Per questo #PercorsiCritici abbiamo pensato di toccare un tema sicuramente delicato ma che ha spesso costituito la spunto per storie profonde e complesse: il disagio mentale e più in generale i disturbi del comportamento. Come già accennato, spesso gli scrittori hanno attinto a questo tema e perciò, passando in rassegna i nostri pezzi, abbiamo trovato talmente tanti titoli che abbiamo deciso di dividere il tutto in due parti: questa volta indagheremo come lo sguardo italiano abbia visto l'argomento, nella seconda parte ci allargheremo alla letteratura mondiale.
L'occasione per iniziare il nostro discorso è offerta dall'ultimo libro di Giulia Caminito, Il male che non c'è, edito da Bompiani (2024). Il protagonista, Loris, è un trentenne in bilico tra un lavoro precario e una relazione altrettanto instabile, tuttavia ciò che turba maggiormente il corso della sua vita è una fortissima ipocondria, che gli toglie qualsiasi serenità. Così, tra prenotazioni di visite specialistiche e visioni di presenze inquietanti, Caminito racconta con delicatezza le difficoltà di una mente sovraccarica di paure.
Un altro autore italiano dei giorni nostri che ha toccato più volte questo tema è Daniele Mencarelli, di cui ricordiamo Tutto chiede salvezza (Mondadori, 2020), che alcuni di voi avranno forse scoperto grazie alla serie Netflix, di cui è uscita di recente la seconda stagione. Il libro racconta di Daniele, un ragazzo che dopo una crisi di rabbia molto violenta è stato ricoverato per un TSO: qui parlerà con gli psichiatri ed entrerà nel profondo della sua mente, conoscendo nel contempo anche i propri compagni di stanza, le loro fragilità, le loro storie, la loro straordinaria umanità e cosa si nasconde dietro la loro quotidianità solo apparentemente ripetitiva.
Tra le nuove voci del panorama editoriale italiano attuale, vale la pena ricordare anche Viola Ardone e Beatrice Salvioni. La prima ha pubblicato nel 2023 per Einaudi Grande Maraviglia, in cui Elba, una bambina cresciuta nel manicomio in cui è rinchiusa la madre, un giorno viene presa in carico da uno psichiatra del centro, tale Fausto Meraviglia. Il dottore non solo si prenderà cura di lei, ma porterà anche avanti un disegno rivoluzionario per l'epoca, ovvero la chiusura dell'istituto, come d'altronde previsto dalla legge Basaglia di quegli anni.
Beatrice Salvioni, invece, in La malacarne (Einaudi, 2024) torna a qualche decennio prima e mette in scena le disavventure di due amiche all'indomani dell'entrata in guerra dell'Italia. Siamo a Monza, è il 1940, e Francesca da quattro anni non ha più notizie di Maddalena, chiusa in un manicomio a causa di eventi che si verificano alla fine della Malnata, primo romanzo (da cui vi consigliamo di partire). Improvvisamente, però, un giorno l'amica ritorna al paese: apparentemente sembra disinvolta, eppure Francesca, che la conosce bene, vede che qualcosa è cambiato. Cosa è davvero successo a Maddalena tra quelle quattro mura? Cosa, di tanto grave da portarla a chiudersi e a non raccontare nemmeno a Francesca l'accaduto?
Anche Alessandro Moscè, come Ardone, ha deciso di raccontare i manicomi da un punto di vista infantile: in Le case dai tetti rossi (Fandango Libri, 2022), il protagonista torna ad Ancona in occasione della vendita della casa dei nonni e questa diventa l'occasione per rivedere, come recita il titolo, quelle case dai tetti rossi che non erano altro che gli edifici dell'allora ospedale psichiatrico della città, in cui finivano anche tutti coloro la cui mente non aveva retto alle brutture del secondo conflitto mondiale. Il protagonista ricorda quando gironzolava attorno al complesso, curiosando oltre le grate, e soprattutto ricorda il dottor Lazzari che, lavorava sull'esempio di Basaglia.
Un vero e proprio saggio sulla condizione dei manicomi, è invece, Luride, agitate, criminali. Un secolo di internamento femminile (1850-1950), di Candida Carrino (Carocci, 2018): attraverso lo studio delle cartelle cliniche e delle lettere conservate oggi come documenti di straordinaria testimonianza, l'autrice ricostruisce la realtà dei manicomi tra il 1850 e il 1950, in un saggio che ripercorre con efficacia la condizione di reiette dalla società.
Anche Mario Tobino ha scelto di esporre da vicino la condizione di un manicomio femminile, quello di Magliano, a pochi chilometri da Lucca, e lo ha fatto attraverso un romanzo, Le libere donne di Magliano, uscito per la prima volta nel 1953 il libro raccontava una realtà poco conosciuta ma a cui Tobino ha voluto dare spazio. E non sorprende, per la sensibilità dei toni ma anche l'incredibile realismo, che questo sia uno dei titoli più preziosi della letteratura manicomiale italiana.
Se invece vogliamo parlare dei manicomi dal punto di vista delle figure sanitarie e dei dottori che ci hanno lavorato, si può anche ricordare il libro Shock, di Carlo Patriarca (Neri Pozza, 2022). L'autore, un anatomopatologo, ricostruisce la vicenda dello psichiatra che inventò l'elettroshock, ovvero Ugo Cerletti. Il libro approfondisce la genesi e le ripercussioni che quest'invenzione ebbe sulla vita dello stesso Cerletti e per raccontarne la storia Patriarca sceglie di assumere il punto di vista di un ipotetico assistente di del medico.
Altrettanto forte benché sorprendentemente lirico nella sua scabra capacità di registrare il reale è L'arte di legare le persone, di Paolo Milone (Einaudi, 2022): l'autore, infatti, è un medico che ha lavorato per quarant'anni in Psichiatria d'urgenza, e ci racconta tutte le difficoltà di questo reparto oltre che della difficile capacità di convivere con drammi tanto forti. Un punto di vista profondo, lucido e solo in parte disincantato che si rivela in frammenti in cui versi e spazi bianchi hanno un ruolo fondamentale per isolare le diverse storie e lasciarci pensare, oltre che sentire.
Anche nel libro In trasparenza l'anima, di Beatrice Sciarrillo (66thand2nd, 2024) si riporta l'operato e lo sguardo di una psichiatra che lavora in una clinica per i disturbi alimentari. Qui la dottoressa incontra Anita, una ragazza di vent'anni che da lungo tempo, fin dai dodici anni, ha imparato a mentire sul cibo. Un libro delicato e toccante, in cui vengono messe a nudo le difficoltà della protagonista.
Andiamo a chiudere con un altro classico, da affiancare all'opera succitata di Tobino: questo libro che ottenne prestigiosi riconoscimenti (Premio Viareggio e Premio Campiello) è Il male oscuro, di Giuseppe Berto (1964), un libro doloroso in cui l'autore ripercorre le proprie difficoltà in tema di salute mentale. Ma è anche un libro che meriterebbe molto spazio a sé, e per questo vi invitiamo a leggere il "Pillole d'autore" che vi permette di entrare immediatamente in contatto con citazioni tratte dal testo.
Insomma, tanti titoli da cui iniziare, in attesa della seconda puntata che arriverà passate le feste.
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