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Sette conferenze memorabili per viaggiare nell'immensa cultura di Borges. "Sette sere" di Jorge Luis Borges

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Sette sere
di Jorge Luis Borges
Adelphi, giugno 2024

A cura di Tommaso Scarano

pp. 189
€ 14,00 (cartaceo)
€   8,00 (ebook)

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Sette conferenze memorabili che spaziano dalla Divina Commedia, a Le Mille e una notte, agli incubi, al Buddhismo, alla poesia, alla Cabbala, alla cecità. Ogni conferenza rappresenta un mondo di riflessioni, citazioni e percorsi in cui tutto sembra semplice ma invece deriva dall'immensa cultura di Borges che può permettersi di ingrandire e rimpicciolire questi argomenti senza mai sbagliare. 

La Divina Commedia è uno dei banchi di prova più insidiosi. Ma Borges esce ed entra nei versi di Dante come un nuotatore provetto in uno specchio d'acqua. Analizza la scrittura del poeta toscano commentando contemporaneamente le interpretazioni più celebri. Riesce a mostrarci in poche pagine la forza della Divina Commedia senza banalizzarla e senza la necessità di recitarla, ma solo indicando i versi più significativi per ogni canto:

Nel caso della Divina Commedia, è tutto talmente vivido che alla fine ci convinciamo che Dante credesse davvero nel suo altro mondo, così come credeva nella geografia geocentrica o nell'astronomia geocentrica e non in altre astronomie. (p. 21)

E Dante diventa un protagonista della sua analisi con la conoscenza e la sicurezza di chi lo abbia letto ma soprattutto interiorizzato:

Conosciamo a fondo Dante grazie a una particolarità segnalata da Paul Groussac: la Commedia è scritta in prima persona. Non si tratta di un puro artificio grammaticale, di dire "vidi" al posto di "videro" o "fui" al posto di "fu". Significa qualcosa di più significa che Dante è uno dei personaggi della Commedia. (p. 21)

Tutte le conferenze sono un viaggio sapienziale negli argomenti trattati, senza che la cultura di Borges pesi sui lettori, ma anzi, proprio quegli spunti permetteranno un viaggio ancora più ricco negli argomenti trattati. Nella conferenza sul Buddismo, ad esempio, l'autore ci racconta la storia del Buddha e mentre ne parla ci illustra anche le differenze fra le varie correnti di pensiero e quali sono i pilastri del Buddismo.  Oppure ne L'incubo analizza le varie etimologie della parola mentre ci racconta i suoi incubi. E proprio nell'analizzare il significato in diverse lingue del termine incubo, ci raggela con un'affermazione inquietante.

Veniamo ora al termine più appropriato e ambiguo per indicare l'incubo, l'inglese the nightmare, ovvero "la giumenta della notte". Così l'intese Shakespeare. C'è un verso che recita "I met the night mare", "mi sono imbattuto nella giumenta della notte". Shakespeare concepisce quindi l'incubo come una giumenta. [...] Tuttavia secondo gli etimologi, la radice del termine sarebbe un'altra, cioè niht mare o niht maere, il demone della notte. Il dott. Johnson, nel suo celebre dizionario, riconduce l'espressione alla mitologia nordica (sassone, diremmo noi) che presenta l'incubo come generato da un demone. (p. 47)

Tutta la conferenza si basa su questo gioco di specchi fra ciò che rappresenta il termine incubo nella storia evolutiva di questa parola inquietante e quanto il suo riflesso ci condizioni. Così come La Cabbala ci trasporta in un gioco matematico in cui i termini e l'analisi interpretativa del loro sviluppo non sono altro che un potente viaggio dentro la bellezza delle parole. 

Il capitolo più bello però riguarda La poesia, dove Borges riesce a raccontare cosa significhi per lui scrivere poesie mentre analizza complessi sonetti di Quevedo, di Dante, di Kipling e le poesie persiane di Hafez. Sembra di volare su un tappeto magico sotto il quale vediamo centinaia di anni di letteratura. Eppure lui ci ammonisce a non considerare la letteratura e la poesia da una prospettiva storica. Leggere poesia significa cercare un'emozione che nulla ha a che fare con la razionalità della sua collocazione storica. 

Quando i miei studenti mi chiedevano la bibliografia rispondevo: "Non importa la bibliografia; in fin dei conti Shakespeare non conosceva la bibliografia shakespeariana. Johnson non poté prevedere i libri che sarebbero stati scritti su di lui. Perché non studiate direttamente i testi? Se vi piacciono, bene, altrimenti lasciateli perdere. L'idea della letteratura obbligatoria è assurda, è come parlare di felicità obbligatoria. (p. 112)

Leggere significa amare. Ma non lo dice preso da un momento di estasi; ci dimostra invece con la potenza della sua cultura, perché la conoscenza è potenza e forza e intensità, quanto la sua affermazione sia profonda. E proprio la sua capacità di leggere gli ha permesso di sopportare la cecità che lo ha colpito trascinandolo in un mondo che lui racconta con originalità. Tutto di questo libro è Borges e nulla di ciò che leggiamo in queste conferenze ci può dare una definizione definitiva del grande scrittore argentino.  

Fulvio Caporale