Siamo nell'estate del 1960, a Lignano, località balneare del nord-est che incanta e annoia e che proprio in quegli anni sta iniziando a costruire la sua fama. All'alba del 23 giugno un cadavere viene rinvenuto sulla spiaggia: si tratta di Giannuzzo Masetta, che è stato ucciso nella notte e abbandonato lì. A ritrovarlo è una ragazza tedesca, con cui il siciliano Giannuzzo aveva intrattenuto una burrascosa liaison estiva e che per paura di essere accusata, prende il coltello vicino al cadavere e lo getta in mare.
Inizia così La sabbia non ricorda, un romanzo del maestro Giorgio Scerbanenco, considerato per tanti anni più rosa che giallo, che come sempre riesce a riportarci indietro nel tempo, a quelle atmosfere di un'Italia che non c'è più, a quelle estati di juke-box e passeggiate notturne sul litorale, mentre in campeggio nascevano amori improbabili e il dopoguerra aveva lasciato un'idea di ricostruzione e rinascita, che era ancora per pochi, mentre la maggior parte si barcamenava tra debiti e stenti, agognando la vita dei ricchi e intrecciando amicizie pericolose e poco raccomandabili.
Uscì a puntate su «Annabella» nel 1961 ed è il secondo di tre libri giallo-rosa ambientati a Lignano Sabbiadoro (il primo era Né sempre né mai, in cui si parlava di questa località e della costruzione delle sue strade). In questo libro si ravvisano già i prodromi del futuro giallista, forse più che nel precedente, soprattutto per quella figura alter-ego dello scrittore di Kiev, Alberto Missaglia (nel paragone con Eddie Costantine - come ricorda in prefazione la figlia Cecilia - c'è un piccolo contributo alle origini miste, di quel misconosciuto cantante americano, come anche di Scerbanenco), molto simile al futuro e più famoso Duca Lamberti.
Ma non mancano indagini modernissime per l'epoca, l'attenzione alla Polizia scientifica, la ricerca dei particolari, l'inchiesta che si allarga fino ad interessare l'Interpol, il modo di condurre gli interrogatori.
Sullo sfondo, si staglia il quadro antropologico di un'Italia in fieri, con l'emigrazione meridionale, le prime prove del turismo all'italiana, la moda e soprattutto i personaggi: meravigliose figure di donne, uomini rudi e a volte brutali, legati al patto sociale di protezione nei confronti del gentil sesso e capaci di alimentare drammi oscuri dal sapore passionale.
Modernissimi malesseri sono descritti con dovizie di particolari, come quello della depressione della giovane Michela (amore giovanile del poliziotto Alberto e figlia del suo mentore, Silvestro Lorè, alto funzionario del Ministero dell'Interno), che ha perso la voglia di vivere per essere stata ingannata da un uomo sposato:
In quell'odore di vino rosso sotto il naso, davanti alla spiaggia chiassosa in quell'ora mangereccia, sotto gli sguardi della gente dei tavoli vicini, le si era spenta dentro quel giorno la voglia di vivere. (p. 32)
Questo scrittore, di cui, grazie all'impegno della figlia Cecilia e della casa editrice La Nave di Teseo, si stanno riscoprendo e ripubblicando le opere, ricorda tanto di un altro grande giallista, Simenon, che ha posto la ricerca sociale alla base dei suoi gialli, raccontandoci una Francia vivida e complessa, nello stesso modo in cui Scerbanenco ci racconta l'Italia e merita, senza alcun dubbio, il riconoscimento che per molti anni gli è stato negato, di maestro indiscusso del giallo classico.
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