Carlo Angela e il segreto dei matti
di Alessandro Q. Ferrari
DeAgostini, 2024
€ 15,90 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
Autore eclettico, ma dallo
sguardo sempre limpido e una prosa tersa e diretta, Alessandro Q. Ferrari torna
a rivolgersi ai giovanissimi, con un volume che ricorda per intenti il suo
precedente Ciao Maestro. Anche in
quel caso, infatti, e a differenza dei romanzi con cui abbiamo imparato a
conoscerlo e amarlo (a partire da Le
ragazze non hanno paura per arrivare fino al più recente Quando raggiungeremo il sole), lo
scrittore attinge dalla Storia per
narrare storie. In quest’opera, lo scenario è quello della Seconda guerra
mondiale, il protagonista Carlo Angela, padre del più famoso Piero, e nonno di Alberto.
Personaggio che ha operato al cuore degli eventi del suo tempo, Carlo è stata
figura illustre, di medico
innanzitutto, ma anche di giornalista e politico antifascista.
Alessandro Q. Ferrari ne segue le tracce, per raccontare però di lui una verità più celata, e al tempo stesso ancor
più sorprendente.
Carlo
Angela e il segreto dei matti
si distingue fin da subito per il suo fraseggio
colloquiale, interlocutorio, che spesso si rivolge direttamente al giovane
lettore per suggerire riflessioni e inferenze, soprattutto tra il passato e il
presente, e che lo rende estremamente adatto a una lettura condivisa ad alta voce (eventualmente anche in classe).
L’utilizzo di uno stile informale non impedisce peraltro la ricostruzione precisa del quadro storico
del primo Novecento, che rivela il lavoro di documentazione dell’autore e
quell’intento di ottima divulgazione per cui è solitamente nota anche la
famiglia Angela. Dal congresso di Berlino per la spartizione dell’Africa ai
fasti della Belle Époque, dalla campagna di Libia alla Prima guerra mondiale,
dall’ascesa del fascismo all’ingresso nel secondo conflitto mondiale accanto
alla Germania, ogni fenomeno è indagato non solo in quanto funzionale allo
sviluppo della trama, ma per la sua portata storica, nelle sue cause e nelle
sue conseguenze. Per Carlo, il suo tempo
è palestra e libro di testo: le violenze con cui si deve confrontare, in
Congo e in Libia, o negli ospedali da campo allestiti ai piedi del Monte
Grappa, sono il luogo di un
consolidamento morale senza pari.
Nell’imperversare della
Seconda guerra mondiale, quando i bombardamenti su Torino si fanno più
battenti, la famiglia Angela si unisce al gruppo degli sfollati e si
trasferisce nella clinica di San
Maurizio Canavese. È qui che inizia tutto. È qui che Carlo, uomo dell’800,
ormai nel pieno della maturità, protegge accuratamente il suo segreto. È qui
che Piero inizia a conoscere davvero suo padre.
Piero si sente protetto e amato da quell’uomo così autorevole, punto di riferimento assoluto dei suoi vicini matti. È proprio vivendo fra loro, ormai adolescente, che Piero scopre qualcosa di nuovo su suo padre. Un segreto. Che lo ridefinisce, per lui ragazzo, per lui uomo, per tutta la sua vita, come un esempio. Un esempio di onestà. Di responsabilità. Di libertà di pensiero. E di coraggio di fronte alla più grave ingiustizia umana. (p. 49)
Convinto antifascista fin dalla prima ora, Carlo aveva spesso messo la faccia (e la firma) nel denunciare le barbarie del nuovo potere emergente. Il suo articolo su Tempi nuovi relativo al delitto Matteotti, intitolato “La macchia sull’onore”, gli attira addosso riflettori pericolosi, che lo costringono ad abbandonare il giornalismo per dedicarsi esclusivamente alla carriera medica. Apparentemente. Perché, anche tra le maglie strettissime del regime, l’uomo riesce a ricavarsi il proprio personale spazio di resistenza.
Il piano è semplice. C’è un modo per evitare il confino, il carcere, la morte: essere matto. Se sei matto ti lasciano stare. Devi essere un matto autentico, però, certificato. Ed ecco che serve Carlo. Non sappiamo se l’idea sia stata sua, ma sappiamo che non si tira indietro. Nonostante i rischi, nonostante i suoi due figli. Non può. Si è costruito così. (p. 70)
Non è semplice affatto, in realtà. Il piano, la scelta. Sono pericolosi, l’uno e l’altra. Soprattutto dopo l’8 settembre, mettersi contro le autorità della Repubblica Sociale Italiana (i fascisti, le Brigate Nere, gli “amici” tedeschi) può costare la vita. Molti tentano, e cadono. Ma a volte – e ben lo dimostra la storia dei Giusti fra le nazioni, come Carlo Angela, come Giorgio Perlasca, come molti altri italiani che hanno ricevuto tale riconoscimento – a qualcuno pare, più che semplice, inevitabile, proprio perché è giusto. Perché è ciò rispetto al quale la coscienza non lascia scampo. Questa biografia romanzata vuole essere infatti anche una storia di sfumature, una storia di persone, una storia che dimostri come non sia corretto, né equo, dividere sempre il mondo tra buoni e cattivi.
Le persone. Che cosa meravigliosamente complessa siamo. C’è il male in chi sembra buono. E il bene in chi sembra malvagio. E quel bene conta sempre di più. Deve contare di più. Altrimenti è la fine. (p. 118)
Carlo Angela agisce da uomo onesto, fermo e integro, qual è. Ma ci sono tanti altri che hanno più dubbi, più condizionamenti, che sbagliano e si ravvedono, o che in un percorso virtuoso possono avere drammatici cedimenti. E questo vale in tempo di guerra e in tempo di pace. Il messaggio dell’opera va quindi oltre la storia di un singolo uomo, e risiede maggiormente in ciò che quest’uomo rappresenta: la necessità di restare vigili, di osservare il reale con sensibilità e attenzione all’altro, la possibilità, sempre data, di optare di volta in volta per quei comportamenti e quelle strade che ci rendono individui più coerenti e degni.
Carolina Pernigo
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