Immigrazione cinese negli Stati Uniti: tutto ciò di cui hanno bisogno i protagonisti è una briciola d'amore. "Cinema Love" di Jiaming Tang


 

Cinema love
di Jiaming Tang
Edizioni e/o, settembre 2024

Traduzione di Silvia Montis

pp. 320
€ 18,50 (cartaceo)
€ 11,99 (e-book)


"No" pensò Yan Hua. Stordita da quella confessione, non era più in grado di distinguere quale parte del racconto fosse vera e quale una bugia. Yan Hua aveva accettato da tempo l'infedeltà di Shun-Er - questo era vero. Ma quando aveva detto di non essere mai stata gelosa del marito fino al suo funerale - quella no, era una bugia. Una bugia che non era perfida neppure la metà di quella che Yan Hua aveva trasformato in verità - la sua verità - mentre raccontava la vicenda a Rana. Il pestaggio con cui i cugini avevano cacciato l'amante di Shun-Er dal funerale, nella realtà era stato opera sua, di Yan Hua. Aveva picchiato a sangue l'amante di Shun-Er per essersi azzardato ad accusarla di omicidio. E quello, poveretto, non aveva alzato un dito per difendersi. Rana aveva ragione nel dire che le lacrime che si intravedevano nella foto non erano di dolore né di rabbia. (p. 126)

Romanzo dolceamaro questo di Jiaming Tang, scrittore cinese, immigrato e queer, attualmente residente a Brooklyn, New York. Ci troviamo in diversi luoghi - quelli di origine e quelli di destinazione - trattandosi di una storia che affronta l'argomento dello sradicamento dal Paese di nascita, in questo caso il percorso va dalla Cina agli Stati Uniti. Intanto Mawei, un distretto realmente esistente sulla cost sud-est della Cina: qui trova luogo un cinema - il "cinema love" del titolo - che però ha una caratteristica speciale: è rifugio degli uomini omosessuali, spesso lavoratori, operai, braccianti, anziani, barboni, che non hanno altri luoghi in cui incontrarsi e amarsi. Secondo (Secondo proprio di nome) è uno di questi uomini: va in cerca di briciole d'affetto, senza sapere che oltre a quello troverà anche una moglie - strano a dirsi - di nome Bao Mei, una donna minuta, caparbia, che sente la voce del fratello morto. Secondo, nonostante il matrimonio, è e resta un uomo omosessuale, innamorato di un altro uomo, Shun-Er che, se pure è vero che ama a sua volte Secondo, è sposato e non riesce a lasciare la moglie, Yan Hua. La cosa interessante è che la narrazione cambia punti di vista, cosicché tutto questo intreccio di relazioni verrà raccontato ora da uno ora dall'altro personaggio, stupendo il lettore con rivelazioni, confidenze, diverse prospettive su una stessa scena. Ad esempio, scopriamo solo successivamente, dopo aver iniziato ad amare il rapporto dolcissimo fra Secondo e Shun-Er, che la moglie di cui parlavano era proprio Yan Hua.

Il narratore, che spesso si rivolge al lettore, sposta l'occhio di bue su Yan Hua: cucitrice, immigrata, ha dovuto sposare, dopo la morte di Shun-Er, un uomo di nome Rana, cinese anche lui, già sul territorio statunitense, tramite un accordo prestabilito, un matrimonio di facciata per ottenere la green card: un vero e proprio business, ed è proprio raccontando questa vicenda che l'autore sottolinea tutta la miseria a cui i suoi personaggi vanno incontro: case sgarrupate, permessi di soggiorno scaduti, latitanze, miseria, fame, razzismo, discriminazione, e come se questo non bastasse, Tang ci infila anche un pizzico di "esoterismo", con storie di fantasmi e inquietanti presenze in casa.

Il primo è un ricordo di Bao Mei su un materasso nel monolocale seminterrato che lei chiama "casa". Non riesce a trovare lavoro per via della gamba zoppa e ha iniziato a decorare la stanza con oggetti economici ma colorati. Fiori che ha appiccicato al muro col nastro adesivo. Calendari omaggio, presi nei supermercati di zona e appesi con puntine da disegno. Il letto è disseminato di annunci di lavoro e quaderni pieni di goffi, sciatti caratteri cinesi. Bao Mei ci scrive di continuo, ma non dice mai cosa. Non volendo rivelare dettagli intimi sulla sua vita privata (che a volte include appuntamenti segreti con uomini taciturni), chiede a Secondo della sua: ridendo alle sue battute, piangendo per le sue disgrazie e accigliandosi quando parla di Kevin. E quel giorno Secondo arriva in fretta all'argomento, tanto è assorbito da quello che prova. Passa ore a raccontare alla moglie come lo faccia sentire quella nuova relazione. E cioè insicuro [...] (p. 190)

Ciò che accumuna i protagonisti è l'estremo bisogno d'amore, di qualsiasi tipo, e il fatto che vengano tutti da Fuzhou, oggi capitale della provincia cinese di Fujian. All'epoca della narrazione, a differenza dei tempi odierni, non doveva offrire molto. Si stabiliscono nella Chinatown di New York, e come tutti gli immigrati, non sono ben visti. Si arrangiano come possono e intrecceranno, nel corso di quarant'anni, un legame pressoché indissolubile, a volte anche loro malgrado.

Un altro elemento importantissimo nella narrazione è il valore del ricordo, l'importanza di tenere viva la memoria: forse, il personaggio che meglio di tutti incarna questo proposito è Yan Hua, ossessionata dalla morte dell'ex marito Shun-Er.

La scrittura di Tang è scorrevole, ricca di dettagli, si legge in modo molto rapido. Consiglio la lettura del romanzo a chi ha apprezzato un altro testo simile, seppure scritto in modo diverso e con una localizzazione geografica poco lontana, ovvero Hijra di Saif ur Rehman Raja, edito da Fandango, oppure a chi ama le atmosfere fumose dei film di Wong Kar-wai.

Tra l'altro, proprio in questi giorni in cui è in corso il Festival del Cinema di Venezia, il libro risulta super attuale perché richiama un documentario di Wang Bing - Youth: Homecoming - terzo capitolo di una trilogia che racconta le condizioni di lavoro degli operai dell’industria tessile cinese. Vi piacerà anche se avete apprezzato film come: Last train home di Lixin Fan (2009), Terra e polvere di Li Ruijun (2022) e Human Flow di Weiwei Ai.

Deborah D'Addetta