Tra il qui e il lì: come affrontare l'espatrio se si arriva da un'altra epoca. "Il ministero del tempo" di Kaliane Bradley

Il ministero del tempo Kaliane Bradley

Il ministero del tempo
di Kaliane Bradley
Mondadori, settembre 2024
 
Traduzione di Teresa Albanese
 
pp. 336
€ 22,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

Chiunque abbia visto un film o letto un libro che abbia a che fare con il viaggio nel tempo, o magari ci abbia ragionato mentre aspettava l'autobus, saprà che, nel momento stesso in cui si comincia a riflettere sulla fisica del viaggio temporale, l'assurdo è dietro l'angolo. Come funziona? Come fa a funzionare? Io esisto simultaneamente all'inizio e alla fine di questa storia, che è una forma di viaggio nel tempo, quindi mi sento di dirti una cosa: non scervellarti troppo. L'unica cosa che devi sapere è che, nel tuo prossimo futuro, il governo britannico avrà sviluppato una tecnologia per viaggiare nel tempo, senza però averla sperimentata. (p. 14)

Di questa tecnologia il ministero se ne serve per trasportare alcune persone, prese da diversi momenti storici e che sarebbero comunque morte per cause naturali, cessando di esistere nella loro linea temporale. Gli expat, come vengono chiamati, non sono figure di spicco della Storia. Con l'eccezione del tenente Graham Gore, salvato dal congelamento in una spedizione nell'Artico nel 1847, gli altri sono persone che i libri di storia non menzionano. Ognuno di loro viene affidato a un ponte, una figura del XXI secolo che avrà il compito di seguirli e aiutarli ad ambientarli, laddove questo sia possibile. Definiti dai loro numeri di anno di estrazione – Gore è '47, Arthur, tratto in salvo dalle trincee della prima guerra mondiale, è '16, Anne, presa dal Terrore francese, è '93, Margaret, sopravvissuta alla peste, è '65 – vengono monitorati e sottoposti a test di adattabilità, salute mentale, mimetismo nell'epoca contemporanea. Il ponte di Gore, una dipendente del dipartimento di Lingue di cui mai viene rivelato il nome, è la narratrice e colei che più sta avendo successo nell'inserimento del suo expat. Mentre si seguono i viaggiatori del tempo e la loro relazione con l'epoca contemporanea, la domanda, sempre più prepotente, che si affaccia è perché il ministero abbia questa tecnologia e per cosa se ne dovrà servire. La classica risposta del cambiare il passato per garantire un futuro migliore è, nella migliore delle ipotesi, la spiegazione più semplice e lontana dalla profonda realtà dei fatti.

I punti di domanda sono un segno di interpunzione immancabile al pensiero del viaggio nel tempo. Se si disponesse del viaggio nel tempo quali sarebbero le prime azioni? In genere, si pensa a impedire momenti dalle conseguenze devastanti – se nel 1865 Lincoln non fosse stato assassinato? Se si fosse impedito l'omicidio dell'arciduca Francesco Ferdinando? Se, somma e più gradita ipotesi, Hitler non avesse mai preso il potere? – nella convinzione che il tempo sia lineare, come ci insegnano alle scuole elementari, e che basti un minimo episodio per scatenare il butterfly effect.
E se portassimo nella nostra epoca persone dai secoli precedenti quali sarebbero le reazioni? Macchiettistiche bruciature con il tostapane? Inorridite reazioni alla libertà di costumi? Attacchi a lancia in resta contro le macchine nelle trafficate vie di New York?
Il ministero del tempo di Kaliane Bradley non può esimersi da queste domande, ma non cade in facili trappole. Il viaggio temporale non viene usato per stravolgere la Storia con prelievi di figure o sconvolgimento di situazioni nodali. Come viene spiegato da Adela, supervisore della narratrice, le persone non sono la storia. Sarebbe una visione troppo semplicistica. È su questo concetto che si innesta tutto l'aspetto della spy-story e, per non guastare il piacere dell'intrigo, non ci spingiamo oltre nell'analisi di questo assunto. 

L'inserimento degli expat viene fatto con metodo, fornendo loro le prime nozioni applicabili nell'immediato come la scoperta dell'elettricità e del sistema idraulico-fognario, ed è poi compito dei ponti fare sì che il loro acclimatamento sia graduale. A parte qualche scenetta di garbato stupore che agli amanti e alle amanti della rom-com anni Novanta non potrà che riportare in mente il film Kate and Leopold, le modernità vengono affrontate con raziocinio, senza, per fortuna, quadretti comici. Tutta la situazione presenta ironia di fondo e la comicità che a volte viene associata al viaggio nel tempo sarebbe sembrata fuori luogo e, soprattutto, sarebbe stata svilente per quello che è l'aspetto a mio avviso più interessante e raffinato del romanzo: il parallelismo della condizione degli expat temporali con quella degli espatriati o profughi di tutto il mondo.
La narratrice senza nome, ponte di Graham Gore, è cambogiana, per parte di madre, e britannica per parte di padre. Nonostante le cosiddette rassicurazioni che ogni persona non manca di pronunciare, ovvero che non si direbbe proprio e che sembra in tutto e per tutto europea, lei ha percepito sulla pelle la situazione di sfollato interno.

Mi era costata una gran fatica tradurre sfollato interno, espressione che, nell'ambito di quel progetto, indicava le persone che erano state costrette a lasciare i loro villaggi a causa del disboscamento... era difficile da spiegare perché alcune persone, spesso provenienti dagli stessi villaggi, avevano raggiunto la stabilità economica e un impiego a lungo tempo proprio a causa delle opere di disboscamento. Progresso, ecco un'altra parola insidiosa da tradurre. [...] Anche Graham era internamento sfollato. A volte lo vedevo guardare il mondo moderno come da un telescopio. Era per sempre incagliato sul ponte di una nave in qualche punto del primo Ottocento. (p. 35)

Riuscire a conciliare il qui e il lì, sia che si tratti di tempo che di luogo, non è un processo semplice. Anche se le condizioni sono, da un certo punto di vista, migliori, l'appartenenza non è un sentimento scontato. L'invisibilità ai macchinari come le tac o gli scanner che gli expat temporali sembrano vivere è assimilabile all'invisibilità delle seconde generazioni che devono fare i conti con i traumi dei genitori, nel caso della narratrice il genocidio cambogiano che sua madre ha vissuto, e il riconoscimento degli innegabili livelli di privilegio che loro invece vivono. Non si tratta di senso di colpa, ma di una sensazione più stratificata e che non attribuisce al termine progresso solo valori positivi. Se la narratrice reagisce con un'assimilazione e un mimetismo notevole diventando una dipendente ministeriale, la sorella cerca di uscire da questa invisibilità tenendo un blog al vetriolo in cui racconta la sua infanzia e le difficoltà e il pietismo che circondavano le figlie di profughi, termine che la madre non avrebbe mai usato per definire sé stessa. Lo stesso vale per gli expat temporali che, senza dubbio, riconoscono il vantaggio di non essere morti di peste, di iprite o di aver scampato il cannibalismo prima del congelamento, ma non è detto che il qui che li accoglie voglia davvero farli inserire. Questo è l'altro punto su cui si gioca il romanzo e sul quale, anche qui, bisogna fermarsi per non guastare alcune rivelazioni che rendono Il ministero del tempo una narrazione di straordinaria ironia.

Rick Sanchez, il geniale e amorale scienziato della serie Rick e Morty, ritiene i viaggi nel tempo il grattare il fondo della fantascienza, ma si muove tra varie linee temporali in cui esistono infinite versioni di sé e della sua famiglia. Resta quindi un ultimo punto di domanda che si associa, soprattutto negli ultimi anni, al viaggio nel tempo: c'è un multiverso? Anche qui, per non guastarsi la rivelazione, è necessario percorrere le pagine del Ministero del tempo. Forse c'è una versione di voi che l'ha già fatto e ha adorato l'intreccio di spy-story, romance e critica sociale. Forse c'è un'altra versione che sta per arrivare alle ultime pagine e le gira sempre più in fretta. Come dice la narratrice di sé stessa, anch'io che sto scrivendo esisto sia all'inizio che alla fine di questa recensione e ci sono sia all'inizio che alla fine della lettura. Ci troviamo da qualche parte tra il qui e il lì per parlarne insieme.


Giulia Pretta