di Lorenzo Bonini e Paolo Valsecchi
Nord editore, 2024
pp. 335
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Trovare la propria strada e identità non è mai impresa facile; ancora di più se sei il discendente di una delle famiglie di industriali più note dell’Italia novecentesca. È, infatti, con le incertezze di Marta Badoni che si apre la complessa saga familiare raccontata in Una casa di ferro e di vento. Marta è, infatti, l’ultima figlia di un ricco industriale, Giuseppe Riccardo Badoni (abbreviato con la sigla GRB), che, dopo più di trent’anni, decide di intraprendere un percorso a ritroso nella storia della sua famiglia, complice anche l’eredità di una delle sorelle che le ha lasciato il diario del padre. Marta, dunque, si reca alla villa di famiglia a Lecco, ormai «sezionata in una dozzina di appartamenti» (p. 11). Se nella prima metà del Novecento Villa Badoni era il simbolo (e il nucleo) della famiglia, oggi, quello che Marta vede è solo «un involucro incoerente» (p. 11) di un’importanza effimera che ha distrutto legami famigliari e lavorativi, lasciando i Badoni nel dimenticatoio.
Chi erano, però, i Badoni? Fulcro della famiglia è sicuramente il capostipite, Giuseppe Riccardo Badoni, il patriarca che, da quando era poco più di un’adolescente, ha creduto in quella modesta «officina» (p. 21) di ferro e di acciaio, credendo di poterla trasformarla in un’azienda di successo. Effettivamente, i suoi sogni di bambino ben presto si tramutano in realtà, ma quello che sembra, a tutti gli effetti, un successo senza tempo, si trasforma quasi per GRB in un’ossessione, tanto da provare a costringere i figli (di primo e secondo matrimonio) a seguire quella strada. Non sempre però le vicende umane vanno secondo la propria volontà, e così ognuna delle figlie (dopo la perdita dell’unico figlio maschio, erede dell’azienda) si ritrova a seguire un destino diverso e lontano da quello immaginato dal padre.
Sul parapetto, quasi fosse un antico intarsio, è riprodotto il marchio delle Officine Badoni. Un enorme stabilimento cresciuto nel cuore della città, un moderno castello di cemento con ciminiere che s’innalzano come torri, e argani e gru a fare da ponte levatoi. (p. 21)
Sono sicuramente le voci femminili (dopo una prima parte dedicata a GRB) a prendere la scena in questo romanzo; ognuna delle sorelle Badoni (undici in totale) racconta una sfumatura di quel Novecento, così complesso e drammatico. Se l’ultima, Marta, è l’unica forse a cercare di riannodare i fili della memoria famigliare, le altre sorelle, pur desiderose di rispettare le attese paterne, alla fin fine se ne distaccano, schiacciate da un cognome che pesa moltissimo: da Laura, la primogenita, costretta ad abbandonare l’Italia dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, a Sofia, donna coraggiosa che riesce a far fronte a una vita dolorosa fino ad Adriana che troverà il suo spazio, lontana dai Badoni e da Lecco. Le voci delle donne Badoni restituiscono un ritratto poco idilliaco che contrasta con l’idea di perfezione che, dall’esterno, sembrava essere questa famiglia: segreti, gelosie e invidie sono quasi un fil rouge che accompagnano il rapporto tra le sorelle e tra il capostipite e la seconda moglie – Emilia- che non riesce ad allontanarsi dal fantasma della prima consorte Badoni, modello per il patriarca della devozione matrimoniale («Adriana Molteni, la prima moglie dell’ingegnere scomparsa sette anni prima», p. 23).
Sofia aveva riconosciuto in suo padre quella forza quasi sciamanica che, adorante, aveva colto fin da ragazzina. Il fluido di ferrea volontà che quell’uomo era in grado di trasferire a chiunque lo sfiorasse. Come uno stregone. (p. 119)
Una casa di ferro e di vetro è un romanzo che si muove tra le pagine di un diario che restituisce un complesso quadro familiare, travolto non solo dall’onere di dover mantenere il successo aziendale, ma anche dalla Storia, quella collettiva, che rende difficile la sopravvivenza della famiglia. Ogni membro sembra travolto da eventi a cui non riesce a far fronte e che, soprattutto, non può cambiare.
Lorenzo Bonini e Paolo Valsecchi intrecciano le parole dell’ultima discendente (appunto Marta, a cui è dedicato il romanzo) rendendo partecipe il lettore di una storia che, all’apparenza, racconta quella privata della famiglia, ma che, nei fatti, forse, quella di ognuno di noi: non sono forse frequenti le gelosie tra i fratelli? Non è forse vero che, a volte, vale più l’apparenza della sostanza? La storia della famiglia Badoni racconta anche quella italiana, riuscendo a collegarsi perfettamente con il nostro presente, così frenetico, dove i legami familiari sono messi frequentemente a dura prova.
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