La gioia di avere un tempo sofferto per una grande idea e per l’umanità continua a determinare le nostre decisioni anche dopo molto tempo che il dubbio ci ha reso chiaroveggenti, consapevoli e senza speranza. Si è passati attraverso il fuoco e si rimane segnati per il resto della vita. (p. 187)
Un classico, si sa, è un libro capace ancora di parlare agli uomini e alle donne di oggi, alle nuove generazioni, perché attraversato da uno spirito che non invecchia mai e porta con sé valori, temi e argomenti che valgono in ogni epoca storica. Talvolta esistono dei libri che potrebbero essere dei classici intramontabili, ma rimangono sconosciuti ai più, oscurati da titoli più famosi dello stesso autore. Quando si parla di Joseph Roth il pensiero va a La marcia di Radeztky, La cripta dei cappuccini, La leggenda del santo bevitore, libri magnifici, che ho amato con trasporto sincero, ma non avevo mai sentito parlare del suo romanzo postumo come di un libro così fondamentale.
La storia de Il profeta muto, opera pubblicata nel 1966, dopo la morte dello scrittore austriaco, è straordinariamente attuale, toccante, intensa e delicata, al punto che merita di essere annoverata tra le opere maggiori dell’autore. In Italia il romanzo è stato edito da Adelphi nel 1978 e questi giorni è tornato nelle librerie in una nuova veste grafica, sempre per la stessa casa editrice, nell’inossidabile traduzione di Laura Terreni, che ha tradotto in Italia quasi tutti i libri di Roth. Al centro del romanzo il sogno di cambiare le sorti dell’umanità, l’inseguimento del sogno bolscevico di riscatto sociale ed economico della classe proletaria e il seguente crollo di tutte le illusioni e di tutti gli ideali. Il protagonista è il giovane Friedrich Kargan, nato nella Russia zarista, a Odessa (oggi in Ucraina) da una relazione clandestina e cresciuto senza i genitori, dai suoi zii a Trieste, che lo consideravano quasi alla pari della servitù e gli vietavano di studiare, nonostante avesse dimostrato nella scuola elementare di essere più dotato dei cugini. Costretto a crescere in fretta e a farsi carico di sé stesso, appena divenne in grado di lavorare venne spedito in una cittadina di frontiera, presso una filiale di una delle tante compagnie di navigazione dell’impero. Lì farà le sue prime esperienze sul mondo:
[…] imparò a mentire, a falsificare documenti, a sfruttare l’impotenza, la stupidità e persino la brutalità dei funzionari. Altri dell’età sua erano appena scampati alla paura di un registro di classe e di un certificato di buona condotta. Lui sapeva già che al mondo non esisteva un uomo incorruttibile; che con l’aiuto del denaro si poteva fare tutto, e quasi tutto con l’aiuto dell’intelligenza. (p. 24)
Friedrich completerà gli studi proficuamente e frequenterà anche l’Università dove stringerà delle amicizie importanti che lo avvicineranno alle idee rivoluzionarie che allora si stavano diffondendo in Russia. Il profeta muto è la storia di un sognatore che lotta per inseguire un ideale e paga lo scotto di una così totalizzante missione: diventa un capo rivoluzionario, vive da esiliato, si muove in Europa con uno pseudonimo, fa esperienza nei lavori forzati in Siberia e, non ultimo, rinuncia all’amore. La voce narrante è interna alla storia, chi racconta conosce il protagonista e ne racconta le vicende biografiche dalla nascita fino agli ultimi fatti conosciuti. I luoghi della storia sono diversi: Odessa, Trieste, Parigi, Zurigo, Kharkhov, Vienna, Mosca.
Personaggi importanti all’interno del romanzo sono Savelli, alter ego di Stalin, dagli «occhi di ghiaccio e tenebra» (p. 158), che odia i borghesi e gli europei, che all’inizio avvicina a sé Friedrick illuminandolo con le sue idee sulla rivoluzione, il compagno Berzejev, un anarchico russo e un uomo che viene nominato solo con la sua iniziale, R., un intellettuale moderato, di cultura e formazione europea, che ho trovato tra i più affascinanti della storia:
Un gran numero di giovani si raccoglieva intorno a lui e formava la sua ‘cerchia’. Insieme camminavano nel silenzio della tarda notte, R. parlava e loro pendevano dalle sue labbra: «Dite» cominciava, «se questo mondo non è silenzioso come un cimitero! Gli uomini dormono nei loro letti come in una tomba, domani si alzano, leggono un articolo di fondo, intingono un morbido cornetto nel caffè, la panna trabocca dai bordi delle tazze. […] È già da un bel pò che gli operai sono nelle fabbriche, piccole ragazze incollano astucci, grossi uomini tagliano l’acciaio. Già da un pezzo i soldati fanno le esercitazioni nei campi. Le trombe squillano. […] E poi il mondo si riaddormenta. Noi però stiamo svegli. Sentiamo i ministri andare e venire, re e imperatori gemere nel sonno, sentiamo come l’acciaio si affila nelle fabbriche, sentiamo la nascita dei cannoni e il leggero fruscio della carta sulle scrivanie dei diplomatici. Noi vediamo già il grande incendio da cui gli uomini non potranno più salvare le loro piccole pene e le loro piccole gioie…». (pp. 40-41)
In questo romanzo di formazione, trovano posto diverse tematiche, frutto e sintesi di un’intera epoca, quella del secolo breve, per dirla con Hobsbawm: da un lato la rivoluzione russa che prenderà con Stalin-Savelli una deriva autoritaria e sanguinaria, deludendo chi come Friedrich aveva sacrificato sé stesso in nome della causa comune, dall’altro i prodromi della prima guerra mondiale, profetizzata da R. nel passo sopracitato. È il secolo dell’emancipazione - non pienamente raggiunta - delle donne, e il lettore avrà contezza, attraverso la storia della fascinosa e inquieta Hilde, la donna amata dal protagonista, di quante lacrime e di quante ipocrisie vi siano ancora dietro a una società che crede di essere moderna. Friedrich è l’ultimo sognatore, un personaggio solitario, nostalgico e struggente di un’epoca che ha visto infrangersi i suoi sogni, e, disilluso, rassegnato, continua a vivere con la sua
aspra e fiera malinconia di un solitario che vaga ai margini delle gioie, delle follie e dei dolori… (p. 191)
Il profeta muto è un romanzo decisamente meritevole per le ambientazioni ben rappresentate nella loro varietà, il fascino dei personaggi, così ben delineati con rapidi tratti di penna: alcuni di loro sono davvero indimenticabili e il lettore vi si affezionerà. Il tessuto narrativo è ricco e allo stesso tempo equilibrato, un arazzo in cui si alternano parti narrate a parti dialogate, finanche a pagine di diario. Come in ogni pagina di Joseph Roth, dalla narrativa ai reportage giornalistici, la sua penna è ammaliante, di alto livello, scorrevole, si insinua nella sensibilità del lettore di ogni epoca e lo fulmina con le sue pagine profetiche:
Non si aggiravano forse entrambi con l’orgoglio e la tristezza di profeti muti, non annotavano forse entrambi, nelle loro invisibili scritture, i sintomi di un futuro disumano e tecnicamente perfetto, i cui emblemi sono aeroplano e football e non falce e martello? (p. 187)
Marianna Inserra
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