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«Ma non sei stata soltanto un'ombra, sei stata. Tu»: Valérie Perrin torna a emozionare con il suo nuovo romanzo "Tatà"

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Tatà
di Valérie Perrin
edizioni e/o, novembre 2024 

Traduzione di Alberto Bracci Testasecca

pp. 608
€ 21 (cartaceo)
€ 14,99 (ebook)

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Non ti ho mai chiamato tatà. Non ci è mai passato per la testa, né a me né a te. Se non sbaglio comincia così il discorso che ho scritto per te. Ce l'ho qui nella borsa, ma non te lo leggerò adesso, tornerò dopo [...] Ci siamo messi in viaggio, Colette cara, e vorrei ringraziarti, perché grazie alla tua seconda morte mi hai riportato alla vita. Un giorno ti spiegherò, verrò qui a raccontartelo e saremo solo noi due. (p. 412) 

In tanti attendevano il ritorno in libreria di Valérie Perrin, pluripremiata autrice francese giunta ora al suo quarto romanzo dopo i successi internazionali dei precedenti Cambiare l'acqua ai fiori e Tre
Ciò che ha conquistato i lettori è la sua potente capacità narrativa, quell'abile tensione affabulatoria che rimane elevata lungo tutto lo sviluppo delle sue storie, l'intreccio delle trame che vanno a intersecare i tempi e le vite dei personaggi.
Tutti elementi che ritroviamo anche in quest'ultimo libro, Tatà, che si apre con l'annuncio di una morte e l'immagine evocata di un cimitero che subito riportano alla memoria la vicenda di Violette Toussaint, protagonista di Cambiare l'acqua ai fiori. Per chi legge è come se risuonasse una vibrazione emotiva, è la porta di ingresso in un altro romanzo costruito su più piani dove la memoria funge da mezzo connettore dei diversi livelli e temi. 
In questo caso siamo di fronte a una seconda morte, un paradosso di fronte a cui si ritrova la protagonista Agnès, regista dal cuore spezzato, quando riceve una chiamata che annuncia la scomparsa della zia Colette. Lo sgomento è totale: la donna, infatti, risulta morta tre anni prima e riposa al cimitero della cittadina di Guegnon. Chiamata a riconoscere il corpo, Agnès deve arrendersi all'evidenza, per quanto assurda: la donna adesso scomparsa è proprio la zia e da subito si accende il mistero.
Come ha fatto Colette a "rimorire" (verbo che non esiste razionalmente ma prende corpo nello spazio di questo romanzo)? Chi è la persona sepolta sotto quella lapide? E cosa è successo nei tre anni in cui tutti credevano Colette defunta? 
Per Agnès si spalanca un universo di verità nuove che vengono a galla piano piano in quella che si configura come una vera e propria indagine a più mani. Insieme alla regista investigano amici, polizia, uomini e donne venuti da passati lontani, e ad aiutarla nella ricostruzione di ciò che è stato compare una strana valigia piena di audiocassette che la zia ha registrato per la nipote nel corso degli anni con l'obiettivo di raccontarle ciò che non ha mai saputo sul loro passato, sulla loro famiglia, sui sentimenti che Colette ha nascosto sotto il suo volto schivo e i suoi silenzi. A parlare nelle audiocassette non è solo Colette, compaiono voci e suoni di esistenze sconosciute. 
Il lettore si affianca a un'incredula e sopraffatta Agnès scoprendo passo passo questa avvincente trama nascosta che si costruisce nell'alternanza della narrazione romanzesca, dell'audio delle cassette, di una nuova sceneggiatura/romanzo che Agnès decide di scrivere una volta trovatasi di fronte alla conoscenza del proprio passato. Il tempo fa un costante avanti e indietro mentre le verità si snodano e quel Tatà ("zia"/"zietta") diventa sempre più familiare e affettuoso, come un abbraccio. 

I grandi temi di Perrin ritornano in Tatà: la morte, in primis, come momento di perdita e riscoperta, quasi un ritorno alla vita; l'amicizia ritrovata, tema centrale in Tre; la famiglia come matassa di relazioni che vanno oltre i legami di sangue; la memoria di chi ci ha preceduti come carta su cui scrivere il futuro e tracciare nuove direzioni; l'amore perduto quale simbolo delle nostre fragilità, una delle tante forme di investimento che facciamo in queste vite apparentemente sconnesse le une dalle altre. 
Ritorna anche la tendenza a mescolare i generi, con una tinta di giallo che qui accompagna predominante. Torna la delicata grazia della scrittura, la profondità di sguardo. 

Indubbia, ancora una volta, l'abilità di Perrin nel coinvolgere i lettori fino a farli sentire parte della trama, amici dei personaggi, anche dei più fragili o spiacevoli.
Rispetto a quanto provato nella prima lettura di Cambiare l'acqua ai fioriTre affiora a volte un senso di "già visto" tra le pagine, ma non è tanto un ripetere o ripetersi: è la confortante sensazione di essere tornati in un posto che ci piace, tra le braccia di una valida narratrice che ci accolgono ancora. La sensazione di essere tornati a casa, che è quello che fanno i libri emozionanti. 
 

Claudia Consoli


[Ai romanzi di Valérie Perrin abbiamo dedicato anche un video del nostro canale YouTube]