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Uno sguardo attento sulle stanze delle nostre case: dalla cucina al boudoir, Molinari racconta gli spazi abitativi quotidiani

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Stanze. Abitare il desiderio
di Luca Molinari 
Nottetempo, agosto 2024

pp. 180
€ 16,50 (cartaceo)
€ 11,49 (e-book)

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Così, nella cultura moderna la scala domestica diviene pezzo d'arte, domina ogni linea e materia, si smaterializza quando viene immaginata in vetro trasparente o in acciaio specchiante, prende forme grottesche nelle ville hollywoodiane, urla pacchiana in Scarface, scricchiola paurosamente nei film horror, separa un gradino sospeso nell'aria dietro l'altro nelle residenze di lusso, si fa geometria elementare e filiforme, quasi bidimensionale, nel lavoro dell'architetto Francesco Librizzi, o elemento portatile da accompagnare su carrelli in giro per casa, si trasforma in una serie di rampe che compongono l'intera forma dell'abitazione in un progetto sperimentale del francese Claude Parent. La casa diventa la sua stessa infrastruttura e crea piani inclinati dove la vita si sviluppa senza apparente distinzione di funzioni. Le sequenze di scale infinite delle Carceri di Piranesi si moltiplicano illusoriamente nei disegni di Escher, trasformando la casa in un labirinto della mente domestica che si fa paesaggio urbano paradossale popolato da sole scale. (pp. 43-44)

Luca Molinari, architetto, critico e accademico, prosegue con questo testo il discorso saggistico sugli spazi abitativi: il precedente volume, Le case che siamo, sempre edito da Nottetempo, partiva dalle case, quelle comuni e quelle di progettisti famosi; Stanze. Abitare il desiderio restringe l'occhio di bue e si concentra su un elemento ancora più piccolo, le stanze delle nostre case
L'indagine non è solo di tipo "tecnico", ovvero architettonico e strutturale, ma anche antropologico: Molinari spacchetta la casa aprendola come fosse una piantina bidimensionale e, indicando ora questa stanza ora l'altra, ci racconta il significato di ciascuna, le sue origini, le evoluzioni, il modo in cui gli uomini e le donne hanno effettivamente abitato quelle stanze nel corso dei secoli, nonché come quest'ultime si sono modificate (a volte, evolvendosi, altre sparendo del tutto) a seconda dei cambiamenti sociali e storici.

I luoghi esclusivi, come lo studiolo che è tipicamente maschile, nella casa borghese mutano e si sdoppiano anche in base all'evoluzione dei ruoli e dei generi. Contrapposto al boudoir femminile, lo studio diventa il comptoir: entrambi nell'area al confine tra i salotti e la zona notte, entrambi definiti da colori e materiali molto specifici, entrambi espressione di un carattere nuovo che si sta delineando. (p. 78)

L'autore suddivide i capitoli a seconda della stanza esaminata: avremo quindi ingresso, scale, tinello, cucina, studiolo, bagno, cabina armadio, camera da letto, spazi esterni, cantine e soffitte, più altri due capitoli conclusivi che tendono verso il filosofico più che il concreto, ovvero La casa in una stanza e La stanza vuota per il futuro. Ogni capitolo, e quindi ogni stanza presa a modello di discussione, fa esempi illustri di architetti, progettisti e/o oggetti afferenti a quello spazio per farci capire il significato alla sua esistenza stessa. 

Un esempio: quando Molinari ci racconta il bagno, nomina Duchamp con il suo famosissimo water dal titolo Fontana, oppure l'installazione artistica di Monica Bonvicini dal nome Don't miss a sec', un cubo di vetri specchiati fuori ma trasparenti dentro, cosicché chi è all'interno del cubo e prova a espletare i suoi bisogni guarda ma non viene guardato, con un effetto frastornante. Ci ricorda anche che ci sono stati secoli, dalla fine dell'Impero Romano all'inizio del Settecento, in cui purtroppo abbiamo avuto una strana avversione all'acqua e questo, ovviamente, ha influito sullo spazio delle nostre case che oggi chiamiamo "bagno" (laddove prima avevamo le terme, ad esempio, o le latrine esterne al perimetro della casa vera e propria).

Si passa così dal withdrawing room, la stanza in cui la famiglia vive con semplicità, destinata ai riti del mangiare, del riposo o della lettura, al parlour, ovvero il salotto per le conversazioni giornaliere, fino al più mondano salon, emerso nella frivola Parigi prerivoluzionaria. La parola salon contiene un'interessante e anomala (per quel tempo) ambiguità tra pubblico e privato, perché era sia il grande spazio della vita sociale in cui radunare molte persone nelle ricche abitazioni, sia lo spazio per le mostre d'arte o il parrucchiere. Questa terminologia si evolve ulteriormente e si arriva a sitting room, apparso per la prima volta nel 1806, concorrente di un altro termine molto significativo, lounge, che indicava la stanza in cui stazionare, ma anche la poltrona o il divano che accoglieva e su cui accomodarsi. (pg. 49-50)

Ho imparato un sacco di cose che non sapevo: la differenza tra studiolo e fumoir, l'evoluzione del boudoir in cabina armadio, la simbologia che si nasconde nelle scale dei nostri palazzi, il nome e la forma di alcune delle lampade più famose al mondo, l'importanza sociale della cucina (e del perché in alcune zone del mondo non è uno spazio importante come qui da noi, in Italia e nei paesi mediterranei); ci sono anche un sacco di riferimenti pop, al cinema, all'arte, alla musica, a testi meno recenti, e tutto questo mix, tra l'accademico e l'informale, rende il testo piacevolissimo. 

A volte non pensiamo mai, o poco, alle nostre case, agli spazi fisici che abitiamo, con i nostri problemi, desideri, esigenze e soprattutto non ci rendiamo conto che il nostro stile di vita esercita una profonda influenza su come essi vengono organizzati, modificati, resi adatti alla nostra personalità. Non si dice che la casa, come gli abiti o i profumi o la scelta di una determinata auto, è lo specchio del padrone e della padrona?

Ecco, Molinari ci apre lo sguardo invitandoci a osservare con occhi più attenti. Ci racconta un pezzettino di storia ma concede anche esempi concreti contemporanei e moderni. Un testo che può avere una salda presa su chi è dentro al settore - architetti, designer, progettisti, urbanisti, ingegneri - ma anche su chi, come me, si occupa di tutt'altro nella vita, ma vuole avere uno sguardo consapevole su ciò che c'è intorno.
Lo consiglio a occhi chiusi a chi ama testi saggistici dal tono leggero e divulgativo, come ad esempio Territori improbabili di Pedro Torrijos (edito Il Saggiatore) o, come suggerisce Molinari stesso nel libro, Viaggio avventuroso intorno alla mia camera di Gauss (edito Keller).

Deborah D'Addetta