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Un romanzo che non si vorrebbe mai finisse, come un sogno che ci conduce altrove. "La terza pallottola" di Leo Perutz

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La terza pallottola
di Leo Perutz
Adelphi editore, settembre 2024

pp. 286
€ 19,00 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)


In questo libro ipnotico, Leo Perutz ricostruisce l'assedio spagnolo alla città di Tenochtitlan, capitale dell'impero Azteco. Un assedio feroce, terribile, in cui il comandante degli spagnoli, Fernando Cortés, mostra tutta la sua crudeltà. Ma non è il conquistatore spagnolo il protagonista di questo romanzo, bensì Franz Grumbach, conte tedesco, allontanato dalla corte imperiale da Carlo V per la sua fede luterana. Approdato nel Nuovo Mondo, Grumbach fa ciò che la sua fede gli impone: combattere contro i conquistatori spagnoli e proteggere gli indios. Grumbach è un uomo astuto, forte, che incute timore sui suoi uomini e sugli spagnoli, ma ha un solo punto debole, Dalila, una bellissima ragazza indios che fa tremare di desiderio chiunque la guardi. Lei, giovane e indifesa, ha fatto scatenare nel conte tedesco una forza inarrestabile che lo spingerà ad entrare nell'accampamento spagnolo, dove i conquistadores sono pronti a una guerra totale contro gli indios.
In questa guerra, in cui un gran numero di uomini si adoperò con zelo a procurarsi vicendevolmente sofferenza e lutto (giacché ogni uomo è diavolo per il suo simile), in questa crudele guerra l'ultimo sangue versato fu quello di una bambina innocente. E non è da escludersi che fosse proprio il grido di dolore di Dalila che trafisse il cielo e giunse all'orecchio di Dio ad addolcirne la collera, tanto che Egli, in virtù di quel grido, fece dono della grazia di una breve pace a quei miseri mortali - Spagnoli e Indios - prima dell'ultimo grande, tragico spargimento di sangue. (p. 79)

In un alternarsi di battaglie cruente, atti feroci, fenomeni naturali inspiegabili, come un'edera che si espande in tutto l'accampamento spagnolo come se fosse una creatura viva, e apparizioni diaboliche, perché Grumbach sfida anche il demonio per ottenere ciò che si è ripromesso, vivremo un sogno che si trasforma in un incubo. E mentre cercheremo di distinguere la realtà dalla visione onirica vedremo che il demonio, ad esempio, non immagina che Grumbach ne sappia una più di lui:

Allora Grumbach vi sentì correre un brivido gelido per la schiena. Soffiò sulle fiamme, le riattizzò, tolse dal fuoco un ciocco ardente e usandolo a mo' di fiaccola illuminò il cantone. Ma il ciocco gli cadde di mano quando vide che, lì nel buio, era il diavolo in persona a essersi preso gioco di lui tanto crudelmente. Subito però il suo cuore impavido ebbe la meglio sullo spavento. Raccolta da terra la fiaccola, si avvicinò al diavolo e disse ridendo: "Ehi, compare, come ho potuto non riconoscervi subito dal vostro sciolto argomentare! Vi siete fatto pregare a lungo prima di mostrarvi". (p. 147)

Ma assisteremo anche alla rivalità fra Grumbach e l'affascinante duca di Mendoza, un uomo scaltro, figlio anche lui del re Filippo di Spagna e servitore astuto di Cortes. Mendoza è un nemico pericoloso perché sembra muoversi fra le insidie del Nuovo Mondo come se ne conoscesse i segreti e le trappole. Rimane sempre distaccato difronte al pericolo e mentre i suoi uomini si abbandono alle gozzoviglie e al vino, lui si mostra sempre lucido e pronto a colpire come uno scorpione assassino. Tutto porta verso una battaglia finale di cui intuiamo l'esito tremendo; e di cui immaginiamo, mentre leggiamo la frastagliata e ricchissima densità di dettagli, il fragore della battaglia che si placa solo davanti all'immensità della foresta che osserva gli uomini mentre si lasciano andare a violenze inaudite. 

La narrazione di Perutz, che aveva affascinato Borges, è un tumulto di immagini, dialoghi, descrizioni, le quali hanno il potere di incantare ma anche di intrappolare il lettore in un mondo magico, che solo a tratti sembra un sogno ma poi prende le sfumature dell'incubo e infine ci sospinge verso una realtà ancora più tremenda. Peruts sembra, più che uno scrittore, un illusionista della realtà, che mostra a tratti la verità del racconto storico e poi costruisce, come se fossero fatti veramente accaduti, episodi non verosimili ma notevoli, affascinanti, travolgenti e unici. Tutta la narrazione ci sostiene come se fossimo su una zattera fra le vie fluviali del Rio delle Amazzoni per giungere ad un archibugio, che può sparare solo tre pallottole. Ma in queste tre palle di piombo si annidano il destino di Grumbach, dell'imperatore Azteco, di Cortes e di tutta la straordinaria narrazione di questo romanzo. 

Leo Perutz ha scritto una storia che mette in contatto due mondi, non solo quello della veglia e del sogno ma soprattutto due mondi paralleli, questa è l'impressione, in cui ciò che appare verosimile si confonde con qualcosa di magico, inaspettato, alchemico, non solo nella trama ma anche nell'aurea che circonda i personaggi. Il fascino della scrittura credo che risieda proprio in questo: in una narrazione che sfugge al pensabile e si annida, si nasconde, dietro a una visionarietà a volte allucinata, altre volte tremendamente reale. In questo puzzle ci si perde, rimaniamo avvinti e invischiati, nella sua scrittura ipnotica, fino alla fine. 

Fulvio Caporale