La locanda dei gatti e dei ricordi
di Yuta Takahashi
Feltrinelli, ottobre 2024
Traduzione di Giuseppe Strippoli
pp. 192
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)
La locanda dei gatti e dei ricordi di Yuta Takahashi è un romanzo avvolgente e poetico, capace di immergere il lettore in un’atmosfera sospesa tra sogno e realtà, dove la memoria e i sentimenti trovano una voce.
Al centro della storia c’è la locanda “Da Chibi”, un luogo mistico e isolato, aperto solo al mattino e raggiungibile dopo un viaggio solitario lungo una spiaggia battuta dal vento. Gestito da Nanami, che attende da anni il ritorno del marito disperso in mare, la locanda offre ai suoi clienti il “kagezen”, un rituale che richiama l’anima dei defunti attraverso il pasto. Ma l’aspetto eccezionale di questo piatto è quello di consentire, anche solo per qualche fugace istante, di ritrovare chi si è amato e perduto.
È stato grazie al pasto del ricordo, cioè al kagezen, che sono riuscita a tirare avanti. Taiji cercò con il cellulare il significato di quella parola. Scoprì che aveva due accezioni. La prima si riferisce al pasto che si serve ad una persona assente. La seconda indica la pietanza per commemorare un defunto. (p. 70)
Ogni personaggio che visita la locanda porta con sé un dolore: Kotoko, la giovane protagonista, è devastata dal rimorso per la morte del fratello che l’ha salvata in un incidente; un ragazzo spera di rivedere la compagna di classe di cui era innamorato; un uomo anziano cerca conforto nella memoria della moglie scomparsa.
Quella voce morbida e gentile tranquillizzò Kotoko che, così riuscì a parlare senza riserve. Vorrei ordinare il pasto del ricordo, è possibile? Il cameriere accolse subito la richiesta e appuntò il nome e il numero di telefono di Kotoko. Poi come se si fosse dimenticato di fornire un’informazione importante, aggiunse: Qui con noi c’è un gatto, per lei va bene? (pp. 27-28)
Takahashi racconta ciascuna di queste storie con un tocco lieve ma incisivo, riuscendo a esplorare con delicatezza il processo di elaborazione del lutto, del rimpianto e dell’accettazione.
La scrittura è lirica e precisa e si rivela capace di donare intensità emotiva a ogni scena, facendo emergere il contrasto tra il dolore dei personaggi e la calma che si avverte della locanda. Anche il tema del viaggio accompagna il percorso dei protagonisti: il treno da Tokyo al “Da Chibi” rappresenta la transizione verso un luogo sospeso, dove il tempo e lo spazio sembrano dissolversi, rendendo possibile un contatto con le persone amate ormai scomparse.
Takahashi trasforma il cibo in un elemento narrativo carico di significato, capace di colmare i vuoti del cuore. Le descrizioni delle pietanze giapponesi – dal riso bollito alla zuppa di miso – sono vere e proprie finestre su una cultura che fa del rito del cibo un ponte tra mondo terreno e spirituale.
Ad arricchire ulteriormente il romanzo oltre a essere presente un glossario in fondo al testo, ogni capitolo si chiude con una ricetta, permettendo al lettore di esplorare la cucina tradizionale che qui si presenta non solo come nutrimento, ma come un’arte che cura chi, come i personaggi, cercano conforto e una riconciliazione con il loro passato.
È popolare la “monaka alle arachidi” della pasticceria “Nagomi no yoneya”, che si può acquistare anche nei punti vendita della stazione. Sono noti anche molti altri dolci squisiti a base di arachidi squisiti a base di arachidi, come i biscotti e le torte della confetteria “Oranda-ya”. (p. 99)
Un romanzo perfetto per chi cerca storie speciali, capaci di emozionare e di trasportare in un mondo fatto di attese e di speranze.
Silvia Papa
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