Mi tornò in mente tuto: ricordai chi ero e mi sentii imprigionata dalla consapevolezza di non essere libera e vuota come mi ero sentita al risveglio, sul pavimento. Fissai i due quaderni con dentro tutta la mia vita. Li afferrai e mi sedetti di fronte a una delle finestre con l'unico scopo, credo, di contemplare il contrasto tra ciò che si vedeva attraverso il vetro e le mie presenti circostanze. Dopotutto, sapevo davvero poco di ciò che mi aspettava. La vita mi incombeva davanti con lo stesso ampio ventaglio di possibilità che aveva il giorno in cui ero nata. (p. 11)
Figlia di un compositore di poco talento e ancor meno mezzi economici, la protagonista ripercorre la sua gioventù. Lo spartiacque nella sua vita è stato dato da una vacanza natalizia passata da una famiglia di lontani cugini, i Lancing. Resta affascinata dalle figure che si alternano in quella casa: l'indipendente Elspeth, la bellissima Deborah e il bel manipolatore Rupert. Sono figure che concorreranno alla sua formazione sentimentale e l'aiuteranno nella comprensione di quanto i confini della vita di una donna siano segnati dalle mura domestiche e dal matrimonio. La Prima Guerra Mondiale provvederà a creare una breccia in questo mondo, aprendo possibilità inimmaginabili fino a pochi anni prima; non è però detto che queste nuove condizioni siano la strada per l'indefinita felicità che la protagonista ha a lungo cercato.
Di Elizabeth Jane Howard ci siamo occupate a lungo, seguendo la sua produzione e ammirando l'interessante ritratto psicologico dei personaggi e la profonda permeazione della biografia dell'autrice nelle storie da lei raccontate. Una vacanza incantevole, pubblicato nel 1950, è il suo romanzo di esordio. Scritto a seguito del divorzio dal primo marito, l'ufficiale navale sir Peter Scott, sposato in tempo di guerra, è una prima riflessione su come il matrimonio, dipinto come punto di arrivo e nucleo attorno a cui la vita di una donna dovrebbe girare, sia una gabbia che spegne sogni e possibilità.
«Credevo che una volta sposata avrei avuto più libertà, non meno. Non sapevo che il matrimonio significasse piani e programmi e bambini e starmene da sola tutto il giorno».Aubrey replicò con dolcezza: «Ma non vuol dire necessariamente questo».«Sì, invece. Vuol dire che so cosa starò facendo tra cinque, dieci, vent'anni». (p. 362)
All'uscita del romanzo, Cecil Day-Lewis commentò che il romanzo non aveva una direzione ben chiara. Mai commento fu più accurato perché, nonostante si intuisca già una magistrale costruzione dei personaggi e dei loro sentimenti, la struttura sembra un patchwork di storie diverse, quasi puntate della vita dell'anonima narratrice con cambi di registro e di tematiche.
La prima parte, dedicata ai primi anni dell'infanzia e della giovinezza, mostra un'educazione ai modi e ai principi della buona borghesia nonostante le difficoltà economiche. Ogni insegnamento, che la sorella della narratrice apprende così bene, è finalizzato al lavoro di cura: gestire la casa, cucire e ricamare, saper suonare per rendersi una piacevole compagnia e padrona di casa sono gli elementi necessari per potersi garantire la possibilità di trovare un buon partito. Non è un salto così pindarico vedere Fanny Price come matrice del personaggio della sorella.
L'incantevole vacanza che dà il titolo al romanzo, apre gli orizzonti, mostrando nuove possibilità di concepire la propria vita anche senza matrimonio. Se la narratrice già accarezza l'idea – considerata insensata dalla famiglia – di diventare scrittrice, il confronto con la coetanea Elspeth le mostra che non è qualcosa di così assurdo. Le dinamiche della visita ricordano quelle di Meg di Piccole donne nella sua vacanza di primavera dalla famiglia Moffat, inclusa la scena dell'abito prestato anche se qui ha risultati e intenti diversi.
I nuovi orizzonti che le vengono aperti la spingono a voler cercare un'occupazione lavorativa lontana dalla famiglia e la narratrice finisce a lavorare come dama di compagnia presso la bisbetica e anziana Mrs Border che più che la zia March sembra la componente crudele di un racconto gotico. Questa parte del romanzo ricorda le atmosfere più cupe di Jane Eyre con tanto di risate nella notte che rimandano alla signora Rochester e al concetto di mad woman in the attic.
C'è, infine, la parte sentimentale e di educazione sentimentale quando la narratrice si trova tra due poli di attrazione maschile: quello di Ian Graham, gentile e sensibile, e quello di Rupert Lancing, il tenebroso e affascinante che non esita a prenderla in giro per le sue infantili idee sull'amore e le relazioni.
I tentativi della protagonista di trovare una via di fuga riusciranno – il romanzo è un lungo flashback in cui già dall'inizio sappiamo dove si trova – ma più che fornire un motivo di felicità è un punto di partenza, in attesa di qualcosa di meglio che deve ancora arrivare.
Mio padre rise. «Mia cara ragazza, non se ne parla nemmeno. Saremo anche poveri, ma non voglio pensarti a sgobbare tutto il giorno solo per darci un po' di respiro».«Non sarebbe sgobbare. Credo che mi piacerebbe molto. Oh, per favore, di' di sì. Sono stanca di non fare niente, stanca di riempirmi la vita con eventi minuscoli e di non rendermi utile. Mi piacerebbe guadagnare e sentire di poter fare un lavoro vero come tutti gli altri». (p. 118)
Una vacanza incantevole ha le ingenuità di chi si affaccia al lavoro di scrittura e di persona ricerca artistica, ma contiene anche tutto il desiderio dell'autrice di emergere nel mondo in un modo diverso da quello da sempre prospettato alle donne. Visti i risultati e le opere che Jane Howard ha composto, è essenziale leggere da dove questo desiderio abbia preso avvio.