontare i fatti e non essere mai tifoso di questa o quella causa. 

 

5. Dopo aver letto queste storie, viene spontaneo interrogarsi sul futuro della Russia e dell’Ucraina. Cosa pensi che accadrà ora?


È difficile fare previsioni. In passato abbiamo visto che tanti Soloni dell’informazione o sedicenti esperti hanno miseramente fallito nel prevedere il futuro di alcuni fronti di crisi. A mio modesto parere, pensare che la Russia voglia indietreggiare, dopo aver stravolto la propria storia e quella del mondo intero, è difficile. A maggior ragione in questo contesto in cui la comunità internazionale è molto divisa e polarizzata. Putin, fin quando sarà vivo, dubito che vorrà rinunciare al sogno di sottomettere l’Ucraina e riconsegnare i territori occupati. Il 20% dell’Ucraina è stato occupato dai russi. Pensare che Mosca dica a Kyiv “vi abbiamo massacrato, abbiamo portato morte e distruzione, riprendete quello che è vostro” mi sembra difficile. L’Ucraina sta difendendo con tutte le forze che ha, chiedendo sforzi immani alla comunità internazionale che la sostiene, la propria sovranità. Dire che non si debba difendere o che si debba difendere con le pistole ad acqua mi sembra una illusione o peggio una castroneria, il tentativo non voler guardare in faccia la realtà. Si parla di reciproche concessioni e rinunce tra i due contendenti. Già, ma come? Con la supervisione terza di chi? E, soprattutto, quando? Sono domande alle quali è difficile rispondere. Non voglio però mai perdere la speranza. I tentativi che si stanno facendo in questi giorni per imbastire delle trattative spero che servano a qualcosa. 

 

Intervista e introduzione a cura di Isabella Corrado



Gennaro Grimolizzi, avvocato e giornalista. Per quasi dieci anni ha scritto sul Sole 24 Ore e collaborato con Radio24. Ha inoltre scritto su TopLegal (primo mensile del mercato legale italiano), EconomiaWeb, EticaNews, Europa Italia, Domus Europa, Cultura#Identità. Dal 2016, anno della sua fondazione, scrive sul giornale Il Dubbio, il quotidiano dell’avvocatura italiana.