Bambino
di Marco Balzano
Einaudi, ottobre 2024
pp. 224
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
“Non ti interessa di procurarmi guai” gli ho chiesto con un filo di voce.
“A te interessa di procurarmene da quando sei nato?”. (p. 53)
Marco Balzano, dopo Resto qui, torna al romanzo storico, e ancora una volta sceglie una prospettiva insolita da cui guardare gli eventi e interpretarli, a cominciare dalla scelta di ambientare quasi tutta la vicenda a Trieste, zona di confine. Un confine "caldo" negli anni del fascismo e della guerra. Un confine che porta con sé contatti con un mondo che è appena al di là, eppure la distanza a volte pare dilatarsi.
In questa Trieste nel 1900 nasce il protagonista della vicenda, Mattia Gregori, che da giovanissimo diventa una camicia nera: sarebbe facile etichettarlo come un gregario che entra nel fascismo come tanti altri suoi coetanei per spirito d'aggregazione. Ma non è così: Marco Balzano ha creato un personaggio molto più problematico e irrisolto, "bambino" nel profondo prima ancora che nei lineamenti. Infatti, Mattia è sempre solo, nel corso del romanzo: desidera spasmodicamente scoprire chi sia sua madre, dopo che, in punto di morte, la donna che l'ha cresciuto gli rivela (nelle primissime pagine del romanzo) di non averlo generato lei. Mattia spera allora che, diventando fascista, potrà crearsi una rete di relazioni tale da scoprire finalmente il nome che suo padre si ostina a tacergli. E questo genera rabbia. Come generano rabbia i tentativi andati a vuoto, le somiglianze che fanno sperare a Mattia di aver finalmente individuato la madre, intravista in una vecchia fotografia conservata gelosamente dal padre. Ogni volta, invece, una delusione («Una farfalla che vola sbilenca senza farsi catturare, questo era diventata mia madre», p. 65). Il padre non cede e tace il suo segreto. E Mattia reagisce con violenza fisica e verbale, si sfoga su innocenti che incontra lungo il suo cammino, di cui depreda le case senza tante remore.
D'altronde, farsi temere è, ai suoi occhi, l'unico modo per ottenere rispetto come capomanipolo, dopo aver perso la possibilità di farsi benvolere. Quante volte lo hanno deriso per quelle sue guance da "Bambino"? E quanto questo soprannome ha pesato su di lui come una nomea da lavarsi via a suon di violenza? Mai davvero compagno degli squadristi che comanda né fiducioso nei confronti del prossimo, Mattia sente suo malgrado di avere solo il padre, Nanni, un uomo paziente e preciso quanto la sua professione di orologiaio richiede:
Mio padre non potevo amarlo finché non si decideva a dirmi quel nome, ma era l'unica persona che avevo. Tra noi sopravviveva una forma di bene, anche se lacerata dal sotterfugio e dal silenzio. (p. 101)
Di Nanni avvertiamo spesso la preoccupazione, ma anche la delusione per avere accanto un figlio così fuori controllo, incapace di un gesto d'affetto libero da sovrastrutture, avvolto solo dall'odio e dall'ossessione di scoprire la verità. Spesso Nanni sbotta e conferma il suo ruolo di genitore: non si lascia intimidire dall'atteggiamento di Mattia, perché lo conosce nel profondo:
Negavo ogni cosa, eppure quando ero da solo nella penombra della camera m'impensierivo. Forse aveva ragione. Me lo leggeva in faccia che recitavo la parte del fascista convinto anche se convinto non lo ero affatto. (p. 58)
Ed è l'unico ad accettare il ritorno di Mattia ogni giorno, ad accoglierlo comunque dentro casa sua anche quando tanti squadristi se la prenderanno con quel padre che non ha voluto prendere la tessera e gli distruggeranno quanto ha di più caro. Mattia, dal canto suo, è sempre senza direzione: neanche l'accumularsi degli anni sulle sue spalle gli permetterà di trovare una direzione o di scegliere la sincerità. Ogni volta che si troverà davanti a un bivio percorrerà la strada che gli conviene di più. Individualista e determinato a sopravvivere a qualsiasi costo, Mattia non è in grado di mostrarsi per quello che è e qualche volta si regala immaginazioni che distorcono la realtà, pur di sopportarne il peso. Anche quando Mattia ha una donna tra le braccia, fatica a mostrarle amore: si vuole illudere che un giorno potranno sposarsi, ma dimentica che l'ha ricattata poco prima per poter giacere con lei.
A questo piano di eventi cronologicamente orientati, che seguono giorno dopo giorno la ricerca di Mattia in un mondo che sembra non comprendere il suo dolore, anche e soprattutto perché lui indossa sempre una maschera di durezza, si alternano dei brevi frammenti in corsivo che lasciano immaginare che il protagonista si trovi in pericolo. Dove e quando non ci è dato saperlo. La situazione si delinea nel corso delle pagine, alimentando via via una suspense crescente.
Romanzo stratificato, con un protagonista difficile da gestire perché lontano dagli stereotipi e imprevedibile con la sua fragilità malcelata, Bambino conferma il talento di Marco Balzano. Non c'è una parola fuori posto e, mentre si seguono le vicende, non si può che ammirare l'equilibrio di un linguaggio che sa dove appoggiare un tocco di poesia e dove invece scartavetrare la frase.
GMGhioni
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