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Benito Bernal: cronaca di un perdente tra astinenza, innamoramento e paura del sesso. Santiago Lorenzo, "La voglia"

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La voglia
di Santiago Lorenzo
Blackie Edizioni, settembre 2024

Traduzione di Elisa Tramontin

pp. 224
€ 19,90 (cartaceo)
€ 11,99 (e-book)

Benito pativa le sue voglie, la sua invidia, la sua gelosia illegittima. Pensava sempre la stessa cosa: Un sacco di sbattimento per prevenire il deteriorarsi del legno ma qui quello che marcisce sono io. Quanto sarebbe stato meglio inventare un rimedio che non facesse marcire me, piuttosto che uno da iniettare in una pala d'altare. Sulla banchina di Chamartín, una ragazza si strappò con i denti un pezzettino d'unghia e lo regalò al suo amico perché lo mangiasse. (p. 39)

Santiago Lorenzo, già autore per Blackie di altri due romanzi di successo, Gli schifosi e I milioni, torna con una storia tragicomica che riprende il tono e le tematiche dei due precedenti: Madrid, personaggi picareschi, una profonda analisi del senso della vita nascosto dietro la frivolezza e un taglio stilistico giocoso, farsesco. 
La voglia
non fa eccezione: siamo di nuovo a Madrid, a cavallo tra il 1999 e il 2000; Benito è un uomo sulla trentina, il classico tipo che potremmo definire perdente. Non è bello, non è simpatico, non ha successo con le donne, è single e ha una catapecchia per casa; l'unica cosa che sembra essergli riuscita nella vita è isolare un composto chimico (di mestiere fa, per l'appunto, il chimico) che pare rigenerare come per miracolo il legno, e che ha avuto la geniale idea di chiamare cacardio.

Ora, già questa scelta da parte del protagonista - e dell'autore - ci dà la misura del tono del romanzo. Benito ha una sorella amatissima, Teresa, con la quale condivide gioie (poche) e dolori (molti). Uno su tutti: lo spettro dell'astinenza. Benito non ha un rapporto sessuale da tre anni e ne è ossessionato: il primo terzo del romanzo è difatti una cronaca dell'astinenza, una descrizione minuziosa di ogni istante in cui l'uomo sembra accartocciarsi su se stesso perché muore dalla voglia di fare l'amore ma non può. Le donne non "se lo filano" e lui è un perfetto imbranato.

Benito quindi si divide tra il tormento della castità forzata e la rabbia per "i tizi di Bristol", un'azienda che dovrebbe firmargli un contratto per l'acquisizione del cacardio ma latita da un bel pezzo. Finché, miracolo dei miracoli, grazie a un collega gentile, Benito non fa la conoscenza - prima virtuale e poi fisica - di un angelo, Maria. Da una cronaca dell'astinenza quindi, l'autore ci porta in una cronaca dell'innamoramento: Benito e Maria si innamorano l'uno dell'altra, di un amore dolce, perfetto. Sembrano fatti l'uno per l'altra. Ma come spesso accade quando si vuole ardentemente qualcosa, quando arriva il fatidico momento di portare Maria all'agognato letto, Benito fallisce. E per un motivo ben preciso.

María era esattamente uguale a Teresa. Identica a sua sorella, Teresa Bernal Ruiz. Con un altro taglio di capelli, altri indumenti, altri modi forse. Ma proprio sputata. Se si fossero messe una di fronte all'altra, pensò Benito in un secondo, ognuna avrebbe riconosciuto nell'altra l'immagine che le restituiva lo specchio del bagno, la carta fotografica, la vetrina del negozio, il video della gita, la caricatura più o meno azzeccata, il cucchiaio davanti alla faccia per divertirsi con le deformazioni della concavità. Anche la loro morfologia fonica doveva essere la stessa, perché la parola pronunciata risuonò per il fratello Bernal uguale alla voce, il tono e il timbro della sorella Bernal. Benito fu pervaso da una paura raccapricciante. Aveva auspicato il momento del dover polvare con María. Ma ora con che faccia, con che voglia, con che pisello poteva polvare Benito con una donna che era spiccicata a Teresa. La consanguineità virtuale l'aveva aspettato al varco negli ultimi mesi, rannicchiata, in agguato, per bombardarlo con la più grande aberrazione che l'abortito amante avesse mai dovuto affrontare. (p. 71)

Maria è identica a sua sorella. L'idea di portarsela a letto lo atterrisce. Quindi dal momento in cui si incontrano, la coppia attraverserà dei momenti di crisi - perché Maria vorrebbe tantissimo fare l'amore con Benito (oppure, come dice lui stesso nel romanzo, polvare) - ma lui non ce la fa. Vi saranno ovviamente dei colpi di scena successivi, che non svelo, che faranno capire a Benito che il problema non è tanto la morfologia della sua amante e di sua sorella, ma quella dei suoi pensieri. C'è in questa rappresentazione dell'uomo inconcludente, e nell'insistenza delle persone che lo circondano, una velata critica sociale: l'uomo deve essere sempre performante, macho, deve essere pronto. Non è contemplabile che una donna gli si offra e lui dica no, a prescindere dalle motivazioni. Tutti rimproverano Benito per la sua latitanza: com'è possibile passare tre anni di astinenza dal sesso e poi, quando si ha il frutto a portata di bocca, non morderlo?

Dubbio comprensibile, ma trovo che l'autore abbia fatto una cosa importante: raccontare la difficoltà di un uomo normale, comune, che non ha quai nulla di straordinario, a rapportarsi con l'altro sesso (nel senso letterale del termine). Benito sarà anche uno "sfigato", agli occhi di molti, ma lo è come tanti di noialtri. Dunque molto facile empatizzare col suo personaggio, anche se può essere sicuramente esasperante (farà qualcosa con una certa Yureni, un'acchiappa polli, che vi farà andare su tutte le furie). 

Mi è piaciuto molto lo stile di Santiago e la sua ricerca nella scelta delle parole: originale, divertente, tragicomica (un esempio. per evitare di dire "scopare" Benito e sua sorella diranno "fornicaglia", "copulaccia", "copulera", "impollinare"). 
Ne consiglio la lettura a chi ama i romanzi svelti, leggeri, che fanno ridere, ma in fondo nascondono personaggi molto umani e vicini a noi.

Deborah D'Addetta