Neri Pozza, ottobre 2024
Difficile immaginarli insieme, Kant l'illuminista pignolo e Casanova lo scintillante avventuriero, ma Daniele Archibugi ci è riuscito in questo romanzo, che vede i due protagonisti - per motivi assai differenti - del XVIII secolo, passeggiare nottetempo per le strade e i ponti di Königsberg.
La notte brava di Kant e Casanova, edito da Neri Pozza, è un divertissement che si basa su una possibilità non verificata, né ormai più verificabile. Giacomo Casanova attraversò - come spiega l'autore nella Nota in conclusione del romanzo - due volte Königsberg: nel settembre 1764, mentre era alla volta di San Pietroburgo e l'anno successivo di ritorno dalla città russa a Varsavia. Non vi è prova che, abbia incontrato Immanuel Kant, sebbene entrambi conoscessero il governatore Hans von Lehwaldt. Però la fantasia romanzesca li fa incontrare in una delle eleganti e dotte cene nel palazzo del governatore, tra discettazioni sulla figura di Swedenborg e sull'enigma di Eulero.
E questo incontro avviene in un momento in cui il filosofo non era propriamente in forma:
La verità era che Kant era afflitto da diversi mesi da una profonda melanconia. C'erano momenti in cui non riusciva a darsene ragione: la sua vita scorreva su un solido tracciato, i suoi scritti iniziavano a essere letti e diffusi in tutta la Germania, era circondato da amici e colleghi affettuosi e premurosi, i suoi stessi allievi lo riempivano di attenzioni e non gli lesinavano soddisfazioni. Eppure, nulla di tutto ciò lo appagava. (p. 12)
Nel corso della prima serata insieme, a cena dal governatore, emergono le differenze caratteriali fra i due, aggravate dal fatto che Kant teme che Casanova possa sedurre Charlotte von Knobloch, una giovane donna per cui lui aveva un tenero trasporto. Proprio in quella serata, il governatore sottopone a Casanova un enigma: se fosse possibile attraversare i sette ponti della città di Königsberg passando su ognuno di essi solo una volta. Era un problema logico su cui aveva lavorato lo stesso Eulero.
Se per descrivere Casanova, la sua grazia vanitosa e i suoi discorsi brillanti, Archibugi pesca nell'immaginario collettivo condiviso delle capacità seduttive del veneziano, è nella descrizione di Kant che sorprende il lettore, mostrandoci un'immagine assai diversa da quella un po' pedante consegnataci dalla tradizione. Il ritratto sorprendente che ne viene fuori è davvero visionario e audace, come l'autore scrive nella Nota.
Dismessi per un poco i panni filosofi, Immanuel Kant si trova a fare, per una notte, la guida a Casanova, girovagando per la fredda Königsberg, in un vagabondaggio che diviene racconto reciproco e confidenze.
E così si avviarono per quel tragitto che Kant aveva percorso centinaia e centinaia di volte, e durante il quale, con il solo aiuto dell'immaginazione, aveva esplorato ogni punto del globo terracqueo. A vederli da dietro erano assai buffi. Entrambi con le mani giunte dietro la schiena, il Magister faceva tutto ciò che poteva per fingere di essere più alto, il Cavaliere per sembrare più basso. E, nonostante quegli sforzi, continuavano ad essere lontanissimi l'uno dall'altro. (p. 54)
Il titolo del romanzo si riferisce alla nottata "fuori dagli schemi" (quelli kantiani, ma non quelli di Casanova, ovviamente) che i due condividono; dopo una serata a teatro, Casanova porta con sé Kant nella locanda dove attrici e attori stanno gozzovigliando. Dopo la prevedibili ritrosia di Kant a lasciarsi trasportare dall'atmosfera caotica dell'osteria, assistiamo a una inattesa avventura erotica del filosofo, che finisce per innamorarsi della giovane Madeleine.
Se Kant piange per amore avrebbe potuto essere il titolo di questo romanzo, perché ci sorprende scovare colui che associamo all'io penso in pose assai emotive:
E lì aveva visto un uomo disfatto e abbandonato. Ma soprattutto solo, solo come in fondo era anche lui. Due uomini soli: uno che combatteva la solitudine girovagando per il mondo, come una perpetua girandola, l'altro rimanendo inchiodato al suo scrittoio. Vedendolo piangere, Casanova non si era fatto alcuna remora e lo aveva abbracciato con vigore. Tale era lo sconforto che Kant aveva risposto a quella stretta, e così erano rimasti per un po'. (p. 124)
Due uomini giunti quasi al tramonto, ma forse segno dell'Età dei Lumi al tramonto, che già tentenna sulle sue certezze e che avverte il peso "temibile" della libertà, che è obbligo morale.
Daniele Archibugi, economista, dirigente del Cnr, professore al Birkbeck College e autore di numerose pubblicazioni scientifiche, esordisce come romanziere con La notte brava di Kant e Casanova, e il piglio del professore di tanto in tanto fa capolino nelle pagine, per la prosa limpida e scorrevole - che non sempre costituisce una virtù narrativa -, per la descrizione attenta e partecipata delle due figure storiche, ma anche per un tono didascalico, ad esempio nelle pagine dedicate al cielo stellato di Kant e al presunto dialogo da cui la celeberrima frase della Critica della ragion pratica sarebbe scaturita.
Su questo momento "sublime" kantiano, sulla sua acuta disperazione e crisi, si poteva immaginare qualcosa di più tragico e radicale, ma lo stile di Archibugi ricalca felicemente la leggiadria del secolo che descrive, per cui il lettore volteggia con il passo di danza di Casanova più che camminare con il passo lento e meditato di Kant.
Ed è un divertente volteggiare.
Deborah Donato
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