La maestra del vetro
di Tracy Chevalier
Neri Pozza, 2024
pp. 417
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Tracy Chevalier torna in libro con un libro alla Tracy Chevalier, quindi: romanzo storico, figure femminili forti e determinate, descrizione minuziosa degli ambienti e della società. Dopo avere incontrato l'autrice al Festival Wunderkammer (27/29 settembre), come ci ha raccontato qui Carolina Pernigo, eccoci a tu per tu con il libro: un romanzo che ci porta a Murano, il cui nome già evoca il vetro e i capolavori artigianali creati con questo materiale. La storia inizia nel 1486, quando Orsola Rosso ha poco più di nove anni ed è figlia di un importante maestro vetraio. Alla morte del padre, la famiglia si trova in difficoltà economiche, e Orsola si intrufola nel cortile del laboratorio della famiglia Barovier, importantissima famiglia di maestri vetrai. Qui incontriamo, come in tutti i romanzi storici che si rispettano, il primo personaggio realmente esistito: Maria Barovier, artista nota per essere la creatrice di una particolare murrina chiamata "perla rosetta". Orsola le chiede di insegnarle a fare le rosette:
No, cara. Ti insegnerei se tu fossi mia figlia. Ma il lavoro dei Barovier rimane fra i Barovier. Però puoi imparare perle diverse. Più semplici. Ti assicuro che si vendono bene. Forse non basteranno a risolvere i problemi della tua famiglia. Ma vi aiuteranno. (p. 35)
Inizia così, prima di nascosto, l'attività di perlera di Orsola. Lavorare il vetro, tenere accesa la fornace era un lavoro da uomini, ma lavorare al lume, creare perle e collane era un'attività che Orsola comincia a portare avanti da sola, appoggiandosi poi al mercante tedesco Gottfried Klingenberg e alla figlia di lui, Clara, che diverrà complice Cupido per la consegna di piccoli delfini di vetro.
I viaggi a Venezia in gondola, la scoperta della terraferma, l'innamoramento, il matrimonio, sono i passi attraverso i quali Orsola diverrà un punto di riferimento della famiglia Rosso, una donna affidabile e certa delle proprie capacità. Questo processo di crescita, tuttavia, presenta una stranissima alterazione temporale: il tempo di Murano scorre molto più lentamente del tempo della terraferma. La famiglia Rosso attraversa i secoli: si arriva al Novecento, alla fine del libro.
Ora facciamo un salto in avanti, come abbiamo visto il tempo compie. Miracoli a Venezia. Eccoci di nuovo con il nostro sasso liscio sulla riva di Venezia, di fronte a Murano. Stringerlo fra indice e pollice e tiralo forte sulla laguna, verso l'isola di Vetro, facendolo schizzare a pelo d'acqua. Murano è troppo lontana perché il sasso possa arrivarci, ma qui si gioca con regole diverse. Con un solo salto, balza in avanti di ottant'anni. Seduta al suo tavolinetto in un angolo della cucina, Orsola Rosso gira e rigira sulla fiamma una perla verde di vetro satinato. A un tratto solleva lo sguardo e non siamo più nel 1494, ma nel 1574. (p. 76)
Attraverso "la strategia del sasso", capitolo dopo capitolo, il lettore compie questi balzi temporali, che consentono ai protagonisti di invecchiare a tempo normale, e alla Storia di fluire con balzi di secoli. Questa idea, scelta da Chevalier per non scrivere una saga familiare tradizionale, fa sì che gli stessi personaggi cavalchino i cambiamenti della Storia: dal Rinascimento a Napoleone Bonaparte, dalla Repubblica di Venezia al Lombardo Veneto, alla Prima guerra mondiale. Tuttavia, proprio questa scelta è quella che, a mio avviso, ha tolto spessore alla psicologia dei personaggi: una donna del Rinascimento non pensa e non sente, non si comporta come una donna di fine Ottocento e la crescita individuale di Orsola rimane talmente universale da non appartenere a nessun secolo, e lei, come Antonio, Laura, Domenego, appaiono alla fine quasi personaggi disincarnati.
Sebbene la prosa di Tracy Chevalier sia come sempre precisa, descrittiva e pregiata nel rendere visibili gli ambienti, il contesto storico gioca la parte di una quinta teatrale, che a ogni balzo della pietra viene cambiata, lasciando gli attori immutati.
Questo ha creato dei momenti di stanchezza nella lettura e ben riuscito è l'ingresso di Giacomo Casanova, che davvero dà una scarica ai lettori - alle lettrici - con il suo corteggiamento a Orsola.
Alla fine troviamo una Venezia invasa dai turisti e colpita dal Covid. Durante il secondo lockdown, tornarono i delfini a Venezia, i delfini veri. Quelli di vetro erano il regalo che Antonio, l'unica vero amore di Orsola, fuggito lontano, le faceva recapitare tramite i Klingeberg.
Se i delfini di vetro mi sono giunti in tutti questi anni, pensa Orsola, se i delfini veri sono tornati a Venezia, perché non potrebbe tornare anche lui? È ciò che vuole pensare, la speranza cui è rimasta aggrappata in tutti questi anni, anche se sa che è irrazionale. (p. 390)
Tornerà qualcuno dal tempo della Storia? Dalla terraferma Orsola riuscirà ad avere altro, oltre che criptici doni in vetro?
Il lettore lo scoprirà solo alla fine.
Deborah Donato
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