I Magi e la stella. Viaggio a Betlemme
La Betlemme che alberga nel nostro immaginario non è quella reale. È quella di Giotto, quella di Bosch, quella di Bruegel. Il mondo occidentale ha costruito una città fittizia, riempiendo di tessere il mosaico parziale restituito dalle fonti evangeliche e dalla tradizione della Chiesa. Non si tratta di un tradimento. Ma dell’espressione di un desiderio. Al di là dei quintali di melassa in cui affoghiamo ogni anno, al di là delle deviazioni consumistiche travestite da attenzioni pedagogiche, il Natale resta, pur sempre, un’occasione per riflettere sul senso ultimo dell’esistenza e sulla possibilità che il Mistero - quella X che pende sopra le nostre teste e a cui rivolgiamo gli occhi, chi più chi meno, nel corso della nostra vita - abbia voluto realmente manifestarsi nella storia. (p. 231)
I Magi e la stella, ultimo lavoro del professor Antonio Musarra, docente di Storia medievale presso La Sapienza di Roma, è un saggio pieno di malia, un ibrido tra il racconto di viaggio e l’indagine rigorosa dello storico che si pone tante domande riguardo a quell’evento che ha cambiato per sempre la storia del mondo: la nascita di Gesù. «Da dove nascono, in che modo si sono formate le tradizioni di pellegrinaggio? Come si è sedimentata la memoria cristiana?» (p. 7). Gesù è nato veramente a Betlemme? Chi erano i Magi? E tanti altri interrogativi ai quali il nostro professore, armato di entusiasmo e pazienza, oltre che di uno zaino pieno di libri da consultare di volta in volta durante il viaggio, cerca di fornire delle risposte che possano avvicinarsi il più possibile a un’ipotesi di verità. Si tratta di domande solo apparentemente semplici: il lettore scoprirà che si tratta di un lavoro di indagine davvero complesso, perché la storia della nascita di Gesù si intreccia con quella di un territorio attraversato da popolazioni, culture e religioni diverse, ma in qualche modo imparentate tra loro.
La Terrasanta e i suoi luoghi sacri sono posti unici al mondo e anche chi non è credente è coinvolto in un’atmosfera di solennità, di fascino e di mistero. A Betlemme, in particolare, meta di questo viaggio di conoscenza e di indagine, si annusa materialmente il profumo di secoli e secoli di storia e il naso ci pizzica per la polvere delle battaglie accese per questioni religiose e, tenuto conto della sua posizione strategica, non solo per quelle. Musarra ci porta letteralmente con sé a conoscere Betlemme: attraversiamo i colori e i profumi del suq, il mercato arabo, diretti verso la basilica della Natività, consultando diversi testi fondamentali, dalla Bibbia, ai vangeli apocrifi, al Corano. Siamo in Cisgiordania, nel West Bank e tra Gerusalemme e Betlemme si erge un alto muro di separazione. Nella Bibbia ebraica, fa notare lo storico, la presenza di questa città sembra avere un peso poco rilevante rispetto a Gerusalemme, nonostante si inserisca all’interno di una regione di alto valore per l’identità israelitica. Betlemme, il cui etimo traduce “la casa del pane”, ma anche “la casa della carne” (da notare la simbologia eucaristica), è legata alla storia di David, figlio di Iesse, da cui discende anche Gesù, alla tomba di Rachele, dove si recavano da tempo immemore donne dalla gravidanza difficile. Analizzando e confrontando i vangeli dell’infanzia di Gesù, Matteo e Luca, Musarra ne sottolinea i punti in comune, ma anche le divergenze:
Laddove Matteo concede ampio spazio a Giuseppe, «uomo giusto» - o meglio, ṣaddiq; a tutti gli effetti, un titolo onorifico […], in Luca è Maria a essere al centro. La sua disponibilità ad accondiscendere alla realizzazione del piano divino risalta in pieno. Oltre a ciò, particolare enfasi è posta sul ruolo che la nascita di Gesù avrebbe avuto sulla liberazione dei poveri e degli oppressi e sulla condanna dei potenti, nell’ambito d’una promessa non più rivolta unicamente al popolo d’Israele ma, indistintamente, a tutti gli uomini. (p. 47)
Ma la differenza più lampante è la presenza dei re Magi nella sola versione matteana, una questione che l’autore affronterà nelle pagine finali del saggio. Ci sono tanti interrogativi che a volte si affacciano quasi work in progress e che pretendono considerazioni e ricerche a parte e Musarra non lascia niente al caso: quando è nato Gesù? Ma è nato a Betlemme o a Nazaret, visto che era comunemente chiamato Gesù il nazareno? Dove cercare le risposte a queste domande se non incrociando i dati dei vangeli, di quelli non riconosciuti dalla Chiesa, di teologi eminenti come il compianto eminente papa Ratzinger? Sicuramente i vangeli di Matteo e di Luca, nei loro capitoli iniziali evidenziano con forza la necessità di riallacciare «la vicenda terrena di Gesù alla Storia della Salvezza sottolineandone l’ascendenza davidica e la perfetta consonanza alle Scritture» (p. 54). Musarra dichiara però che siamo sempre di fronte a fatti che non possiamo considerare propriamente storici: la Giudea, cioè la regione di Betlemme, era attraversata all’epoca da forme di contestazione antiromana ed è probabile che Luca, forse il vangelo più orientato e “costruito”, abbia voluto conferire gloria a quell’area facendovi nascere il Messia. In ogni caso,
comunque siano andate le cose, l’importanza storica assunta dalla città nel corso del tempo non ne risulta diminuita. […] Non è al dato materiale ch’è necessario guardare. Tanto il credente, quanto il non credente trovano incontro nel significato assunto dal luogo nel corso del tempo, intrinsecamente legato, più che al fatto storico della nascita, al suo significato redentivo per l’umanità intera. (pp. 58-59)
Ho viaggiato con il professore nelle pagine, corredate da fotografie a colori, in cui viene descritta la poderosa basilica della Natività: l’autore riporta con dovizia di particolari la commistione di stili, di iscrizioni appartenenti a culture diverse che ha ritrovato al suo interno, e poi la Grotta, l’altare della mangiatoia, i mosaici. Sentimento, storia, mistero, emozioni uniche: lo storico ci rende partecipi di questa esperienza attraverso una descrizione del luogo e delle opere d’arte molto accurata, mai ridondante e ci ricorda più volte che se adesso è possibile visitare questo edificio che è caro a diverse confessioni è tutto merito dell’immenso lavoro di recupero e restauro voluto fortemente dall’Autorità nazionale palestinese.
Il numero elevato di pellegrini che ogni anno visitano questi luoghi obbedendo a una fede millenaria ci impone una riflessione: lo storico sottolinea che il cristianesimo delle origini non dava tanto spazio alla nascita del Messia, quanto piuttosto alla sua Passione e resurrezione, quindi è stato durante il Basso Medioevo che è partito un lungo processo che ha portato alla codificazione della sacralità della Natività fino ad arrivare alla «melassa» e al business che ruotano attorno alle festività natalizie, ormai prive del significato più profondo, autentico e originario del Natale. A questo processo di progressiva codificazione del sacro ha contribuito probabilmente San Francesco con la sua translatio Terre Sancte creando per primo la nuova Betlemme a Greccio attraverso il presepe. Musarra è consapevole di muoversi su un terreno scivoloso e poco battuto dagli studiosi, anche perché non vi è certezza assoluta che l’assisiate sia stato in Terrasanta, tuttavia, citando accuratamente fonti affidabili e autorevoli, lo storico sostiene con forza la sua convinzione in base alla quale San Francesco sia davvero stato in quei sacri luoghi. Uno degli aspetti più intriganti del libro è l’analisi della stella che guida i Magi: Musarra ricostruisce il significato astronomico e simbolico attribuito a questo elemento celeste, ripercorrendone le interpretazioni scientifiche, dalla possibilità che si trattasse di una congiunzione planetaria o di una supernova, fino alle spiegazioni allegoriche che vedono nella stella un segno divino della nascita del Salvatore. Musarra sottolinea come la stella, lungi dall’essere un semplice fenomeno naturale, sia stata caricata di valenze teologiche e politiche, soprattutto durante il Medioevo, quando il racconto dei Magi venne strumentalizzato per legittimare il potere temporale dei sovrani cristiani.
Lo stile e l’approccio del saggio sono notevoli: il lavoro si distingue per la chiarezza espositiva e la capacità di coniugare il rigore scientifico con un linguaggio accessibile. Musarra guida il lettore attraverso una narrazione che spazia dal mondo biblico al contesto medievale, senza mai perdere di vista il filo conduttore: la potenza del mito dei Magi come veicolo di significati universali e strumenti di dialogo (e conflitto) tra culture. Lo studioso esprime, a questo proposito, in più punti del libro la sua preoccupazione e il suo dolore per i conflitti dell’area ancora in corso:
Certo, è difficile credere che odi e vendette accompagnino ancora il nostro tempo. Attraversando la piazza mi sorprendo a riflettere sull’inutilità della lezione del Novecento: più che il secolo «breve», come ha detto qualcuno, il secolo «buio» (altro che Medioevo!), le cui ombre si allungano inesorabilmente su un presente sempre più incerto. Il fatto è che in questa terra ragioni e torti si accavallano. Ciò che sembra importare, qui, è la differenziazione: il timore di perdere l’identità. Un’identità prettamente araba e islamica (con qualche punta di marxismo, debbo dire), da un lato, ebraica ma anche fieramente laica (politicamente diversificata), dall’altro, capace di trasfigurare ogni sasso, ogni albero, ogni filo d’erba. (p. 66)
I Magi e la Stella è un’opera che va oltre il semplice studio storico per proporre una riflessione più ampia sul ruolo dei miti nella costruzione dell’identità culturale e religiosa dell’Occidente. Antonio Musarra dimostra ancora una volta la sua capacità di intrecciare storia, cultura e simbolismo in un quadro narrativo affascinante e coinvolgente pur nella sua profonda complessità. Si può ragionevolmente dire che il saggio è imprescindibile per chiunque sia interessato non solo alla storia del cristianesimo, ma anche alla complessa dinamica tra mito, fede e cultura che ha plasmato il mondo moderno.
Marianna Inserra
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