Di manipolazione, arte e femminismo: «Gaslighting» di Hélène Frappat



Gaslighting. Contro la manipolazione
di Hélène Frappat
traduzione di Marina Visentin
Neri Pozza, settembre 2024 

pp. 256
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook) 

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Il gaslighting è il crimine perfetto, a patto di far credere che la vittima non sia mai esistita, e di far credere anche alla vittima che lei non è mai esistita. (p. 37)

Per comprendere appieno questo libro è necessario partire dalle definizioni. Gaslighting è infatti un termine complesso, che nasconde un concetto ancor più complesso. Parola dell’anno 2022 secondo la Merriam-Webster, la sua definizione è:

Manipolazione psicologica di una persona, solitamente attraverso un lungo periodo di tempo, che porta la vittima a dubitare della validità dei propri ragionamenti, della percezione della realtà e/o dei ricordi e conduce a confusione, perdita di fiducia e stima di sé, incertezze riguardo la stabilità mentale o emotiva e dipendenza dall’autore del reato. [traduzione dal sito dell’autore]

Hélène Frappat ci mostra come l’origine di questa parola risalga a un film del 1944 di George Cukor, con Ingrid Bergman e Charles Boyer, intitolato appunto Gaslight e tradotto in italiano con Angoscia. Il "gaslight" che avviene nel film è l'abbassamento delle luci a gas da parte del marito della protagonista, Gregory, nel tentativo di far dubitare la donna, Paula, di aver compiuto lei queste azioni. Il film conduce tutta la narrazione del saggio, dalle prime pagine e fino alla conclusione. È proprio dalle scene di Gaslight infatti che Frappat prende spunto per analizzare la relazione fra il manipolatore Gregory Anton/Charles Boyer e la vittima Paula Alquist/Ingrid Bergman, e da qui partire per una disamina più completa del concetto stesso, dei modi in cui avviene la manipolazione, delle conseguenze psicologiche sulla vittima. Frappat estende poi il discorso, partendo dal cinema e passando per la psicologia, arrivando a una cornice sociologica, politica e infine ideologica. Il gaslighting è infatti una forma di manipolazione subdola che, come leggiamo nella definizione, porta la vittima non solo a dubitare di se stessa ma anche a essere dipendente dal manipolatore: è il concetto di verità a essere messo in dubbio e, poiché è il manipolatore a tenere fra le mani lo scettro della realtà, a lungo andare tutto il mondo della vittima crolla, comprese le regole che riguardano ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Estensivamente, afferma Frappat, è ciò che accade in ambito politico sotto le dittature, nelle quali la verità è ciò che viene enunciato dal leader supremo.

Frappat spazia fra diversi ambiti: parte dal cinema, si è detto, tocca la psicanalisi di Freud e scava nella tradizione filosofica e artistica occidentale per mostrare come il fenomeno del gaslighting non sia fatto recente ma attraversi tutta la storia umana. È soprattutto sul rapporto uomo/donna che l’autrice si sofferma, volendo evidenziare come questo sia una storia di sottomissione e manipolazione, col tentativo neanche troppo celato dell’uomo di prevalere sulla donna, spesso convincendola di essere sbagliata e inferiore. Le origini di tale comportamento risalgono almeno all’antichità greca: già in Aristotele, secondo Frappat, possiamo leggere i tentativi di distinzione qualitativa fra uomo e donna, ovviamente a discapito di quest'ultima. Da Aristotele a Freud e al Novecento, il passo è più breve di quel che si possa pensare.

Il testo di Frappat offre diversi spunti interessanti. L’analisi del film di Cukor è approfondita e invoglia il lettore che non l’ha visto a concedersi due ore per gustarsi una pellicola dall’alto valore artistico, o a rivederla sotto un’ottica diversa. Anche l’analisi dei miti greci è curiosa, soprattutto se rapportiamo le vicende di Cassandra e Antigone – per citare solo due esempi – ai giorni nostri: Cassandra, fornita del dono della veggenza e al contempo impossibilitata a essere creduta, assume la voce di tutte le donne messe a tacere dal dominio maschile; Antigone, eroina che si ribella alla dittatura di Creonte, diviene simbolo del femminismo più feroce. Meno efficaci sono invece i passaggi in cui l’autrice si districa fra sillogismi e logica, così come i momenti in cui tenta di coniugare la psicanalisi freudiana con l’arte cinematografica: qui le argomentazioni sembrano perdere solidità e il rischio, da lettori, è di venire coinvolti in voli pindarici che non sembrano giungere ad alcunché di conclusivo.

Gaslighting è dunque un testo notevole, che spazia in diversi settori e mette a nudo dinamiche di potere e atti manipolativi in cui tutti rischiano di venire coinvolti. La trasversalità del fenomeno è talmente ampia che risulta quasi un peccato – una vittoria parziale, diciamo – il tentativo di Frappat di ricondurre il tutto all’interno di una cornice femminista che insiste fin troppo sulla manipolazione e il dominio dell’uomo sulla donna. Il gaslighting è, in fin dei conti, un fenomeno universale.

David Valentini