in

La sorprendente raccolta di racconti dell'autrice cubana Marvelys Marrero: tra realismo magico e perturbante, un universo unico

- -


Non credo più in Lars Von Trier
di Marvelys Marrero
Castelvecchi, settembre 2024

Traduzione di Gino Tramontana

pp. 128
€ 16,50 (cartaceo)

Il colmo però è che qualcuno che ammiravo e ritenevo degno di rispetto si è prestato al gioco. Lars von Trier, un uomo con una visione critica invidiabile. Melancholia ti dice qualcosa? So che non l'hai visto, ma ti sarebbe piaciuto. Non sarà difficile reperirlo. Se vuoi domani potremmo chiamare la cineteca per informarci, be', se il mondo non finisce stasera o all'alba. E non fare quella faccia, sto solo provando a tirarti su. La prima parte non ti piacerà perché è molto lenta e potresti addormentarti. Ma la seconda ti affascinerà. Mi sono innamorata di von Trier in Le onde del destino, ma con Melancholia sono arrivata a odiarlo. Come può il creatore di Dogma 95 girare un film in cui un pianeta immenso colpisce la Terra? E una caduta di stile. (p. 81)

Era da tempo che non mi capitava di leggere una così bella raccolta di racconti. Credo che l'ultima sia stata Una florida ed eccitante vita interiore di Paul Dalla Rosa edita da Pidgin (parlo di febbraio, parecchi mesi fa). Ovviamente faccio riferimento ai testi contemporanei usciti quest'anno. 

Marvelys Marrero, classe '81, autrice cubana, in questa piccola raccolta di poco più di cento pagine costruisce un universo: i racconti contenuti nel volume sono nove, una manciata di pagine per ciascuno, si legge davvero in un paio d'ore ma resta in testa per molto di più.

Intanto, quasi tutti sono rivolti a un "tu", scelta narrativa e stilistica sempre coraggiosa e poco utilizzata: il narratore parla in prima persona ma conversa con qualcuno - ora il lettore, ora un amante, ora il proprio figlio o un cane. In questo modo si stabilisce tra autrice e lettore una connessione profonda.
In un racconto, il primo, una ragazza si rivolge alla sua amante: la scrittura, in alcuni passaggi priva di punteggiatura, ricalca il tono frastornato e doloroso della protagonista che, letteralmente, viene fatta a pezzi per supportare il successo dell'altra. C'è del realismo magico qui nonché un mood stroboscopico che molto mi ha ricordato il film The neon demon di Refn (soprattutto la questione dell'occhio, chi ha visto il film capirà di che parlo). 

Nel secondo racconto, il narratore si rivolge a un altro "tu": un cane. Esplora, come se stesse esaminando un mazzo di carte, le possibili vite che può vivere a seconda delle scelte che fa. Potrebbe essere amato, maltrattato, potrebbe desiderare di tornare dal vecchio padrone. Un ventaglio di multiversi.

C'è poi un racconto di soli dialoghi; quello di una donna trans che attende in un ambulatorio dove innumerevoli ragazze vanno a praticare l'aborto; c'è una ragazza che piange per la morte della sua cantante preferita e, nel frattempo, intrattiene con il fratellastro un rapporto incestuoso (ne parlavo giusto qualche giorno fa, nella letteratura odierna manca quasi completamente l'esplorazione dell'amore incestuoso tra fratello e sorella); c'è una madre che sacrifica la sua vita a favore di un figlio mostruoso - e qui l'autrice compie una specie di magia nella dissociazione psichica del personaggio, perché confonde volontariamente narratori: chi è che parla? la madre o la figlia? - racconto in cui la disabilità è trattata senza pietà, senza sconti; c'è una donna che vede attraverso i corpi (altro pizzico di realismo magico).
Alla fine, con gli ultimi due racconti, ci si rende conto che tutti i personaggi sono collegati, che Marrero ha furbescamente costruito un puzzle. 

Ma adesso più nulla ti diverte. Vuoi soltanto alcol, bottiglie costose, sbattermi sul pavimento e sfogare la tua furia. Non sopporti i poster i tatuaggi né tantomeno me che non sopporto che tu non mi sopporti, e allora ti dico di non venire più. Ma ciò nonostante torni ogni notte. Sali su fino alla stanzasantuario di Amy sperando che io ti apra la patta, per poi scolarti quelle bottiglie pseudo-inglesi. Non hai buon senso. Non ragioni. Ma oggi è diverso, mio caro Mister Magic. Oggi è stato differente.  

Lei è morta, mi ascolti? E cosa cazzo me ne importa, che cazzo... quell'alcolizzata spostatatossicaegocentricafinalmentepuòmettersilasuagloriosavocesuperilculo. E così bello vivere nell'ignoranza. È così misero vivere di apparenza. (p. 60)

Tutti i personaggi della raccolta sono affamati di carne, di sesso, di calore. Che questo calore bruci o sia solo tepore non importa, dipende dal grado di autodistruzione in ognuno di essi. Non si tratta solamente di una voglia fisica, ma sopratutto di una ricerca dell'amore. E però, qui, più che l'amore è la morte che la fa da padrona. In questo particolare, la raccolta mi ha ricordato vagamente la narrativa di Camila Sosa Villada e un po' anche quella di Mariana Enriquez (il primo racconto in particolare, collegato all'ultimo).

Mi sento un'altra persona. Sono una donna dietro a un desk, sono il direttore responsabile di un giornale importante, o la dirigente di un centro di primo livello, o la direttrice di una galleria d'arte dove le opere esposte hanno un valore di vendita inestimabile, mi trovo in un qualsiasi luogo molto pulito senza la realtà che assedia, e senza nessuno che disturbi. Ho un ufficio spazioso dove l'unico suono percepibile è il mio respiro. Non vivo in un quartiere marginale, non ho studiato qualcosa che non vale nulla. Non sono una professionista ridotta a lavorare come custode. Non sono un rottame. Non vedo attraverso i corpi. Non sento il terribile bisogno di indagare ogni cosa. Sono una donna normale, ordinaria, né più alta, né più bassa, soltanto più giovane. Più naturale, meno silenziosa, forse più bella. (p. 99)

I personaggi di Marrero cercano in tutti i modi di cambiare lo stato delle cose, chi attraverso il corpo, chi con fantasie o elucubrazioni mentali, chi attraverso la violenza o l'amore per gli altri. Persino un cane, nel racconto che prevede delle liste e dei manuali, può modificare il corso della sua vita. 
La scrittura è una gioia: viscerale, perturbante, ti scava dentro. Non si arrotonda, dice le cose come stanno, le chiama con i suoi nomi. L'ho trovata matura, elegante, tanto da invidiargliela. Mi è piaciuta così tanto che vorrei recuperare anche i romanzi dell'autrice.

Deborah D'Addetta