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Un treno lanciato verso il destino: "La notte mento" di Philippe Besson

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La notte mento
di Philippe Besson
Guanda, 2024

pp. 207
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)

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Tutto comincia su un treno.

Che i vagoni ferroviari siano una location ideale per ambientarvi romanzi rosa, gialli, film, vicende, avventure, non è una novità. Il bello è che le narrazioni che si sviluppano a bordo delle carrozze di un treno non smettono mai di affascinare, soprattutto nella misura in cui approfondiscono le relazioni tra i personaggi che per un periodo di tempo, più o meno lungo, hanno la ventura di condividere il tempo di un viaggio. In questo caso il treno è l'Intercity notturno 5789, che collega Parigi a Briançon, la cittadina nelle Alte Alpi, ai piedi del Colle dell'Izoard e del Monginevro. Un treno dall'andamento cadenzato e regolare, che non si lascia attrarre dai bagliori lampeggianti dell'alta velocità. Il convoglio, che possiede un certo numero di carrozze attrezzate a cuccette, per consentire una notte di riposo ai viaggiatori, attraversa la lunga notte francese, dal Nord al Sud.

Non sono tantissime le persone che hanno scelto il notturno quella sera, d'altra parte, si sa, un Tgv ci mette molto meno tempo a raggiungere Briançon. Ma ognuno di loro ha un suo motivo per aver scelto di salire sull'Intercity 5789 quella notte di un venerdì d'inizio aprile. C'è Alexis, 40 anni, medico che torna a Briançon dove abitava da bambino, per andare a svuotare la casa della madre da poco scomparsa. Ha scelto il treno notturno perché gli sembrava romantico. C'è Victor, 28 anni, un prestante giocatore di hockey che torna a casa dopo aver fatto alcune visite a un ginocchio ed è per sbaglio su quel treno perché ha perso l'ultimo Tgv. C'è Julia che porta i suoi due bimbi dai nonni a Briançon e ha scelto il notturno perché i piccoli hanno tanto insistito, per loro è un'avventura (e non sanno quanto). Ci sono Jean Louis e Catherine, sposati da 32 anni, da poco in pensione, che si concedono qualche giorno di vacanza nella bella località montana e a loro sembrava bello iniziarla con un viaggio più lento. C'è Serge, rappresentante di commercio, che torna a casa, era a Parigi per un corso di formazione, a lui piacciono molto i treni notturni che danno spesso l'opportunità di fare qualche incontro. E ai nuovi incontri non dice mai di no. Ci sono Manon, Leila, Enzo, Hugo e Dylan, amici di università , anche loro in vacanza che hanno optato per il treno notturno per motivi economici. E poi c'è Giovanni. Che non è sul treno, ma che tanta parte avrà per il prosieguo della storia. La partenza è prevista per le 20.52 e il treno nella notte si fermerà in varie stazioni, Valence, Crest, Die, Luc-en-Diois, Veynes, Gap, Chorges, Embrun, Mont-Dauphin-Guillestre, L'Argentière-les-Écrins, per arrivare a Briançon alle 8,18.

Fra poco il treno partirà per un viaggio di più di undici ore. Attraverserà la notte francese. Per il momento, i passeggeri salgono a bordo, felici, esausti, preoccupati o niente di tutto questo. Alcuni di loro saranno morti al sorgere del sole (p. 10)

Così, d'emblée, a freddo lo scrittore ci anticipa, nelle primissime pagine del romanzo, come terminerà il libro. Il lettore, a questo punto, prima ancora di partire, sa già l'inizio e conosce già la fine. Cosa ci sarà nel mezzo? L'astuzia narrativa di Besson ci invita a scoprirlo. Inserendo qua e là delle piccole anticipazioni, brevissimi lampi d'avvertimento che ricordano al lettore come la storia andrà a finire. L'inizio ha qualcosa di fiabesco, provate a immaginare questo treno illuminato, che attende, fremendo sulle rotaie, i propri viaggiatori, pronto a lanciarsi nella notte stellata. Eppure l'autore non fa nulla per lasciarci cullare in questo paesaggio idilliaco. Lancia, come stilettate, frasi secche e crepitanti che anticipano avvenimenti tragici imminenti, aumentando il livello di tensione, alzando la suspense e invitando a leggere tra le righe. Da questo momento in poi il lettore cercherà di stare all'erta e di cogliere i presagi. Chi tra i viaggiatori del treno non ci sarà più all'alba? E perché?

I passeggeri non tardano molto a conoscersi, a fare amicizia, a scambiare due chiacchiere. L'atmosfera che si crea su un treno notturno sembra fatta apposta per indurre a raccontare di sé. Le conversazioni si avviano, a piccoli gruppi, e il lettore, man mano che il treno prosegue la sua corsa, cambia scompartimento addentrandosi nelle vite degli altri. Sarà il dondolio, l'aspettativa di qualcosa di avventuroso, l'ansia del ritorno, il buio, la notte, la condivisione di pochi metri di spazio, l'intimità che di fatto si crea quando persone sono costrette a passare una notte insieme. Sì, è la notte il momento più adatto della giornata per le confidenze. Sta di fatto che i viaggiatori piano piano si lasciano andare a confessioni, si addentrano nei meandri delle proprie esistenze, incalzati dalle domande dei compagni di viaggio (chissà perché siamo sempre così curiosi quando ci capita di parlare con degli sconosciuti), raccontano parti di sé che non hanno mai avuto il coraggio di dire a nessuno, forse nemmeno a se stessi. Confortati dal fatto che, con ogni probabilità, dopo i saluti sulla banchina, non si vedranno più l'indomani.

La ricchezza narrativa del romanzo, e il suo senso più vero, stanno proprio nella profondità delle relazioni umane che riesce a crearsi in un tempo così breve, dalla sera all'alba. Una magia, un incantamento che portano ognuno a parlare, a rivelarsi, accompagnati dal buio che dilaga dai finestrini. Con «insolita audacia» (p. 108) uomini e donne, su quel treno, si sentono liberi di aprirsi, parlando con persone di cui non temono il giudizio perché non conoscono nulla delle loro vite, niente del loro passato e soprattutto non faranno parte del loro futuro. «La confessione gli sembra magnifica, perché è una confessione. E terribile, perché racconta una lotta tremenda» (p. 120). E la scrittura stessa segue la personalità dei protagonisti, elevata quando si tratta di persone colte, educate, abituate a esprimersi in un certo modo. Diversa, quando entrerà in scena colui che impersonificherà la tragedia.

Il viaggio diventa così un gioco di specchi, un racconto di incontri e relazioni, talmente profondo e ben raccontato, grazie ai dialoghi intensi e scevri dall'inutile, che il lettore, pur cercando di rimanere con gli occhi bene aperti perché percepisce il compiersi di una tragedia, perderà ben presto la cognizione del tempo e si abbandonerà al fluire delle esistenze dei viaggiatori, quasi viaggiatore egli stesso. Ma qualcosa arriverà a squarciare la notte, portando un cambio feroce nella narrazione. Dopo, perché nel romanzo ci sono un prima e un dopo ben definiti, Besson si affida a un racconto cronachistico e abbandonerà le fiabesche introspezioni intimistiche della prima parte.

Il romanzo diventa così la narrazione dell'incontro con la natura umana e con il suo destino.

Sabrina Miglio