La vita come presenza dell’altro e interazione tra le specie è la lezione degli alberi. “La natura che è in noi“ di Peter Wohlleben


La natura che è in noi
di Peter Wohlleben
Garzanti, 23 agosto 2024

Traduzione di Paola Rumi

pp. 240
€ 19,00 (cartaceo)
€ 11,99 (eBook) 


Non si tratta dell’umanità tra mille anni, ma delle persone che vivono su questo pianeta adesso. Ciò che facciamo alla natura, lo facciamo a noi stessi. (p. 62)

È da tempo ormai che si parla di cambiamento climatico, di innalzamento generalizzato delle temperature medie e del fatto che «la nostra casa è in fiamme» come recita il titolo di un fortunato libro della giovane attivista Greta Thurberg. Libri sull’impatto ambientale e le sue conseguenze sull’ecosistema invadono gli scaffali delle librerie con dossier, previsioni più o meno catastrofiche su quello che sarà la nostra amata (?) Terra in un futuro non tanto remoto, con prescrizione di rimedi futuristici forse scarsamente applicabili. Diciamoci la verità: il cambiamento climatico è una realtà innegabile, un problema noioso che vorremmo rimandare alle calende greche, forse siamo anche un po’ stanchi di sentirlo nominare… ma chi sa resistere a un libro di divulgazione che presenta la questione con un taglio inedito, con piglio accattivante e ammaliante e che ci dice che il rimedio è già insito in qualche modo nella natura stessa? Noi, essere umani, bipedi, mammiferi evoluti più degli altri, non siamo noi stessi parte della natura?

La natura che ci circonda è qualcosa di complesso e articolato da definire, come Peter Wohlleben, esperto di foreste, con alle spalle diverse pubblicazioni incentrate sugli alberi, sulla loro lezione di vita e le loro caratteristiche, insegna nel suo saggio La natura che è in noi. Ho adorato questo libro! L’ho trovato arricchente, stimolante, colmo di spunti di riflessione e ne ho apprezzato, a parte il linguaggio accessibile e affabulatorio, il respiro che l’autore ha conferito a tutto il volume. Ogni pagina è una miniera di informazioni, curiosità su animali, piante, osservazioni interessanti sulla nostra evoluzione, riflessioni su temi anche nuovi, come ad esempio la neuroteologia di cui non conoscevo, confesso l’ignoranza, neppure l’esistenza! Non c’è da annoiarsi. È una lettura coinvolgente, utile e sicuramente un insegnante della secondaria non resisterà alla tentazione di inserire qualche pagina del libro tra le dispense di Educazione civica da proporre ai suoi alunni e alunne nella sua programmazione.

Non siamo di fronte a un libro che si limita a parlare dell’impatto ambientale dell’uomo e delle sue attività - argomento super gettonato, come si è detto - ma, pur facendo delle dovute incursioni su questo tema, Wohlleben apre un dibattito molto articolato, evitando previsioni apocalittiche e ansiogene; figura piuttosto scenari realistici che aprono uno spiraglio alla speranza. L’autore indica soprattutto nell’ultima parte del libro i vari percorsi possibili e diverse soluzioni, sottolineando la necessità di combinarle tra loro, perché nessuna soluzione “ecosostenibile” da sola può sollevare il mondo da ciò che l’uomo ha fatto con la sua attività nel corso dei secoli. Wohlleben sottolinea con forza la necessità di una sinergia tra azioni e collaborazioni internazionali fattive che riescano a coinvolgere assolutamente anche quegli stati come India e Cina che inquinano più di tutti gli altri e che eludono o non partecipano del tutto ai diversi protocolli sull’ambiente e il clima. 

Il libro è diviso in tre corposi capitoli: nel primo l’autore ci invita a riflettere sull’appartenenza dell’uomo al mondo naturale, nonostante l’evoluzione che lo ha portato ad avere un cervello più grande e a dominare sulle altre specie animali e vegetali. Certamente, come recita lo stesso titolo del libro, anche l’essere umano fa parte di questo articolato e complesso sistema, ma come vi si inserisce? La vita esiste perché c’è soprattutto interazione tra le specie, quando i bisogni dell’uno non vanno ad alterare quelli dell’altro, ma è il caso di chiedersi, sostiene l’autore, perché mai l’uomo procede quasi ciecamente ad andare verso la propria estinzione? Noi siamo dei mammiferi che popolano il pianeta da circa 300.000 anni, ci siamo evoluti e non riusciamo ancora a dotarci, nonostante la nostra intelligenza, di quei meccanismi di regolazione naturale che hanno le altre specie. Primi tra tutti, gli alberi:

Una delle differenze tra uomini e alberi è che questi ultimi con l’aiuto di funghi, batteri, insetti e migliaia di altre specie, costruiscono ecosistemi stabili che innalzano difese contro i cambiamenti e sono in grado di instaurare relazioni che restano sostanzialmente uguali per migliaia di anni. I boschi mantengono in funzione il ciclo dell’acqua, rinfrescano l’aria durante l’estate e rendono sempre più fertili i terreni. Così le condizioni che permettono la loro sussistenza migliorano costantemente, finché un giorno non arrivano una glaciazione o il caldo estremo a mischiare di nuovo le carte. Noi, invece, sfruttiamo il pianeta a tal punto che le nostre fonti di sussistenza si deteriorano di continuo persino in condizioni climatiche ottimali e la nostra nicchia ecologica si riduce. […] L’homo sapiens è stato più volte sul punto di estinguersi, finché un giorno l’evoluzione non si è invertita e noi siamo diventati la specie dominante. (p. 8)

Siamo arrivati a una fase finale della nostra evoluzione? Siamo dei mammiferi autodistruttivi, ci estingueremo per lasciare spazio a nuove specie? In fondo la natura va avanti, perché sa trasformarsi e questa è la sua autentica carta vincente. Con questi interrogativi interessanti, l’autore nella prima parte affronta un ricco ventaglio di argomenti che toccano diverse tematiche e diversi rami della scienza: dalla paleologia alle neuroscienze, dalla biologia all’etologia. In questa prima parte ho trovato interessanti al massimo grado le pagine dedicate al parassitismo, ai virus e ai batteri e a quelle in cui lo stesso autore smonta il mito dell’equilibrio naturale.

Nella seconda parte, Wohlleben sempre prendendo il lettore per mano nella ricerca di una risposta a quegli interrogativi con cui ha iniziato il libro nella Premessa, si occupa di approfondire il tema del libero arbitrio e dell’intelligenza in relazione alla loro efficacia nella regolazione naturale dello stesso essere umano nel sistema natura, della manipolazione genetica e della questione dell’impatto demografico, introducendo anche una stimolante, per quanto anche scomoda, questione sull’elevato numero di anziani soprattutto nei paesi industrializzati e delle conseguenze che ciò comporta nell’amministrazione e nella politica di uno Stato.

Il nostro attuale comportamento in relazione alla nostra nicchia ecologica, all’eccessivo sfruttamento della natura e alla distruzione dei nostri mezzi di sussistenza è modellato da istinti che ci hanno permesso di sopravvivere all’età della pietra. Prendi tutto quello che puoi, più è meglio è - ciò che allora era necessario, in combinazione con le possibilità offerte dalla civiltà, ci ha portato in un vicolo cieco. Per mettere un freno a questo comportamento avido, un tempo positivo ma ora distruttivo, dovremmo riuscire a superare i dettami dei nostri istinti. (p. 104)

Ho trovato davvero stimolante questa parte del libro perché l’autore parla dell’intelligenza, ma anche della coscienza e del nostro subconscio. Come è facile arguire, La natura che è in noi è un libro ricchissimo di spunti, alcuni dei quali meriterebbero un’opera a parte. Forse qualche lettore più pignolo potrebbe trovare l’opera piuttosto dispersiva, ma secondo me sono proprio la ricchezza dei contenuti e il loro innegabile potere di coinvolgere il punto forte del libro. Trovo che questa ricchezza sia funzionale allo scopo che l’autore si era prefissato dall’inizio e cioè riuscire a farci comprendere quanto l’uomo abbia lottato per evitare tantissime volte l’estinzione durante il suo percorso evolutivo e che probabilmente dovrebbe ancora fare un ulteriore passo in più, attraverso la sua intelligenza e la collaborazione internazionale, se vuole davvero continuare a esistere  più a lungo possibile sul suo pianeta verde. I rimedi, i possibili percorsi indicati in tutta la loro complessità e necessità sono oggetto della terza e ultima parte del libro. In quelle pagine non si trattano i soliti argomenti già triti come lo sfruttamento di energie alternative - a proposito c’è un pensiero illuminante  e saggio di Wohlleben sull’eolico, una questione scottante di cui si parla ancora nel nostro Paese - ma di soluzioni anche creative e all’avanguardia che probabilmente saranno oggetto di interesse nei prossimi anni. Speriamo di rimediare prima che sia troppo tardi!

La parola chiave è «trasformare»: gli alberi non hanno distrutto l’habitat per perseguire i propri interessi, al contrario lo hanno migliorato a loro favore fondendosi con milioni di altre specie per formare le foreste. […] Se vogliamo imparare dagli alberi, dobbiamo concedere a queste creature selvatiche che sono nostre compagne sulla Terra più spazio, più opportunità di ricostruire e mantenere il loro, e quindi il nostro, habitat. Dobbiamo riconoscere che viviamo ancora in una sorta di comunità con gli alberi, che da loro traiamo beneficio, e che quindi dobbiamo anche dare qualcosa in cambio. (pp. 211-212)

 Impariamo a essere prima di tutto riconoscenti.

Marianna Inserra