di Giuseppe Berto
Neri Pozza, settembre 2024
E se la soluzione per risolvere la tanto annosa Questione meridionale consistesse nel portare il popolo del Sud Italia... su un altro pianeta? Vi assicuro che quel che sembra strampalato detto così ne La fantarca, romanzo breve di Giuseppe Berto, assume un suo senso: certo, politicamente scorretto e irriverente, provocatorio e fantascientifico al di là della comune immaginazione.
L'opera, uscita per la prima volta nel 1965, mostra apertamente quanto Berto sia una voce fuori dal coro della letteratura a lui contemporanea, e pure quanto lo abbiano influenzato letture fantascientifiche e distopiche molto in voga nel mercato editoriale dell'epoca, come ricorda anche Diego De Silva nella sua spumeggiante prefazione.
A colpirci ancora oggi è la fantasia sarcastica con cui un'astronave ormai un po' vecchiotta, la Speranza n. 5 (dal nome parlante), diventa una specie di arca di Noè per portare milletrecentoquarantasette meridionali su Saturno nel 2160. La compagnia di umani e di animali a bordo è a dir poco variegata e spassosa, a cominciare dal comandante Don Ciccio, che è tutto fuorché l'astronauta eroico dell'immaginario comune. Tra i passeggeri, c'è chi si vuole arricchire portando su Saturno chili e chili di sale, chi sogna di sedurre e sposare il comandante, chi si imbarca a pochi giorni dal parto, chi viaggia con la sua fisarmonica e con altri buffi compagni. Questi sono solo alcuni dei tanti passeggeri su cui la penna di Berto si diverte a posarsi, mostrando piccoli vizi e viltà umane, aspettative più o meno realizzabili per il futuro e pretese di comodità per quel presente ben poco agevole.
Sono proprio le avventure di viaggio della Fantarca a divertire di più il lettore, perché tanti problemi garantiscono colpi di scena inattesi, a cominciare dal fatto che da chilometri di distanza dalla Terra si assiste all'inizio di un'attesa e temutissima guerra mondiale tra i due blocchi in cui il nostro pianeta è stato diviso. Persino la Fantarca subisce scossoni e perdita di quota, in seguito agli attacchi nucleari che sulla Terra stanno facendo piazza pulita degli avversari, comandati da macchine praticamente identiche e da governi che hanno passato anni a screditare il blocco nemico, esaltando con slogan martellanti il proprio operato.
I viaggiatori non sanno che fare e soprattutto si chiedono se non siano ormai gli ultimi superstiti della Terra, ma la risposta tarda ad arrivare. E i bivi etici a cui si trovano davanti i passeggeri e i membri dell'equipaggio sono tantissimi, ma Berto provvede sempre a stemperarli con un sorriso, una battuta che dimostra la pochezza di un personaggio o l'egoismo e il desiderio di potere di un altro.
Persino in una situazione estrema, con i viveri liofilizzati e contati, persino con una guerra mondiale che rischia di aver distrutto la vita sulla Terra la stupidità umana è dilagante, viene da pensare. Ma nel romanzo c'è anche quella capacità di far fronte all'impensato che è una caratteristica tipica dell'uomo, e dunque a qualche soluzione si arriverà. Non certo alla più scontata.
Benché in qualche parte La fantarca lasci intravedere il peso dei suoi anni, perlopiù la lettura fila spedita e sconvolge il lettore moderno perché all'epoca di Berto l'autocensura non esisteva proprio, si poteva scrivere con tutta l'irriverenza che si voleva sapendo che, dall'altra parte, non si sarebbe stati fraintesi sui propri obiettivi, a cominciare dalla satira fino ad arrivare al divertimento.
Detto questo, immagino che anche all'epoca della pubblicazione sia servito un certo coraggio all'editore, sebbene Berto fosse già un nome noto; così la Rai ha corso un bel rischio nel trarre l'anno dopo un'operetta con le musiche di Roman Vlad e con un libretto curato dall'autore stesso. Che dire di oggi? Oggi ringraziamo la casa editrice Neri Pozza che sta riproponendo a catalogo l'opera di Berto e di anno in anno torna a rendere disponibili opere così lontane dal mercato editoriale da risultare inevitabilmente molto moderne. D'altra parte, gli anni in cui Berto scriveva accettavano le provocazioni, così come gli autori erano avvezzi alle dispute letterarie e forse si cercava meno l'approvazione ad ogni costo. Si cercava e si rivendicava, mi pare, molto più di oggi la libertà di scrivere fuori dagli schemi.
GMGhioni
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