Salto mortale
di Arndís Thórarinsdóttir
Iperborea, 2024
pp. 242
€ 16,00 (cartaceo)
€ 17,50 (eBook)
Per Álfur la ginnastica artistica è una questione di famiglia. La zia Harpa è stata infatti una delle più grandi atlete d’Islanda, almeno fino a quando una brutta caduta alle Olimpiadi l’ha spinta a ritirarsi completamente dalle scene. È ormai da molto tempo che la donna non si fa vedere e non parla più con nessuno, e al nipote manca moltissimo: è stata lei, infatti, ad alimentare in lui la passione per la disciplina, a spingerlo a vederne il senso più profondo, esistenziale, e ora i suoi consigli sarebbero particolarmente importanti. Álfur infatti deve affrontare una importante prova per il passaggio di livello, quello che gli consentirà di raggiungere l’amico di sempre, Ragnar, che sembra brillare in tutto quello che fa, ma anche di creare le basi per la partecipazione a un ambitissimo viaggio in Brasile con la squadra. Purtroppo il momento non è dei migliori: durante una riunione di famiglia convocata appositamente, i genitori gli hanno infatti comunicato che il fratellino Eiki è autistico. Álfur non può, né vuole accettare questa rivelazione: Eiki è il suo compagno di giochi, colui a cui dedica ogni istinto protettivo, ed è ancora troppo piccolo perché lo si possa incastrare dentro un’etichetta così pesante e condizionante.
Non riesco a credere che mamma e papà vogliono relegare Eiki in una categoria diversa e separata. Che siano disposti a farlo. Penso alla festa per il compleanno dello zio, il mese scorso, con un sacco di parenti […]. Penso a come sarebbe stato se tutti fossero stati convinti che Eiki era autistico. Avrebbero guardato il mio fratellino vedendo qualcosa di completamente diverso da lui. Avrebbero visto un bambino anormale. Avrebbero visto qualcosa di anomalo e innaturale. Non avrebbero visto Eiki. (pp. 28-29)
Dal momento della notizia, che comporta una serie di stravolgimenti nelle
abitudini dell’intero nucleo famigliare (compresa la scelta della mamma di
eliminare dalla dispensa qualunque traccia di glutine, lattosio o zuccheri
raffinati), deriva la ribellione di
Álfur. Alla tempesta della preadolescenza si somma quella, tutta interiore,
legata al senso di tradimento, alla
percezione che nessuno possa comprenderlo (neanche Ragnar, di cui
improvvisamente il ragazzino sospetta una inedita superficialità), alla volontà di proteggere il fratello da
quella che percepisce come una tragica profezia autoavverante. Da qui anche la
decisione di andare, all’insaputa dei genitori, a trovare la zia Harpa.
Arndís Thórarinsdóttir scrive un romanzo di formazione rivolto ai
giovanissimi in cui non si ricercano addolcimenti: temi importanti, come la malattia, la tossicodipendenza, la salute
mentale, ma anche le difficoltà connesse alla genitorialità vengono accarezzati con delicata fermezza, e mai schivati. È il confronto (lo
scontro, di fatto) con la realtà che innesca il processo di crescita del
protagonista. Come nella ginnastica, solo con un duro allenamento, che prevede
qualche brutto e doloroso inciampo, si può affrontare il “salto mortale”, che è poi la vita, la cosa più pericolosa, ma
anche la più soddisfacente che si possa realizzare. Nello scorrere delle
pagine, mentre attraversa tutte le tappe del suo piccolo lutto privato (dalla negazione all’accettazione), Álfur inizia a
cambiare il suo sguardo: inizia a vedere le persone che lo circondano per
quello che sono davvero, non per come apparivano al suo sguardo di bambino.
Così gli adulti possono essere fragili e feriti (non solo la zia
Harpa, ma anche i propri genitori), Ragnar può nascondere delle insicurezze, da
esorcizzare attraverso video buffi che diventano un elogio di ogni imperfezione, di ogni unicità, e l’inarrivabile
Svalgeir esporre in piena vista un segreto insospettabile, in grado di cambiare
tutto.
Dopo la frustrazione derivante dal non
sentirsi ascoltato, dopo la lotta
ingaggiata unilateralmente contro il mondo, Álfur realizza che è forse lui
a non aver compreso abbastanza gli altri. Ed è forse questo è il trampolino
necessario per ricominciare, per fare il salto deciso verso il futuro.
Carolina
Pernigo