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"Il cuore dell'uragano. Lettera a un Ministro dell'Istruzione sulla scuola che meritiamo": confessioni di un docente ancora umano

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Il cuore dell'uragano. Lettera a un Ministro dell'Istruzione sulla scuola che meritiamo
di Alfredo Palomba
Bompiani, settembre 2024

pp. 320
€ 18,00 (cartaceo)
€ 11,99 (eBook)


Il rapporto umano con gli studenti è per me non solo fondamentale, è un imperativo assoluto: senza, mi sembrerebbe di svolgere un lavoro d'ufficio qualunque e ne soffrire come un cane. Sono però fermamente convinto che la parte umana non debba togliere spazio a quella formativa, e la parte formativa prevede scadenze, fatica, continuità, impegno, pretese da parte mie e onestà di fondo. Una grande conquista in termini di responsabilizzazione. (pp. 82-83) 
 
La narrazione sulla scuola italiana oggi tende a polarizzarsi in due archetipi: uno che ha come capostipite il libro Cuore di De Amicis, che è quello degli studenti assetati di conoscenza, guidati da insegnanti colti e sostenuti da famiglie partecipi; l'altro è quello che Alfredo Palomba chiama il "buco nero", secondo cui la scuola tende a essere aziendalizzata, gli insegnanti sono una categoria screditata, indebolita da troppe responsabilità e da stipendi troppo bassi, e in balia di studenti sfrenati, famiglie iperprotettive e arroganti e un governo dedito solo a ridurre e imporre una burocrazia sempre più pervasiva. 

Era il 17 ottobre 1886, un primo giorno di scuola, quando l'editore milanese Emilio Treves fece uscire nelle librerie Cuore, che da subito ebbe grande successo, tanto che in pochi mesi si superarono le quaranta edizioni e ci furono traduzioni in decine di lingue. Il libro fu molto apprezzato anche perché ricco di spunti morali attorno ai miti del Risorgimento e dell'Italia postunitaria. Con un linguaggio accessibile a tutti si cercava di raccontare un sistema di valori comuni che oggi ci appaiono lontanissimi e non così ammirevoli come potevano sembrare agli occhi dell'autore (chi vorrebbe leggere un libro e trovarci degli ordini? Chi vorrebbe sentirsi dire come comportarsi per ricevere il bonus "bravo ragazzo?). Con il suo romanzo di formazione De Amicis ci teneva ad agire sulla realtà del tempo per renderla migliore, ci mostra apertamente e chiaramente qual è stato il tempo in cui ha vissuto, proiettandoci dentro una mentalità e davanti a costumi che, senza opere come questa, sarebbero presto dimenticati o archiviati come mai esistiti. Certo è che Cuore è molto più complesso di quanto all'apparenza possa lasciarci credere la narrazione di un diario tenuto da un alunno! Significati quali il sentimento nazionale verso un Paese da costruire e da difendere; l'idea di una società che è ben suddivisa in classi sociali il cui ordine è fondamentale per mandare avanti il paese che ha bisogno dell'operaio, così come ha bisogno del banchiere; il sacrificio e la rinuncia a desideri individuali in virtù di un bene sociale e comune: tutto concorre a costruire Cuore sull'urgenza dei "buoni sentimenti" necessari all'interazione tra borghesia e ceti subalterni, utili per segnare l'intero percorso del testo dove tutto è predisposto per convincere il protagonista del racconto a smettere di essere un bambino, di farsi uomo, degno delle affettuose aspettative dei genitori, delle nobili attese della Patria e dello stesso consorzio umano.

Ne Il cuore dell'uragano. Lettera a un Ministro dell'Istruzione sulla scuola che meritiamo, Alfredo Palomba si rende conto di essere lontano anni luce da quegli ideali da Italietta postunitaria, realizzando di trovarsi, invece, al centro del ciclone, in un punto privilegiato da cui guardare le cose. L'uragano è tutto intorno, e se con fatica ne si ascolta i battiti impercettibili, si è capaci di raccontarne le macerie e anche la straordinaria vitalità. Ogni dettaglio per un docente precario diventa prezioso, dalle fatidiche GPS che come pedine si apprestano a posizionare i nuovi e vecchi giocatori, alle vite piene di difficoltà di allievi che avrebbero bisogno di interventi di mediazione linguistica e sostegno psicologico per essere messi in condizioni di apprendere. Quello dell'autore non vuole essere un saggio nozionistico, né la Bibbia sacra dei buoni consigli, ma una raccolta di storie, di nomi, di fatti realmente accaduti che permettono al lettore ma soprattutto a chi fa questo mestiere di riconoscersi in quell'umanità che poco a poco sembra svanire da ogni comparto scolastico, e per citare il precedente romanzo di A. Palomba - Quando le belve arriveranno - forse poter essere più pronti. 

Narrare, raccontare, ascoltare la narrazione dell'altro che si esprime attraverso una pluralità di linguaggi, sono tutte attività che consentono di educare (nel senso originario del termine) e apprendere. La tradizione narrativa e i suoi saperi incontrano quotidianamente l'educazione: ogni giorno, i luoghi dell'educazione offrono l'opportunità di raccontare, o raccontarsi, parlare di sé o degli altri. Il potenziale formativo e accrescitivo della narrazione scaturisce dall'incontro tra narrazioni, oltre che dalle esperienze di vita, all'interno di una relazione educativa significativa. E quale miglior luogo se non l'aula scolastica come luogo del futuro? L'educazione, intesa come attività di trasmissione di valori, di conoscenze, di comportamenti, si serve della narrazione come strumento privilegiato. Quindi, raccontare educa. Ma affinché ci sia scambio reciproco è fondamentale che dall'altra parte ci sia un docente emozionante ed emozionato, che prima di iniziare a fare il proprio lavoro e di conquistare la curiosità e l'attenzione dei ragazzi, provi a farsi accettare come persona degna di fiducia:

Credo che la scuola abbia confuso anni da l'attenzione per lo studente con la totale resa allo studente. tutto viene interpretato come punizione e mai come conseguenza di un'azione. Così non si educa nessuno. Si accetta qualunque male. (p. 95) 
 
Accendere un fuoco non è facile, non basta benzina e il soffio di vento dalla propria, servirebbe il segreto per la sua durata. Smuovere coscienze, agitare gli animi, educare al pensiero critico e narrativo sono le basi per un insegnamento che possa distaccarsi da un approccio metodico e frontale, per favorirne uno empatico e formativo-emozionale. C'è chi inizia per caso, chi per opportunità, chi per passione, chi per mettersi in gioco ma è pur vero che a imparare ci vuole pazienza, per insegnare serve coraggio: quando crolla un insegnante non è solo una persona a cadere, è una scuola intera. È una crepa di quella narrazione positiva che si allarga e diventa ferita profonda, in cui la classe diventa sveglia, sensibile al pericolo e ai vuoti degli altri. 

Il cuore dell'uragano. Lettera a un Ministro dell'Istruzione di Alfredo Palomba è la lente di ingrandimento su tutto questo: alti e bassi, momenti di rabbia e frustrazione e momenti quasi mistici in cui  tutto va come deve andare. E l'autore ce lo racconta in una prosa diretta spesso evocativa, intrecciando nella narrazione riferimenti letterari che vengono utilizzati come chiavi di lettura della realtà, un lavoro che è un diario, una lettera, un romanzo, un saggio e un racconto di cronaca insieme. Un'opera che incessantemente si pone la domande più attanagliante per l'essere umano: "sto facendo la cosa giusta?". Ma abituarsi a non sapere significa anche mettersi, costantemente, nella posizione di sperimentare il cambiamento e il nuovo in arrivo, provare a ritornare ad Itaca - come dice l'autore stesso - attraccare la nave e deporre le armi.

Serena Palmese