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Un volume imperdibile per tutti gli appassionati: Kenneth Clark racconta il nudo messo a servizio dell'arte

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Nudo. Il corpo svelato all'arte
di Kenneth Clark
Il Saggiatore, ottobre 2024

Traduzione di Doletta Oxilia Caprin

pp. 328
€ 65 (cartaceo)

Proprio in questi giorni, soprattutto su social network come Instagram, mi trovo a portare avanti piccole battaglie per la libertà di postare ciò che ritengo opportuno, bello, libero, come i corpi delle donne. A Instagram, tuttavia (ed è risaputo) la mia presa di posizione non piace molto, come non piace quella di moltissime altre persone, scrittori, autrici, artisti e artiste che si battono per avere uno spazio in cui pubblicare la propria arte.

Quando quest'arte afferisce al nudo, soprattutto a quello femminile, il rischio di essere segnalati o addirittura bannati, è alto. Mi domando anche come io possa parlare di un meraviglioso testo come questo de Il Saggiatore senza misurare troppo le parole. Le strade sono due: o ignorare le limitazioni e pregare che vada bene oppure cercare di arrotondare i fatti e le immagini nascondendo termini e pezzi di corpo come se dovessimo vergognarcene. Ed è proprio questo che succede: ci vergogniamo di ciò che diciamo (e, più, di quello che non possiamo dire) e dei nostri corpi.

Lo sapevano già illo tempore alcuni degli artisti presi in esame nel volume: molto nota la censura a cui andò incontro il dipinto di Manet Olympia. Ma andiamo con ordine. Il testo, massiccio, è diviso in nove capitoli: Il nudo e la nudità; Apollo; Venere I; Venere II; Energia; Pathos; Estasi; L'altra convenzione; Il nudo fine a se stesso. Curato da Kenneth Clark, che è stato uno storico dell'arte, divulgatore, accademico l'Università di Oxford e direttore della National Gallery di Londra dal 1934 al 1945, si presenta in tutto il suo peso, letterale e lato, come un caposaldo per gli appassionati d'arte, un pezzo unico da tenere ben in mostra in libreria.

Nudo, nell'accezione comune del termine, significa essere privo di vestiti, e allo stesso tempo suggerisce quel senso di imbarazzo che quasi tutti in tale condizione proviamo. La parola «nudo», al contrario, usata in arte, non implica questo secondo significato di disagio. L'immagine indistinta che essa proietta nella mente non è quella di un corpo informe e indifeso, ma quella di un corpo armonioso, fiorente e fiducioso: il corpo, cioè, riplasmato. Nell'era del massimo splendore della pittura, il nudo fu ispiratore di grandi capolavori; e anche nei periodi in cui cessò di essere un soggetto d'obbligo ha continuato a occupare un posto importante come esercitazione accademica e come prova di abilità. (p. 14)

Aggiunge, e trovo che sia interessante: «Sebbene non sia che un punto di partenza per creare un'opera d'arte, il corpo nudo è un pretesto di grande importanza» Un pretesto: per parlare di sé, della società, della morale, per criticare un sistema, per provocare. Il corpo nudo, che sia femminile o maschile, non lascia mai indifferenti ed è sovente usato come scusa per creare scompiglio. Alcuni artisti presi in esame lo hanno fatto volontariamente, altri senza consapevolezza.  

Il primo capitolo del volume prende in esame il nudo inteso come nudità, cioè la tecnica per rappresentarlo: le proporzioni, le mode, i cambiamenti degli stili in base all'adeguamento culturale e sociale, le censure (emblematico il caso della cupola della Cappella Sistina: in origine rappresentava corpi dai genitali nudi, successivamente, nel 1564, un anno dopo il Concilio di Trento, vennero resi meno "indecenti" coprendoli con drappi dipinti. Clark dedicherà alla questione "censura" un intero capitolo, L'altra convenzione).  

Il terzo e quarto capitolo ci parlano di Venere, dopo l'esame critico della figura di Apollo. 

Platone, nel Simposio, fa dire a uno dei partecipanti che esistono due specie di Afrodite, una celeste e una volgare, o, come vennero chiamate più tardi, Venus Coelestis e Venus Naturalis; poiché esse sono il simbolo di sentimenti profondamente radicati nell'animo umano, questa osservazione, fatta di sfuggita, non fu mai dimenticata e divenne un assioma della filosofia medioevale e rinascimentale. È la giustificazione del nudo femminile. Sin dai tempi più remoti, il desiderio carnale ha cercato nelle immagini uno sfogo al suo lato ossessionante e irrazionale, e una delle aspirazioni ricorrenti nell'arte europea è stata appunto quella di dare a queste immagini una forma per cui Venere cessasse di essere volgare e diventasse celeste. Per raggiungere questa meta, l'artista ha cercato di purificare l'oggetto del proprio amore applicando le leggi della simmetria, quelle delle proporzioni e il principio della subordinazione. Ma forse questa purificazione di Venere non avrebbe avuto luogo se, fin dall'inizio, nella mente mediterranea non fosse stato presente un concetto astratto del corpo femminile. (p. 64)

Una riflessione: la Venere volgare viene definita naturalis. Volgare può riferirsi sia al suo significato popolare, di volgo, sia alla sua accezione triviale. Però quel naturalis fa pensare: il corpo della donna è sempre stato visto come impuro, come un oggetto, proprio perché era nella sua natura essere a servizio di qualcosa o qualcuno? Oppure perché è naturale che sia nudo? Perché non c'è niente di male nel mostrarlo? Ovviamente si tratta di domande che scomodano i massimi sistemi, ma questo è un esempio di come il volume di Clark riesca a stimolare pensieri produttivi.
I due capitoli esaminano in lungo e in largo le maggiori rappresentazioni artistiche della Dea dell'amore, dall'Afrodite Cnidia di Prassitele a La nascita di Venere di Botticelli, dalla Venere di Dresda di Giorgione alla Venere di Urbino di Tiziano.

Il quinto capitolo prende in esame invece l''energia, intesa come il corpo plastico in movimento: i giochi olimpici, le guerre, le lotte fra simili, le torsioni, i muscoli guizzanti, i ratti delle donne, le violenze, tutto ciò che nella rappresentazione scultorea e pittorica riusciva a mettere in evidenza la bellezza e la perfezione del corpo umano. Alcuni esempi: Ercole che uccide l'Idra di Pollaiolo; i bozzetti di Michelangelo per La battaglia di Cascina; Il ratto di Ippodamia di Rubens, e così via.

Il sesto, in egual modo, mette in scena il pathos: morti violente, tragedie, lacrime, tutte però sempre e comunque a servizio del corpo quale contenitore delle miserie, delle gioie, degli amori degli uomini. In questa sezione troviamo La pietà di Michelangelo; La cacciata dal Paradiso terrestre di Masaccio; Deposizione di Caravaggio e molte altre meraviglie. 

Ed ecco, insomma, ogni capitolo apre mondi: che sia un dipinto rinascimentale o una scultura greca classica, uno schizzo a matita o una pala d'altare, il corpo - che piaccia o meno - è sempre il protagonista. E quando è nudo ancora di più. Si tratta, come ho detto, di un volume massiccio, monumentale, da leggere centellinando le pagine, grazie alla loro ricchezza di dettagli, immagini, fatti storici, curiosità, specifiche tecniche.
Un volume assolutamente imperdibile per gli appassionati d'arte e per chi, riprendendo le mie riflessioni in apertura, è convinto che sia del tutto naturalis trattare il corpo, e femminile e maschile, come qualcosa da celebrare e non da svilire.

Deborah D'Addetta