Gli animali e gli insetti popolano la terra quanto noi esseri umani. E popolano anche la nostra cultura. Basti pensare a quanti di loro sono addirittura protagonisti di opere letterarie e cinematografiche, per non parlare dei videogiochi per tutte le età. Se ci pensiamo bene però gli animali più gettonati sono soprattutto i mammiferi come il cane, il gatto, il cavallo, il lupo, anche quelli di grossa taglia come la balena, e lasciamo uno spazio davvero marginale ai piccoli, minuscoli insetti. Dal mondo fatato delle farfalle a quello meno gradevole delle pulci, gli insetti, gli entoma incarnano il mondo dell’invisibile e nei loro confronti siamo abituati a rapportarci in modo ambivalente.
Le dimensioni minuscole, che portano gli insetti alla quasi invisibilità, possono però dare vita a una profonda duplicità interpretativa in ambito letterario e artistico: se da un lato, la presenza minimale degli insetti induce inquietudine - come nel caso dello scarafaggio-rimorso nella sveviana Coscienza di Zeno, ma anche nei diversi modi del fantastico landolfiano - d’altro lato, conduce alla fascinazione, di fronte alla diligenza e mirabile capacità costruttiva dell’ape, alla leggerezza effimera della farfalla, alla saggezza petulante del grillo. (p. 7)
Epifanie entomologiche raccoglie contributi molto interessanti, inediti, di specialisti che si sono occupati della presenza degli insetti nei diversi aspetti della cultura italiana, dalla Divina Commedia alla produzione cinematografica, dal teatro ai videogiochi. Si tratta di una raccolta di brevi saggi curata da Daniela Bombara, che ha conseguito il dottorato presso l’Università di Messina e studiosa di Letteratura italiana dell’Ottocento e del Novecento, e da Ellen Patat, docente presso l’Università di Istanbul, dove si occupa di letteratura di viaggio. Entrambe le studiose hanno scritto, insieme a Dušica Todorović, l’Introduzione al volume in cui spiegano l’intento del libro e la sua struttura. Alla fine dei contributi il lettore troverà degli utilissimi riassunti in lingua italiana e inglese (per il contributo in francese il riassunto è in francese e in inglese), che potranno servire per una veloce consultazione riguardo agli argomenti indicati nei titoli.
Epifanie entomologiche viene incontro al lettore curioso, ma anche al docente che vuole approfondire i diversi autori oppure che desidera costruire un possibile e valido percorso tematico alternativo in cui il testo letterario incontra le altre arti e tematiche “calde” di educazione civica legate all’impatto ambientale e alla biodiversità. Per me che insegno Letteratura italiana si è rivelato molto più utile e accattivante di tanti noiosi corsi di formazione che trovo a volte così lontani dalla spendibilità della pratica didattica.
Prendiamo, ad esempio, padre Dante: Epifanie entomologiche contiene ben due contributi sul nostro, uno di Leonardo Canova, specificamente sulla Commedia e un altro di Rinaldo Nicola Aldini, entomologo, che tiene in considerazione anche altre opere dantesche. I due interventi sono estremamente interessanti per approfondire il ruolo e la simbologia che gli insetti hanno rappresentato nella produzione e nell’immaginario di Dante. Il professor Canova precisa che la parola vermes, dall’antichità al Medioevo, ha racchiuso diverse specie di insetti sia di terra che di acqua «tutti accomunati dall’assenza di colonna vertebrale e dalla diffusissima credenza, ripresa in seguito anche da Uguccione, che nascessero senza accoppiamento dalla decomposizione di sostanze organiche» (p. 31). Gli insetti in generale, nel Medioevo e nella Divina commedia, non godono di buona fama e vengono spesso associati a qualità negative e a peccati gravi. Basti pensare alla fastidiose vespe e agli sporchi mosconi che tormentano gli ignavi nell’Antiferno, alle mosche e ai tafani che mordono i cani ai quali sono assimilati gli usurai. C’è però qualche eccezione nella categoria degli insetti,
Tra tutti i vermes, tuttavia, ve ne sono alcuni che occupano i gradini più alti della scala simbolica. Sono gli insetti sociali, e in particolare quegli imenotteri, come le api e le formiche, che formano colonie strutturate con mansioni individuali diversificate e che vivono in società complesse, secondo un fenomeno che la moderna etologia definisce eusocialità. Il profondo legame che univa api e formiche all’idea di un’utopista società perfettamente organizzata, verso la quale l’umanità dovrebbe idealmente tendere, non sfuggì certo a Dante, che cosparge le tre cantiche dalla sua Commedia di ripetuti accenni a questi animali, delineando un evidente percorso che si concluderà soltanto nell’alto dell’Empireo. (p. 33)
Facendo una disamina delle fonti classiche e medievali sulle api e sulle formiche (per quanto riguarda queste ultima Canova le ricollega ai mitici Mirmidoni), lo studioso rivela la valenza che hanno avuto questi imenotteri eusociali nell’immaginario dantesco di società umana utopica. Le api, in particolare, sono considerate insetti creati per l’uomo, poiché producono miele e cera e le ritroviamo nel Paradiso dantesco, quali immagini di angeli che nella candida rosa producono il nettare divino. Il professor Nicoli Aldini estende il campo di studio anche a Il Fiore, il Convivio, il Detto D’Amore, la Vita Nova danteschi e alla presenza, all’interno delle loro pagine, degli imenotteri già visti nel contributo di Canova, ma anche di ragni e scorpioni. Molto interessante è anche il commento che lo studioso riserva al termine entomata. Aristotele, spiega l’entomologo,
nei suoi scritti zoologici aveva designato gli insetti - intesi in senso ben più ampio dell’attuale - come τα έντομα […] : “i segmentati tra gli animali; gli animali intagliati, segmentati”: il participio passato neutro ἔντομα […] usato come aggettivo sostantivato, in seguito varrà di per sé a indicarli, così come dal successivo equivalente latino animalia insecta deriveranno, sostantivati, gli insecta, da cui i nostri ‘insetti’. Termine, quest’ultimo, che nel volgare dell’ Alighieri e di altri autori coevi o anteriori non compare: l’uso è attestato in italiano solo a partire dal XV secolo. (p. 57)
A quanto apprendiamo dallo studio di Roberta Maugeri, a Giovanni Boccaccio non piacevano molto gli insetti, visto che nel Decameron appaiono in tre novelle su cento e comunque, come fa notare la studiosa, sono sempre legati a elementi angoscianti: «si può asserire che il mondo entomologico nel Decameron è connotato negativamente. Negli ambienti idilliaci della cornice sono ammesse solo le cicale, in quanto insetti non nocivi e legati al clima estivo, che col loro canto e, viceversa, col loro tacere segnalano il sorgere e il tramontare del sole, scandendo il racconto delle novelle». (p. 67)
Ho trovato molto intriganti e interessanti gli scritti di Salvatore Pugliese sulla presenza dei pidocchi nelle guerre mondiali che appaiono nelle opere di Gadda, Lussu e Rigoni Stern e quello di Daniela Bombara sui suoni degli insetti nella letteratura italiana tra ‘800 e ‘900. In quest’ultimo articolo, l’autrice sottolinea il fatto che nella poetica pascoliana il ronzio assordante del bombo, i versi delle cavallette, il rumore delle libellule si ricollegano in qualche modo alla morte, pur senza simboleggiarla. O ancora che nei romanzi di Maria Messina, La casa nel vicolo e Le pause della vita, rispettivamente il ragno e il bombo rappresentano la violenza carnale e il prepotere del maschio.
Tra i variegati contributi, che per ovvie necessità non menziono in questa recensione, ma che - sottolineo - sono tutti affascinanti e godibili da leggere - voglio ricordare l’articolo di Roberto Russi, che ha scritto un intervento sulla riscrittura melodrammatica della famosissima opera kafkiana La metamorfosi, in lingua italiana, sottolineando anche quegli aspetti, quelle difficoltà che si tende a considerare marginali all’interno del complesso processo di transcodificazione dal linguaggio artistico della prosa a quello della musica.
Epifanie entomologiche è una raccolta doppiamente valida, perché consente di arricchirsi non solo sulla presenza e il valore simbolico degli insetti nella nostra ricca cultura toccando finanche il cinema e i videogiochi italiani, ma anche, attraverso i contributi di studiosi dalle competenze appartenenti a diversi ambiti, di avere una nuova lente di ingrandimento per capire e interpretare la realtà oltre la nostra visione antropocentrica. E, come diceva Belpoliti,
“Avanti, insetti, futura umanità” . (p. 6)
Marianna Inserra