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"The Grocery", una fiaba violenta sull’America contemporanea – e non solo

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The Grocery 
di Aurélien Ducoudray e Guillaume Singelin
Bao Publishing, 2024

Traduzione di Francesco Savino

pp. 440 
€ 29 (cartaceo)

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The Grocery, sceneggiato da Aurélien Ducoudray con i disegni di Guillaume Singelin, è arrivato in Italia a bordo di un progetto che ha fin da subito destato un enorme interesse: la collana Cherry Bomb, curata da Zerocalcare per Bao Publishing. E The Grocery si dimostra il volume perfetto per iniziare questa avventura fatta di libri esplosivi, come la bomba carta che dà il nome alla collana.

Pubblicato in Francia nel 2011, racconta in realtà una storia tutta statunitense, influenzata dal periodo dell’epoca: la crisi del mercato immobiliare, la guerra in Medio Oriente, e i mille modi tentacolari in cui la Storia con l’iniziale maiuscola sa abbattersi sulle vite individuali. Proprio per questo, per quest’attenzione profonda alle storie racchiuse nella Storia, The Grocery è ancora oggi estremamente attuale. E in questi giorni di occhi puntati sugli Stati Uniti per via dell'esito delle elezioni presidenziali, è senza dubbio importante volgere uno sguardo all’indietro per capire come si sia arrivati a questo punto - ma anche capire cosa possiamo noi imparare, e portare nel nostro contesto.  

The Grocery è una storia di gang, di adolescenti poco più che bambini risucchiati nel mondo malavitoso di una Baltimora liminale, al confine tra realismo espressionista e distopia, piena di buffi animali e di violenza esasperata ma verissima. La scelta della città non è casuale: il fumetto è ispirato alla serie The Wire, ambientata a Baltimora, dove il tasso di omicidi è sette volte la media nazionale. La violenza raffigurata è verissima, dunque, ma agli scontri, le esecuzioni e le esplosioni che avvengono in strada gli autori sanno stratificare con maestria anche un altro tipo di violenza: la violenza di Stato, portata avanti grazie all’assenza totale di qualsiasi tipo di supporto, di welfare, di tutela verso i più fragili.

Il racconto del piccolo Ellis, un dodicenne che si ritrova affondato, assieme agli altri ragazzini del quartiere, nel mondo dello spaccio di droga e degli scontri di strada, è un racconto a tinte forti, ma mai davvero implausibile, incentrato intorno a persone e tragedie comuni. Non esistono eroi, non ci sono buoni né cattivi; tutti, a modo loro, sono degli sconfitti, e i bagliori di speranza sono dati proprio dall’umanità che traspare da questa costellazione di storie e di destini. 

Ed è proprio questo a rendere la storia così assurdamente realistica, nonostante a un certo punto l’elemento speculativo sembri avere la meglio, con un vero e proprio muro che viene eretto a dividere le zone più malfamate della città dai quartieri perbene. Ma di nuovo, qual è il limite che divide la realtà dall’immaginazione, nel contesto di un'America – e non solo – sempre più piena di muri e di violenze di ogni tipo? Hanno proprio ragione gli autori, che nei ringraziamenti includono, ironicamente, anche «la realtà americana per superare giorno dopo giorno i limiti della fantasia». Ma forse non sono solo gli Stati Uniti ciò che stanno descrivendo.

Marta Olivi