«Sono un cronista dell'anima che ama la scrittura, e la poesia dell'esistere»: intervista a Giuseppe Conte, sul suo nuovo "Nessuno può uccidere Medusa"


Nessuno può uccidere Medusa
di Giuseppe Conte
Bompiani, 18 settembre 2024

pp. 272
€ 17,00 (ebook)
€ 10,99 (ebook)


Crescere significa affrontare prove complesse, alcune delle quali marchiano a fuoco e rischiano di intrappolare per sempre in una pericolosa spirale autodistruttiva e vendicativa: la giovane Amedea, detta "Med", protagonista del nuovo romanzo di Giuseppe Conte, Nessuno può uccidere Medusa (Bompiani, settembre 2024), finisce per diventare l'ossessione malata di un ricco imprenditore. Poco contano i suoi "no", il fatto che Med abbia da poco scoperto di provare sentimenti per la sua amica Esmeralda, di cui invece Vittorio ha chiesto la mano. In questo triangolo inatteso, sghembo e pericoloso solo Med ed Esmeralda ricambiano i sentimenti che una prova per l'altra; eppure nessuno sembra badare - manco le famiglie - a ciò che sta succedendo. Med ed Esmeralda sono sole con un destino che sembra ormai scritto. E ciò che colpisce Med è quanto di peggio si possa immaginare. Come reagire? Come sopravvivere? E come rinascere? Med non subirà lo stesso destino di Medusa; no, lei ha deciso di ribellarsi a ciò che sembra una storia già scritta. Solo la seconda parte del romanzo darà risposta alle nostre domande, dopo pagine in cui emerge la forza dell'odio, accompagnata da un cieco desiderio di vendetta. Ma forse non è neanche questo il punto d'arrivo definitivo per Med: non il destino, ma lei ha in serbo qualcosa di diverso per il suo futuro. E per scoprirlo ci immergiamo in una narrazione non scontata, con personaggi che placano solo parzialmente la solitudine della protagonista, in un mondo che è sordo a tante grida d'aiuto. 

Visti i tanti livelli di lettura di questo romanzo, abbiamo chiesto a Giuseppe Conte di rispondere ad alcune domande e lo ringraziamo per la disponibilità e la generosità nelle risposte.

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La mitologia è molto presente nel suo nuovo romanzo già a partire dal titolo, Nessuno può uccidere Medusa. Di pagina in pagina, appare sempre più chiaro che non si tratta solo di un omaggio: qual è il rapporto che lega celebri episodi mitologici alla sua storia? 

La presenza del mito è antica in tutta la mia opera, narrativa, saggistica e poetica. Sono stato il primo a rileggere il mito e a ispirarmi ad esso quando sembrava del tutto dimenticato in Europa. In Nessuno può uccidere Medusa il mito diventa sostanziale, nel senso che sono archetipi mitici a rivivere nei personaggi contemporanei che il romanzo mette in scena. Il procedimento è quello seguito da D. H. Lawrence in Women in love, dove ogni personaggio è animato dalla energia di elementi primordiali. Il mio libro si può leggere anche senza conoscere il mito antico di Medusa. I personaggi contemporanei lo fanno rivivere, lo incarnano, lo distorcono, misurano con esso il proprio destino. 

Nel suo Dante in Love, di cui abbiamo parlato anche in un'intervista su YouTube nel 2021, era chiara la critica al presente, caratterizzato da un sostanziale impoverimento culturale e linguistico. In Nessuno può uccidere Medusa, ambientato a partire dal 2004, quali aspetti degli anni Duemila destano maggiore preoccupazione? 

Continuo a pensare che la letteratura sia una critica del mondo presente, non un suo megafono. Critica del presente con un occhio utopico a un futuro più umano e felice. Quali sono le mie preoccupazioni: presto detto, la prima e più importante è l'affermarsi di una ideologia mascherata in cui l'unico valore che conti è l'economia, con la vita di un essere umano ridotta a produzione, efficienza, consumo, denaro: la caduta a picco della cultura umanistica ha un riflesso apocalittico, tutto diventa macchina, robot. Altra preoccupazione che discende da questa è la violenza sulla natura e la violenza sul femminile, altra ancora l'ingiustizia feroce contro i deboli, sia individui, sia popoli. 

Foto di © Dino Ignani
Riproduzione autorizzata dalla casa editrice
La protagonista del romanzo, Amedea, chiamata da tutti “Med”, è una ragazza avvenente, a cominciare dai capelli ricci decisamente sorprendenti. Come nel suo romanzo precedente, è però piuttosto sola: nonostante abbia due sorelle, Amelia e Amanda, non si sente protetta dall’ambiente familiare, da cui cerca di smarcarsi fin dall’inizio della narrazione. D’altro canto, Med ha imparato a cavarsela da sola. Quali caratteristiche della sua protagonista ammira maggiormente? 

Si finisce per amare i propri personaggi, anche quelli eticamente riprovevoli. I personaggi più positivi del libro sono padre Grant e Abdelnur, me ne sono accorto a libro finito. Med è il personaggio centrale, quello di lei che ritengo amabile è il senso di indipendenza, l'innocenza, la dolcezza e poi via via la forza, la determinazione, il senso rigorosissimo della giustizia. Ci sono anche aspetti di lei che lasciano perplessi, l'ossessività, la riduzione della propria anima a pietra, lo sfiorare la disumanità, ma alla fine desta lo stesso empatia e mostra capacità di ulteriore cambiamento e riscatto. Med attraversa il buio e la pietrificazione per uscirne rinnovata. È stata capace di cambiare il mito che stava vivendo, e di dare una svolta al proprio destino. 

Un cambiamento che non è da tutti...

Vorrei che il libro mettesse in grado le lettrici di conoscere il mito che stanno vivendo (tutti viviamo un mito anche senza saperlo) e di compiere un viaggio di iniziazione nel loro destino. A questo serve un romanzo, da sempre. 

La famiglia delude in più momenti: capita a Med, ma anche all’amica Esmeralda, che viene spinta dal padre, il principe Laerte Lancia, a considerare la proposta di matrimonio di un imprenditore che si è arricchito notevolmente, Vittorio Ventura. A quali compromessi dovrebbe cedere la giovane Esmeralda per il buon nome della famiglia? 

La famiglia delude? Mah, sa, io non sono mai stato un cultore della famiglia, pur avendo avuto un rapporto di amore intensissimo con i miei genitori presi nelle loro così diverse personalità, ligure umile e ironica mia madre, siciliano orgoglioso e ambizioso mio padre. Credo che ogni essere umano debba fare i conti con la propria solitudine. Nel romanzo, la protagonista e la deuteragonista femminili, Med e Esmeralda, hanno alle spalle famiglie che non sono dei tranquilli rifugi. Med ha a che fare con due sorelle fredde e distaccate, Esmeralda con un padre debole, ciarliero, approfittatore. Le due ragazze subiscono le rispettive famiglie. Ma Esmeralda alla fine cede alle pressioni e ai ricatti del principe suo padre. Paura, compassione, un residuo di amore? Non lo so, però cede e accetta un destino da cui soltanto grazie a Med potrà liberarsi. Per me funzionano sempre le singole persone. La famiglia è una cellula della società, e funziona meno. 

E anche Vittorio ha un tornaconto a sposare la principessina: non certo economico, ma di prestigio. Che cosa lo muove a chiedere la mano di Esmeralda? 

Perché il "cattivo" del romanzo, Vittorio Ventura, il figlio del pescatore diventato un aggressivo e potentissimo magnate voglia sposare Esmeralda è chiaro. È per la stessa ragione che il dio Poseidone vuole sposare Anfitrite, figlia di Nereo, il più antico dio del mare: per ragioni di potere dinastico, per coronare il proprio sogno di affermazione e diventare, grazie al matrimonio con la ritrosa Anfitrite, il vero nuovo re delle onde. Vittorio Ventura, in più, ha il suo senso di rivalsa, la sua arroganza, la sua ambizione sfrenata e malvagia. 

Amore e odio si intrecciano profondamente nella storia di Med, ma anche in quella di altri personaggi, che sono mossi da sentimenti stordenti, spesso vicini all’ossessione. Cosa possiamo anticipare dell’equilibrio tra queste due forze fortissime, senza rivelare troppo della trama? 

Sì, chi legge questo libro è introdotto in un mondo di passioni violente e ossessive. Non senza momenti importanti di tenerezza, commozione e ironia. Non amo raccontare un mondo grigio e allo stremo, ormai quasi disumanizzato. Amore e odio, dolore e piacere sono i due estremi tra cui si muove il pendolo che descrive un'anima umana. Anche le ossessioni possono essere vitali. Io ho spesso dichiarato nelle interviste che ho vissuto ossessionato dal sesso e da Dio. C'è meno sesso in questo libro che in tanti miei precedenti. Ma c'è, e terribile. E Dio? Quanto di divino e di sacro affiora tra le pagine? Lo vedano le lettrici, quelle giuste. Io sono uno che non si vergogna ad avere una vocazione metafisica, quindi ad essere, secondo Nicola Lagioia, maestro potente e riconosciuto del romanzo italiano, un pazzo. Rivendico la mia pazzia e il mio senso del mistero, il mistero di un'anima individuale e dell'universo. Che casino insondabile e meraviglioso è la vita. 

Ho apprezzato molto la figura del professor Homer Grant, che, pur essendo un uomo di fede, non nutre pregiudizi e aiuta Med, la sua ex alunna più dotata, in un momento particolarmente difficile. Cosa significa, a suo parere, essere un buon maestro in questi anni? 

Sono contento che abbia Homer Grant e che le sia piaciuto. Non avevo mai introdotto un religioso in un romanzo, per rispetto innanzi tutto, e poi per le poche conoscenze nel campo. Ma ho una grande ammirazione per la cultura dei gesuiti, e per il gesuita diventato Papa col nome di Francesco. Così ho osato creare il professor Grant, e metterlo in relazione con la figura di Med. Colto, sensibile, aperto, coraggioso un personaggio che richiama nel libro un'etica superiore: il perdono versus la vendetta. Ma aiuta Med e la capisce e la conforta lasciandola libera di scegliere sino alla fine. Il buon maestro è uno che non si impone, che lavora perché il suo allievo cresca e fiorisca vitale e libero. Il buon maestro comprende, non giudica, tiene ad essere empatico più che di esempio. 

Nella seconda parte del romanzo si lavora molto su quanto un trauma di enorme portata possa modificare nel profondo le scelte di vita di una persona e addirittura il suo carattere. Si può in qualche modo riparare la propria vita e ricominciare? 

Credo che ogni trauma cambi la nostra vita. Anche il più piccolo. Figuriamoci il trauma orrendo che tocca a Med. Ma lei cambia orientando il suo cambiamento, in questo caso verso la pietrificazione e la vendetta, sapendo di essere vittima ma non accettandosi in quanto tale. 

Crede che la cronaca nera di questi ultimi anni abbia in parte influenzato la scrittura del suo romanzo? 

No, leggo la cronaca nera sui giornali (come leggo molti thriller) ma scrivendo Nessuno può uccidere Medusa non avevo nessun caso di cronaca (e nessun thriller) in mente. So che è di moda scrivere su fatti realmente accaduti, ma io non amo le mode. Scrivo su fatti accaduti nel tempo del mito che ritornano prepotentemente nel nostro tempo: scrivo sulla loro trama, che non è cronaca, ma paradigma di eternità. Sono un cronista dell'anima che ama la scrittura, e la poesia dell'esistere. 

La letteratura, già presente in Dante in Love, torna prepotentemente tra le pagine di Nessuno può uccidere Medusa. Come mai? 

Mi chiede se in questo libro ritorna la letteratura. Ma in verità non se ne era mai andata. Tutta la mia opera è nel glorioso recinto della Letteratura. Non sono un uomo libresco e ho della Letteratura un'idea dinamica, agonistica, vitale. La letteratura non è una vecchia gloria, è la gloria dell'anima, la linfa del linguaggio, l'essenza dell'umano. La promessa di una vita più piena, e forse più felice. Le sembra poco?

Intervista a cura di Gloria M. Ghioni

Ringraziamo l'autore per la disponibilità e per la foto di copertina