Sulla scrittura, l'arte, la vita: "La scrittura come un coltello" di Annie Ernaux


La scrittura come un coltello
di Annie Ernaux
con Frédéric-Yves Jeannet
L’Orma, novembre 2024

Traduzione di Lorenzo Flabbi

pp. 168
€ 18,00 (cartaceo) 

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La scrittura ha per me due forme. Da una parte, ci sono i testi pensati e costruiti […], e dall’altra, parallelamente, un’attività di diarista, antica e multiforme. (p. 24)

Annie Ernaux vive in Francia, Frédéric-Yves Jeannet in Messico. Uno scambio epistolare fra due scrittori che abitano così distanti l’uno dall’altra richiederebbe molto tempo ma il desiderio di parlare di qualcosa di importante è intenso, quindi optano per un nuovo mezzo di comunicazione, che coniuga la rapidità della telefonata con la tradizione un po' rétro della posta: le email. E così, dalle domande che Jeannet pone a Ernaux in un intervallo di sei anni, dal 1996 al 2002, nasce un carteggio piuttosto serrato sulla scrittura di quest’ultima.

«Tra la formulazione della domanda da parte dell’intervistatore» scrive Ernaux nella premessa al libro, «e ciò che si crede di voler rispondere si estende uno spazio angosciante, persino minaccioso» (p. 12). L’angoscia e la minaccia, assenti solitamente nella formulazione orale di un’intervista (in cui i tempi sono per necessità non dilatati, ma anzi immediati, diretti), sono l’elemento essenziale della scrittura. Lo iato che esiste tra il momento del pensiero e quello della messa in atto di quello stesso pensiero è lo spazio in cui nasce la letteratura. È su questo scarto che possiamo godere, da lettori, del processo creativo su cui insiste Annie Ernaux. Da qui dobbiamo partire per comprendere quanto riportato in La scrittura come un coltello.

Questo breve testo – completato, si è detto, nel 2002 ma rivisto circa dieci anni dopo, e arricchito con un’appendice dell’editore Lorenzo Flabbi, che ha voluto fortemente la traduzione di Ernaux in Italia – è di una densità che fa quasi spavento. Le domande di Jeannet sono sempre sul punto, chirurgiche, e spingono Ernaux a una riflessione intorno non soltanto alla scrittura in generale, come ci si aspetterebbe da una semplice intervista, bensì anche alla propria vita, ai temi che le stanno a cuore, a un’indagine su se stessa che ha un sapore quasi psicoanalitico. Gli scambi di email sono stati assemblati per macrotemi (sul modo di scrivere, sul femminismo, sulla politica ecc.) ma, come capita in una conversazione, a volte si torna su qualcosa di già detto, magari per approfondirlo o per osservarlo da un altro punto di vista. Sta di fatto che nessuno dei capitoli in cui è suddiviso il libro risulta noioso: in ogni pagina di questo testo si possono trovare spunti di riflessione, aneddoti, curiosità sulla vita e le opere di Ernaux.

La scrittura come un coltello non è un testo rivolto soltanto a chi conosce già l’opera di Ernaux. Certo è che aver letto le sue opere – non necessariamente tutte, ma quantomeno le più famose: Il posto, Gli anni, L’evento – aiuta nella lettura, quantomeno per non perdere i riferimenti e per comprendere appieno l’argomento che si sta trattando. Ma, se è vero che ci si può ritrovare un poco spaesati in assenza di una lettura puntuale delle opere della scrittrice francese, si può comunque godere dei capitoli dedicati alla scrittura, ai dettagli autobiografici, alle conversazioni generali intorno all’arte, alla letteratura e alla politica. Vi sono infatti alcuni passaggi che riguardano propriamente il processo creativo, l’atto dello scrivere, e che sono forse i momenti più alti e interessanti del libro. Ogni grande scrittore ha il proprio metodo, e c’è anche chi, da questo metodo, ha tratto manuali di scrittura (basti pensare a Sulla scrittura di Stephen King, solo per citarne uno). Quello di Ernaux, come emerge dalle pagine di questo breve testo, ha a che fare con l’esplorazione di sé e del mondo circostante, con un lavoro di pulizia testuale che a volte la porta anche molto distante dal luogo in cui nasce l’idea. È un metodo che sfrutta l’ossessione per determinati temi, il desiderio di indagare la realtà e scoprire una verità che non si conosceva, o che si credeva taciuta fra le pieghe della memoria. È romanzo, biografia, memoir e saggistica insieme.

Nelle risposte a Jeannet, spesso Ernaux si mette a nudo, e con una sincerità inaspettata si racconta come in una confidenza a un vecchio amico. Costretta a rivangare eventi accaduti a volte decenni prima, come quelli dell’infanzia, si ritrova a scrivere pagine bellissime e delicate, mai scevre di un dolore un poco sopito ma mai sepolto, che ha deciso di condividere con i propri lettori. C’è sicuramente molto altro che Ernaux ha omesso, ed è giusto che sia così. Il privato di una scrittrice – anche di una che ha fatto della verità il proprio tratto – è un luogo sacro, un sancta sanctorum a cui nessuno dovrebbe avere accesso. Poterne osservare le mura da lontano, però, può essere un privilegio, e una fonte d’ispirazione per tutti. In questo caso, lo è stato.

David Valentini