Le nostre ambizioni non conoscono limiti, ma adesso, mentre ci avventuriamo in una nuova corsa allo spazio, con obiettivi scientifici e romantici insieme come il ritorno dell’uomo sulla Luna e il primo viaggio su Marte, una domanda si fa pressante: come possiamo sostentarci nell’ambiente ostile dello spazio? Nutrirci, dissetarci, tenerci in salute a livello fisico e mentale? È qui che entra in gioco l’agricoltura spaziale. (p. 11)
Vi siete mai chiesti come e cosa mangiano gli astronauti inviati nello spazio per lunghe missioni esplorative e di ricerca? Cosa fanno per tenersi in salute? Possono coltivare in condizioni di gravità diversa da quella terrestre piante decorative o solamente commestibili? E quanto dura il viaggio per arrivare dalla Terra alla Stazione Spaziale Internazionale? Ma poi, in effetti, cos’è questa stazione?
Coltivare patate su Marte è un affascinante libro di divulgazione che ci trasporta pagina dopo pagina ora sulla Luna, ora sull’ISS, ora su Marte, e ci accompagna con entusiasmo e rigore scientifico a conoscere da vicino l’agricoltura spaziale. Stefania De Pascale, Docente di Orticoltura e Floricoltura presso il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli, con gli occhi puntati al cielo e le radici ben salde sulla Terra, come ama precisare, è alla guida di questo viaggio nell’«affascinante mondo dell’agricoltura spaziale, raccontando le sue origini, le prime sfide superate, le tecniche sviluppate e le sfide future» (p. 12).
Di ricerca e progressi sulla ricerca spaziale sono sicura che non se ne parli mai abbastanza ed è ragionevole pensare che molte persone ignorino completamente l’esistenza sulle nostre teste di una “casa spaziale”, una specie di dimora fissa che funge anche da sentinella terrestre, raggiunta da astronauti che periodicamente vi dimorano per studiare il cosmo e non solo. Sto parlando dell’ISS, International Space Station (al link è possibile vedere in diretta streaming cosa visualizzano le telecamere montate su di essa: https://www.meteoplanet.it/stazione-spaziale) gestita da cinque diverse agenzie spaziali: la statunitense NASA, la russa RKA, l'europea ESA, la giapponese JAXA e la canadese CSA. La stazione è abitata ininterrottamente dal novembre 2000 ed è stato previsto che entro il 2030 vengano completate tutte le operazioni di ricerca concordate a livello internazionale.
La nostra ricercatrice fa iniziare il suo viaggio con le prime conquiste spaziali, come lo sbarco dell’uomo sulla Luna, durante la missione Apollo 11 il 20 luglio 1969: ai complottisti che negano l’ allunaggio, De Pascale ricorda le numerose e incontrovertibili prove che testimoniano che quella conquista umana c’è stata per davvero.
Ho sempre pensato che, a parte il caso dei complottisti irriducibili, spesso le persone non hanno le informazioni giuste. E questo è uno dei principali motivi che mi hanno spinta a intraprendere la mia attività di divulgatrice scientifica, in parallelo a quella accademica e di ricercatrice. (p. 17)
Lo spazio potrebbe essere la soluzione a tantissimi problemi che affliggono l’umanità: la fame nel mondo, le malattie inguaribili, i rischi legati alla siccità. Non bisogna guardare troppo lontano col telescopio: la Luna, ad esempio, presenta opportunità imperdibili e dovrebbe essere una delle prime basi della conquista dello spazio. La presenza di acqua ghiacciata sul suolo lunare potrebbe permettere all’uomo di ricavare ossigeno, che si presta a essere utilizzato anche come propellente per il trasporto. L’officina-laboratorio di tutte queste ricerche atte - come si è appena detto - non solo a conoscere meglio lo spazio e i corpi celesti più prossimi a noi, è proprio l’ISS. A bordo di essa è stato possibile fare esperimenti che sulla Terra sono impensabili, grazie alla presenza della microgravità: la crescita di cristalli di alta qualità, lo studio sui fenomeni fluidodinamici complessi e altri fenomeni osservabili su moti convettivi superficiali. Non solo:
Sono stati studiati i processi di solidificazione dei metalli e delle leghe per migliorare la qualità dei materiali prodotti. Inoltre la microgravità ha permesso la sintesi di materiali innovativi, come le schiume metalliche e i materiali compositi, con proprietà superiori rispetto a quelli prodotti sulla Terra.
L’ISS è stata attrezzata anche con strumenti di osservazione che consentono di monitorare da lì il nostro bellissimo pianeta, effettuando studi sull’atmosfera terrestre, il clima, i cambiamenti ambientali e delle risorse naturali. Non dimentichiamo infine che sull’ISS è stato possibile testare tecnologie chiave per il monitoraggio e la gestione delle risorse ambientali, il supporto vitale e le comunicazioni nelle missioni spaziali: la stazione è a tutti gli effetti una palestra in cui “allenare” strategie, tecnologie e materiali. (p. 24)
L’autrice tiene a sottolineare, e lo faccio anche io con grande orgoglio, che «il 50% del volume abitabile dell’ISS è stato realizzato in Italia, a Torino, da Thales Alenia Space» (p. 21). In Italia viene prodotto anche gran parte del cibo che poi verrà consumato dagli astronauti una volta in orbita.
Il libro è diviso in tre parti: nel primo capitolo De Pascale illustra le origini e gli obiettivi dell’agricoltura spaziale, nella seconda il cibo nello spazio, l’importanza di una dieta bilanciata per gli astronauti che stanno lontano dalla Terra per diversi mesi e vivono in condizioni assolutamente nuove e diverse rispetto a quelle cui siamo abituati, le moderne tecnologie e la creazione dei BLSS (Biogenerative Life Support System), ecosistemi artificiali con le stesse funzioni di quelli terrestri. Ho trovato estremamente interessante questa parte, non soltanto perché ha soddisfatto una serie di curiosità che avevo sulla vita a bordo dell’ISS, ma soprattutto perché sono venuta a conoscenza delle opportunità e delle tecnologie esistenti che in qualche modo riproducono nello spazio delle forme di agricoltura spaziale. Non avevo assolutamente idea che a bordo della Stazione fosse stata coltivata in trentatré giorni e poi anche mangiata dagli abitanti (in tutto sette, questa è la capienza dell’ISS) una lattuga romana! In questo capitolo la divulgatrice con stile accessibile, che trasuda entusiasmo e passione per la scoperta, illustra anche i primi tentativi di coltivazione spaziale partendo dall’alga chlorella e dall’alga spirulina (che non hanno un gran sapore, in verità) fino ai nuovi progetti realizzabili in ecosistemi artificiali come i BLSS. Nella terza parte l’autrice torna sulla Terra e sottolinea le lezioni che l’agricoltura spaziale potrebbe impartire alla nostra società: l’importanza e la produttività che si possono raggiungere solo collaborando tra i vari Paesi, unendo knowhow tecnologico, investendo denaro sia pubblico che privato (De Pascale non trascura di parlare di New Space Economy nella prima parte del volume). Dallo spazio arriva una lezione di pace:
L’esplorazione spaziale ha già dimostrato che la cooperazione internazionale è vitale: la condivisione trasparente di dati, scoperte scientifiche e avanzamenti tecnologici può elevare ogni nazione, arricchendo la conoscenza collettiva sia dell’agricoltura spaziale sia di quella terrestre. (p. 155)