Sono dodici gli anni che separano Pietro Rota da Montisola, ma la distanza non è paragonabile a quella che lo divide da suo padre, Nevio, pescatore legato alla sua quotidianità, alle reti da sistemare, al suo naèt su cui parte ogni notte alla ricerca di pesci. In un mondo che cambia, Nevio non vuole cambiare, e resta ostinato nel suo silenzio da quando Pietro ha deciso di partire per Milano, dove ha studiato per diventare giornalista ed è entrato nella redazione di un giornale scandalistico. Niente a che fare con i sogni che aveva da ragazzo, quelli che condivideva con i suoi più cari amici di Montisola, Betta e Cristian. Ma diventare adulti significa accettare di scrivere di cronaca nera per quella rivista di serie B, in cambio di quattro soldi; e dove non arriva la soddisfazione si può sempre compensare con una striscia di coca, qualche drink e sesso occasionale.
Questa è sostanzialmente la routine di Pietro, almeno finché Nevio non gli chiede aiuto: è stato accusato dell'omicidio di Emilio Ercoli, imprenditore ricchissimo, ormai anziano, conosciuto da tutti a Montisola. Trasalire è il minimo, davanti a una notizia del genere, che obbliga Pietro a fare i conti con un passato che pensava perlomeno di aver accantonato. Se al telefono il padre è stato a dir poco sbrigativo, anche dal vivo, a Montisola, la sua spiegazione non è particolarmente dettagliata:
«[...] Tutto quello che so è che venerdì scorso in paese si è diffusa la voce che il vecchio bastardo era sparito. Hanno cominciato a cercarlo lungo la strada degli ulivi, dove andava a camminare ogni sera. Pensavano tutti che fosse affogato nel lago, invece il giorno dopo è stato ritrovato stecchito sulla montagna. Qualcuno lo aveva ammazzato». (p. 27)
Siccome c'erano «vecchie ruggini» (p. 27) tra Nevio ed Emilio Ercoli, la polizia ha interrogato il pescatore come “persona informata sui fatti” e lì Nevio non ha negato che il morto era un «figlio di un cane» e lui «avrebbe volentieri stretto la mano a chiunque l'avesse fatto secco» (ibidem). Insomma, la diplomazia non appartiene a Rota padre, che vuole semplicemente andare avanti con la sua vita fatta di reti da sistemare, uscite in barca e tanta smisurata solitudine, visto che è vedovo da tanti anni.
Pietro ha chiare due cose: non può lasciare suo padre allo sbando in questa situazione di bisogno, ma non intende fermarsi a Montisola più di un paio di giorni. Non sa ancora che la prima decisione lo costringerà a restare nella sua vecchia casa per parecchio tempo, alle prese con un'indagine che non avrebbe alcun diritto di condurre. Tuttavia, quando scopre che è stato il suo vecchio amico Cristian, che lavora nella polizia locale di Montisola, a ritrovare Ercoli in fin di vita e barbaramente seviziato, poco prima che morisse, non riesce a non fargli domande.
Basta poco perché i due si creino una nuova abitudine: bere qualcosa insieme a fine giornata al bar che frequentavano già da ragazzini, ragguagliandosi sulle reciproche scoperte. Dopo qualche ritrosia iniziale, infatti, Cristian deve ammettere che Pietro ha fiuto per le indagini e può essergli utile; il patto è chiaro: nessuno deve sapere che Pietro si sta immischiando nel caso che riguarda da vicino suo padre; viceversa, Cristian potrà prendersi tutti i meriti delle eventuali scoperte per fare carriera.
Chi ha torturato Ercoli in modo tanto disumano? E cosa può spingere un essere vivente a volere tanto la morte dolorosa di un suo simile? Jacopo De Michelis, già autore di un altro thriller di grande successo, La stazione (Giunti, 2022), torna in classifica con questo nuovo romanzo, che prende le mosse dal grande tema delle radici (e non mi riferisco solo a quelle di Pietro, tornato a Montisola, ma lo si scoprirà via via) e va a scoperchiare un vaso di Pandora che riporta ai tempi della Seconda guerra mondiale.
Bisogna però pazientare perché il thriller storico si mostri con tutta la sua forza (anche di denuncia): prima occorre costruire l'ambientazione, far conoscere più da vicino i personaggi principali e focalizzarsi sul rapporto conflittuale di Pietro e Nevio. Insomma, le prime duecento pagine scorrono sorprendentemente placide, un po' come l'acqua del lago d'Iseo quando c'è giusto una tiepida brezza ogni tanto e per il resto bonaccia. Poi, però, si fa strada il vento freddo dei segreti e degli inganni, e allora anche la narrazione si increspa e ci lascia intuire qualcosa di sordido ed eticamente riprovevole che rende Ercoli una vittima decisamente invisa ai lettori.
Anche per questo La montagna nel lago è un romanzo permeato di dilemmi etici, che non smettono di tormentare Pietro in più situazioni, specialmente da quando ha finito la sua dose di cocaina e niente gli edulcora la realtà. Per andare avanti dovrà fare appello alla sua anima da giornalista, ma anche all'affetto di un figlio e di un amico che è tornato sui suoi passi. Per restare? Chissà. Certamente per mettersi alla prova e verificare se, almeno in questa occasione, saprà essere all'altezza.
GMGhioni
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