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«L'amore calpestava i nostri corpi / col suo splendore nero»: dalla cronaca nera alla narrazione lirica che non edulcora di Maria Grazia Calandrone

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Magnifico e tremendo stava l'amore
di Maria Grazia Calandrone
Einaudi, 2024

pp. 336
€ 20 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

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È veramente vero che, al primo sguardo, sappiamo sempre e immediatamente cosa aspettarci dall'altro? (p. 132)

Questa è la Domanda. Perché gli inizi della storia tra Luciana e Domenico sono luminosi, luccicano di quell'euforia che avvolge due corpi adolescenti che possono essere tutto ciò che non sanno ancora, che si riconoscono nella luce di una giornata di mare, improvvisamente diversa dalle altre: «Il suo corpo le ricorda qualcosa che conosce e non sa» (p. 14). Come sarebbe stato possibile prevedere allora che quel desiderio di possedersi, corpo e anima, si sarebbe trasformato in anni di sofferenza indicibile? Per un ventennio, infatti, Luciana subisce violenze fisiche e psicologiche, alternando il desiderio di andarsene alla speranza che il proprio amore possa aiutare Domenico. Ma il problema è arcano e subdolo, affondato nell'inconscio: 

«[...] oltre a dimostrargli, più in superficie, di essere migliore nel lavoro, Luciana continua, soprattutto, a dimostrargli di non essere sua madre, séguita a esistere in un corpo / separato dal suo. E, per ciò, può sfuggirgli. Senza rimedio». (p. 122)

Oltretutto, a rendere ancor più difficile l'idea di lasciare Domenico c'è la paura che i loro quattro figli vengano tolti alla famiglia. Queste e altre motivazioni - tutte umanissime e non tutte razionali - spingono Luciana a resistere, a ripetersi che Domenico non le farà mai davvero del male, per quanto la sua rabbia, spesso generata dalla frustrazione, sfoci in episodi allarmanti.

In Magnifico e tremendo stava l'amore, Maria Grazia Calandrone riprende e rielabora questa storia d'amore che si è drammaticamente trasformata in un caso di cronaca nera; infatti, nel 2004 il cadavere di Domenico viene ritrovato in mare e non ci vuole molto perché in Luciana si riconosca la responsabile dell'accoltellamento. Come si è arrivati a tanto? Non c'è desiderio apologetico da parte di Calandrone, né l'autrice intende demonizzare Domenico, un uomo che avrebbe avuto bisogno di indagare a fondo sui suoi traumi, per smettere di soffrire e di far soffrire. O, almeno, per provare a salvarsi e a salvare la moglie e i figli. 

La narrazione di Maria Grazia Calandrone punta, invece, a dare voce ai due protagonisti, e lo fa in più modi: con una narrazione che spesso piega la poesia alla prosa (si riconoscono endecasillabi e stralci di versi dal lessico evocativo), con le parole degli stessi protagonisti, con frammenti in corsivo del diario di Luciana,... E quante volte quelle righe che paiono (e sono) versi fanno emergere con tutta l'evidenza della poesia il contrasto tra la bellezza luminosa della forma e l'asprezza dei contenuti; le tante possibilità di felicità di quei corpi giovani e in salute e le cieche ombre della gelosia e della violenza.

Intanto, il mondo va avanti e resta molto spesso - troppo spesso - a guardare; viceversa, i protagonisti si disinteressano a ciò che avviene, perché «da anni più niente del mondo riguarda Domenico e Luciana, se non la propria storia di dolore» (p. 174). Invece, Calandrone ci racconta cosa avviene in quegli anni, perché la sua narrazione è cronologicamente orientata (si vedano i titoli dei capitoli, che recano sempre l'anno di riferimento), e ciò che accade a Luciana e Domenico è inserito in un contesto storico, politico, sociale e giuridico da cui non si può prescindere. Sono ancora lontane leggi, come quella sullo stalking, in grado di tutelare una moglie letteralmente perseguitata come Luciana. E allora l'autrice dà spazio a brevi cronache dell'Italia degli anni Novanta e Duemila, in frammenti descrittivi, non privi di qualche commento autoriale, che intervallano la narrazione. 

Romanzo che fa riflettere a lungo sulla violenza domestica, sulle sue conseguenze estreme, nonché sulle istituzioni e sulla solitudine di tante donne colpite ogni giorno fisicamente e psicologicamente dal partner, Magnifico e tremendo stava l'amore è anche una prova straordinaria di scrittura. Cesello lessicale, la già citata molteplicità di forme di scrittura, la struttura ondivaga, tra storia dei protagonisti e storia dell'Italia: tutto questo rende l'opera di Calandrone degna di una lettura attenta, senza fretta alcuna. Ci si avvicini, allora, senza (pre)giudizio, ma con grande predisposizione all'ascolto. 

GMGhioni