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La scoperta del nudo e del desiderio nella vita come nell’arte: "Tre notti della vita di Berthe Morisot" di Mika Biermann

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Tre notti nella vita di Berthe Morisot
di Mika Biermann
L’Orma editore, 25 ottobre 2024

Traduzione dal francese di Chiara Licata

pp.120
€ 13,00 (cartaceo)
€ 9,99 (eBook) 


Gli occhi saltano dalla tela al giardino, dal giardino alla tela. Due mani per tre pennelli; un giocoliere, un chi­rurgo, un parrucchiere non saprebbero fare di meglio. Sulla tavolozza i colori si fanno la guerra, orde di soldati si scontrano, è un bagno di sangue. L’artista sente di avere l’anima d’un generale. […] Lavora, combatte, guadagna un lembo di cielo, un po’ d’aria fresca, un po’ di profondità. Ogni pennellata ne chiama un’altra. A ogni momento si può cadere nel vuoto, infilarsi in un vicolo cieco, far cadere troppo sale nella zuppa: non c’è da stupirsi che questo mestiere non attiri le folle. Con­ centrazione! (pp. 25-26)

La protagonista del secondo volume della trilogia di biografie d’artista di Mika Biermann, edita dalla casa editrice l’Orma, è una pittrice irrequieta, ribelle: Berthe Morisot. Su di lei probabilmente sappiamo ben poco rispetto a van Gogh, che lo scrittore aveva trattato nel suo primo libro, ma nella scrittura come nella pittura «l’arte è fare delle scelte» (p. 25) e Biermann ha fatto la sua. Le biografie che scrive sono assolutamente sui generis, sono delle selezioni di momenti significativi della vita dell’artista di cui ha scelto di parlare, in questo caso tre notti  nella vita della pittrice Morisot. Le sue scelte narrative sono come dettagli nelle fotografie o nei dipinti, cioè dei particolari, un lembo dell’opera d’arte che, sottolineati con cura, possano suggerire un particolare determinante per comprendere l’intera opera.

Biermann ha scelto di parlare di una donna, in particolare di una pittrice che per tutta la vita ha dovuto lottare per affermare la propria arte e il proprio sguardo femminile sul mondo, in un’epoca in cui l’arte era un luogo esclusivo per soli artisti maschi e alle donne era concesso dipingere solo per diletto, in attesa di abbandonare i pennelli per il matrimonio. È stata coraggiosa quando ha deciso di partecipare come unica donna alla mostra indipendente dalle istituzioni tenutasi nel boulevard del Capucines, ha dovuto subire insulti e pregiudizi maschili, ha sfidato le convenzioni e sua madre che la considerava pazza.

Scartando quella parte di biografia di Morisot in cui si è detto tutto e il contrario di tutto sulla sua liason con Édouard Manet, fratello di Eugène che lei sposerà poi a trentaquattro anni, Biermann sceglie una tematica ben precisa: la scoperta del nudo e del desiderio femminile, che avviene in tre momenti fondamentali della vacanza col marito lontano dai lustrini e dal caos parigini. 

Concentrato in poche pagine, Tre notti nella vita di Berthe Morisot presenta, sin dai primi passaggi, i personaggi determinanti ai fini narrativi: la giovane cuoca tuttofare Nine e  il curato con le sue maldicenze sulle donne artiste e i suoi viscidi elogi alle opere del grande Édouard, in particolare alla scabrosissima Olympe. Si tratta sicuramente di scelte oculate e funzionali al progetto e, come anche per il primo volume Tre donne nella vita di Vincent van Goghl’autore ha voluto immortalare con la sua penna momenti reali della vita dei protagonisti con alcune parti in cui si è divertito a ricorrere alla sua immaginazione (e qui  confesso che qualche scelta inventiva mi ha lasciata perplessa, ma è un mio parere personale). Lo stile è sempre quello che ho riscontrato nel primo volume: evocativo, lirico, elegante anche quando è più crudamente realistico. È impressionante come Biermann trasformi la sua stessa penna in un pennello, rendendo le parole colori e immagini vivi e vibranti, al punto da far sentire il lettore immerso nei paesaggi assolati, presente davanti alla tela nervosamente lavorata da Berthe Morisot accesa dal sacro fuoco della creazione artistica.

La tela è bianca; il giar­dino è a colori. Berthe lascia cadere piccole virgole di vernice sulla tavolozza. Blu, bianco, rosso, verde, giallo, ocra. Ammira l’ordine che vi regna, ogni colore luccica come un occhio. Adora le promesse, teme il fallimen­to. Non c’è bisogno di disegni preparatori. Prende una pennellessa. La tela è in ombra, la sua testa al sole: indossa la paglietta di Eugène. Il giardino è spaventoso, il profluvio di dettagli crea un’immagine confusa. Berthe cerca di rilassarsi. Cerca di prestare ascolto. Molteplici canti, infinite possibilità, una maledetta cacofonia. Do­vrà fare delle scelte. L’arte della pittura è questo: fare delle scelte. La pennellessa schiaccia la noce di ocra, Berthe alza il braccio e macchia la tela. Un edificio crolla, una barca lascia il molo, una mongolfiera spezza le funi. Quella tela non sarà mai più bianca. Berthe è invasa da una sana rabbia. Aggiunge qualche tocco a caso, l’importante è prendere tempo, prendere il lar­go. Poi si ferma, le braccia ricadono lungo i fianchi, ha voglia di piangere, come durante la prima notte di nozze. Ride, disegna il tronco del tiglio. Bisogna pur gettare l’ancora da qualche parte. (pp. 25-26)

Ogni giorno e ogni notte un’avventura da raccontare. A discapito di ciò che ha detto Armand Fourreau, nella sua biografia della celebre artista (1925): «Vita avvilente per un biografo affamato di avventure, avido di eccitazione, alla ricerca di avvenimenti patetici o anche soltanto di aneddoti pittoreschi...» (esergo a p. 7), Biermann ha dato spazio alla curiosità e allo spirito intraprendente della giovane pittrice: il rischioso bagno nuda davanti al marito in un villaggio sconosciuto con ragazzini spioni dietro ogni arbusto, la richiesta a Eugène di vederlo per la prima volta nella sua nudità, la scoperta del piacere femminile dopo mesi dalla prima notte di nozze, e… anche altro che preferisco lasciare scoprire al lettore.

Allora guarda Berthe svestirsi. Togliersi il bustino. Di­sfare i lacci dei mutandoni che le scivolano sulle cavi­glie. Il viso è pallido come la biancheria ai suoi piedi. Fa un passo di lato, scavalca il cerchio di stoffa e resta in piedi sulla riva, le braccia penzoloni. Di Parigi le resta soltanto il nastro intorno al collo. Sa che suo marito non l’ha mai vista così. Entrambi hanno visto un gran numero di donne nude. Ci sono più culi al vento in un museo che in un bordello del porto il giorno dell’armistizio. […] Il nudo è dappertutto, tranne che nella vita. In città le donne si infilano nella vasca con la camicia addosso. In camera da letto le candele sono sempre spente. In spiaggia le signore sono costrette a cambiarsi in cabine anguste. (pp. 34-35)

Vita e arte intrecciate di pari passo, la necessità di esperire il nudo nella sua realtà in un’epoca in cui alla donna era vietato guardare uomini nudi anche in forma di statue al museo. Ho trovato straordinario il cammeo sulla favola di Amore e Psyche che Biermann con la sua inconfondibile eleganza e delicatezza ha saputo inserire nella seconda notte della storia e che troviamo nella splendida immagine di copertina che riporta l’opera Davanti alla Psyche dipinta da Morisot.

Marianna Inserra