Fino ad allora aveva rilevato molte corrispondenze fra i sogni di Matias e la realtà. Forse anche troppe. (p. 156)
Pietro Gerber è per tutti "l'addormentatore di bambini", e ormai anche i lettori affezionati ai romanzi di Donato Carrisi, dopo aver concluso La casa delle voci, La casa senza ricordi e La casa delle luci lo chiamano così. Eppure sanno che, dietro alla sua professione di ipnotista e alla totale dedizione per il lavoro, Gerber nasconde le sue ombre, a cominciare dal rapporto complesso con il padre, il primo e vero addormentatore di bambini, colui che, oltre ad avergli lasciato in eredità la professione, lo studio e preziosi consigli di lavoro, è stato un modello ingombrante a cui rifarsi. Pietro è un po' come lui, ma non se ne rende conto fino in fondo: dedito al lavoro al punto da perdere nottate di sonno e da lasciarsi coinvolgere fino a mettere a rischio il proprio equilibrio, è tanto assorbito nei suoi casi da non avere più una vita privata.
E ne abbiamo ulteriore conferma ne La casa dei silenzi, in cui Pietro Gerber prende a cuore il caso di Matias Craveri, un bambino di nove anni che non riesce a dormire, perché in sogno riceve in visita una "donna silenziosa" vestita di scuro: benché lei non sembri minacciarlo, la sua presenza di notte in notte si fa così assillante che il piccolo Matias è terrorizzato e si sveglia gridando. Vedendo che questi risvegli angoscianti si ripetono e che durante il giorno Matias è sempre più impaurito e chiuso in sé, i suoi genitori ricorrono all'aiuto di Gerber, per quanto l'ipnotista abbia la sensazione che i due non si fidino totalmente di lui.
La storia che Carrisi ci consegna è a dir poco notturna: non solo perché l'ambientazione delle sedute d'ipnosi si svolge col buio, nella grande villa in via di ristrutturazione dei Craveri - che, come tutte le grandi case di una volta, ha in sé qualcosa di sinistro -, ma anche perché la presenza della "donna silenziosa" è minacciosa e spettrale, pur senza voler terrorizzare nessuno. Agisce come se quella fosse la sua unica occasione. Sì, ma per cosa? La sua ansia di condurre Matias dove vuole e il gesto che gli fa riprodurre ogni notte sono un tentativo disperato per chiedere aiuto?
Lo stesso Gerber si troverà in più di una situazione a dubitare dell'efficacia dei suoi metodi, al punto da sperimentare persino qualcosa di più estremo, con l'aiuto di una collega:
Poiché coi metodi tradizionali non riusciva a trovare soluzioni per aiutare Matias, Gerber sentiva di doversi assumere qualche rischio, esplorando anche strade anticonvenzionali. Tuttavia lo scetticismo continuava a prevalere. (p. 199)
E pensate che in questo nuovo romanzo Gerber dovrà persino indagare in prima persona e correrà numerosi rischi, come vuole ogni thriller psicologico che si rispetti. Ma il pericolo è necessario per fare chiarezza e, forse, per fare persino giustizia. Sì, perché il richiamo morale ne La casa dei silenzi è decisamente forte e Gerber non vi si sottrae di un'occasione per mettere in ordine gli eventi attorno a sé. Quanto alle emozioni dentro di lui, invece, pare per tutto il romanzo che l'ipnotista voglia evitare di occuparsene.
Romanzo che si muove tra il piano del presente, il passato della donna silenziosa e la dimensione onirica, La casa dei silenzi conferma il talento di Carrisi nell'avventurarsi nelle pieghe più riposte della psiche umana, individuando appieno le paure ataviche degli uomini e delle donne e mettendole in scena senza mai cadere nell'horror o nel fantastico; semplicemente, lasciandoci con quell'inquietudine costante che diventa parte di noi durante tutta la lettura del romanzo.
GMGhioni
Social Network