di Piero De Martini
il Saggiatore, ottobre 2024
pp. 240
€20,00 (cartaceo)
Le estati (quasi) felici di Gustav Mahler si inserisce perfettamente sia nella storia editoriale di Piero De Martini e della collana in cui è inserito, sia in quella tendenza più recente della produzione libraria italiana, caratterizzata dall’ibridismo delle forme e da una particolare volontà, che, con qualche generalizzazione di servizio, si potrebbe definire realistica.
Piero De Martini, musicologo che ha approfondito per lo più compositori ottocenteschi, non ha scritto una biografia di Mahler, anche perché non ne aveva l’intenzione, e nemmeno un romanzo biografico, anche in questo caso sono fermamente convinto che il suo intento non fosse questo. Ha scritto invece un saggio che, a mio avviso, si potrebbe definire come «documentario», un saggio, ibrido nelle forme e nello stile, che intende appunto documentare, anche attraverso l’uso di diversi materiali (fotografie storiche, lettere private, resoconti sui luoghi, solo per fare degli esempi) alcuni aspetti della vita di Gustav Mahler, soprattutto di quella compositiva, non a tutti noti.
Per fare questo, Piero De Martini per prima cosa decide di dare un taglio personale alla mole di materiale informe, accresciuto dalle tante letture (alla fine del libro è inserita un’utile e interessante bibliografia fondamentale, nella corposa sezione degli apparati che comprende anche delle brevi biografie dei personaggi, intitolata Ringraziamenti bibliografici), e decide di farlo seguendo due direzioni: la prima è di limitare l’intervallo temporale della sua opera, la seconda è di parlare di Mahler a partire dalle sue abitazioni estive. Su questo ultimo aspetto, parte della storia lavorativa dell’autore, credo, abbia avuto un qualche peso, considerando il fatto che sia stato architetto e designer. In generale, direi che queste scelte si sono rivelate vincenti: hanno portato alla creazione di un libro piacevole, scorrevole e preciso a livello documentario.
Il periodo temporale del racconto è circoscritto alle estati («Mahler componeva d’estate», si apre così questo libro a p. 9) comprese tra il 1893 e il 1907. Queste due date, ovviamente, non sono scelte a caso, come non sembra essere scelto a caso nemmeno il taglio modulato sulle abitazioni estive (tra i suoi libri, il più riuscito, a mio parere è Le case della musica, 2018), soprattutto se si considera che nella biografia di Mahler possono essere considerate come i due snodi fondamentali per la sua attività creativa, nonché per la sua vita. Nel 1893 Mahler, dopo le critiche feroci che la sua prima sinfonia (Titano) ricevette alla sua prima uscita (Budapest 1889), decide di passare le estati sulle rive dell’Attersee, un lago montano austriaco, in cui fa costruire una piccola casetta per comporre. In questo luogo, come ricorda molto bene De Martini, Mahler visse uno dei periodi più sereni della sua vita («la felicità del luogo contribuì al tono sereno della nuova composizione, una sorta di sinfonia della natura», p. 14), ridusse la prima sinfonia (che passò dall’avere 5 movimenti all’averne 4), iniziò e terminò la sinfonia numero due (Resurrezione) e scrisse parte della lunga terza sinfonia (Sinfonia in Re minore), oltre ai dieci Wunderhornlieder. Il 1907, invece, è un anno drammatico per Mahler: si ammala seriamente al cuore, aprendo la strada all’ultima sua fase della vita, anche creativa (Mahler muore nel 1911, due anni dopo aver composto la Nona, considerata il suo capolavoro).
La narrazione di Piero De Martini, attraverso le lettere dei conoscenti e la descrizione dei luoghi estivi e naturali tanto amati da Mahler (si sofferma soprattutto su due residenze estive: quella a Steinbach, vicino al lago Attersee, e quella a Maiernigg, sul lago Wörthersee), si muove negli anni centrali dell’attività del compositore, mostrando anche i lati complicati del carattere della persona, le ossessioni del musicista, le difficoltà del compositore e del direttore d’orchestra. E tutto questo lo fa senza cadere nel rischio di encomio e di una lode esasperata, senza innalzarlo oltremodo, come hanno fatto altri critici, senza sottolineare il fatto che la sua arte «è il grido d’aiuto di coloro che vivono in loro stessi il destino dell’umanità» (sono le parole che usò Schönberg nel suo discorso funebre). No, Piero De Martini parla di Mahler con equilibrio, con passione e precisione documentaria. Se per Schönberg, Mahler, dopo la morte, da genio assoluto, massima esemplificazione del suo tempo, diventa santo e martire, per De Martini è pur sempre un uomo, che ha creato dei capolavori, vero, ma che rimane comunque un uomo, con le sue simpatie, con le sue amicizie, con i suoi amori (il legame con la moglie, compositrice e scrittrice Alma Schindler è stato complicato), con le sue ossessioni, con le sue antipatie e le sue tragedie.
Le estati (quasi) felici di Gustav Mahler ci immerge in una vita dedicata alla musica, in estati serene e naturali, in tragedie e difficoltà, illuminando i legami di uno dei più celebri compositori di tutti i tempi.
Giorgio Pozzessere
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